Rodotà Presidente e Zagrebelsky Premier, per salvare il Paese

Creato il 04 aprile 2013 da Candidonews @Candidonews

I 10 saggi proposti da Napolitano rappresentano l’ennesimo ‘fare ammuina’ del Capo dello Stato. Prendere tempo, per far terminare il suo mandato senza dimissioni o incarichi improponibili.

Ora la palla è ripassata al PD. Se prima, dalla nascita del Governo dipendeva il nome per il Quirinale adesso si cambia. Dal nome proposto per la Presidenza della Repubblica potrebbero nascere accordi per formare il prossimo esecutivo.

Si fanno vari nomi. I democratici dialoganti con il PDL propongono Marini, Amato e D’Alema. Tre persone, a mio avviso, indigeribili. Rappresentanti della peggiore specie di ‘inciucisti’ o comunque simboli di un periodo politico da archiviare nel più breve tempo possibile.

I fedelissimi di Bersani vorrebbero Romano Prodi, candidato temuto da Berlusconi. L’ex Premier avrebbe tutte le carte in regola per essere eletto sia a livello di curriculum sia per quanto riguarda l’onestà intellettuale e la limpidezza politica tenuta negli anni. Eppure più di 100 parlamentari del PD mal vedono la sua candidatura e poco importa la simpatia di qualche grillino verso una ipotesi del Professore al Quirinale.

A questo punto serve un vero atto di coraggio. Bersani deve fare un passo indietro, anzi due. Il primo per la Presidenza della Repubblica. il secondo per Palazzo Chigi. Prima che il PDL si insinui nelle crepe democratiche proponendo un nome spiazzante, è il caso che venga candidata una figura esterna ai partiti e che sia portatrice di cambiamento. Stefano Rodotà, un nome su tutti.

Al tempo stesso, con lo stesso criterio, andrebbe proposto Gustavo Zagrebelsky alla Presidenza del Consiglio.

Ex garante per la privacy il primo, ex Presidente della Corte Costituzionale il secondo. Due personaggi al di fuori dei partiti, seppur con chiare idee politiche. Due possibilità per provare a cambiare. Ai singoli partiti, grillini e montiani in testa, la responsabilità di coglierla. Il dialogo con il PDL lasciamolo a Renzi, grazie.


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