Nel sottobosco del grande calcio – non si tratta di procuratori – la loro presenza, sulla quale Calciolab ha già informato in passato, è fortemente avversata dalle istituzioni mondiali ma è difficile da sradicare, proibiti in alcune nazioni, proliferano in altre. Muovendosi tra le società delle quali spesso sono consulenti, con nel portafoglio quote di decine di calciatori quanto meno sfiorano spesso il conflitto di interessi nelle loro operazioni.
Ma ritorniamo al caso di James Rodriguez, 45 milioni pagati dal Monaco che hanno fruttato alla Gol Football Luxembourg di Pini Zahavi, uomo d’affari israeliano, del 431% sul capitale investito in 27 mesi, roba da far drizzare i capelli agli uomini dell’alta finanza.
Tutto ha inizio nel luglio del 2010 quando il Porto acquista Rodriguez dal Banfield per 5.1 milioni di euro; a dire il vero i biancazzurri acquistano solo il 70% del cartellino del giocatore perchè il 30% resta in mano alla Convergence Capital Partners, fondo di investimento olandese (ma questa è un’altra storia). Quattro mesi dopo il Porto cede il 35% del Nuevo Pibe alla Gol Football Luxembourg per 2.550 milioni di euro. A maggio del 2011 la squadra portoghese rileva il 30% dalla Convergence Capital Partners (2.250.000 euro) e tutto rimane fermo fino al mese di febbraio di quest’anno. Non è dato sapere chi abbia bussato alla porta di chi ma, probabilmente in vista di un futuro trasferimento, 30% del 35% in mano al fondo lussemburghese ritorna di proprietà del Porto dietro pagamento di 8.750.000 euro (prima plusvalenza). E’ storia degli scorsi giorni l’acquisto dell’intero cartellino di James Rodriguez da parte del Monaco: 42.750.000 euro al Porto per il 95%, 2.250.000 alla Gol Football Luxembourg per il 5%.
Facciamo due conti: il Porto ha speso 16.1 milioni incassandone 42.750 per una plusvalenza di poco più di 26.5 milioni ma la Gol Football Luxembourg a fronte di un investmento di 2.250.000 euro ha incassato ben 11 milioni. O si pone un freno a questi traffici o ci troveremo prima o poi qualche Sicav che, come già avviene per vini d’annata e orologi antichi, che offrirà agli investitori qualche prodotto che ha come sottostante la proprietà dei cartellini dei giocatori e, signori, questo non è calcio.