“Roghi” – Franco Zizola

Creato il 17 giugno 2013 da Temperamente

Filippo e Lissa, «coppia di sessantenni maturi» e alquanto acciaccati (specie l’uomo, alle prese con vari esami cardiologici), atterrano all’aeroporto di Capodichino. Giunti a Napoli da Venezia, i due intraprendono una sorta di “pellegrinaggio laico” alle pendici del Vesuvio. Spintosi fino ad Ercolano, e poi a Nola, Filippo sente infatti il richiamo del fantasma inquieto di Giordano Bruno, proveniente dalla statua di questi, sita nell’omonima piazza nolana.

«Qualche nero prete, o rosso cardinal, condanna al rogo, di tanto in tanto, i libri, gli uomini e le donne». Se fra i libri ci sono il Decameron di Boccaccio, in quanto opera sulla Commedia Umana (e non Divina) e il Candelaio di Giordano Bruno (foriero di scandalo e sberleffo), fra gli uomini si ricordano, oltre quest’ultimo, altre «teste matte» perseguitate, quando non torturate e bruciate, come Bernardino Ochino, Michele Serveto, Giulio Cesare Vanini e Lelio Sozzini, il riformatore del socinianesimo. Quanto alle «femene streghe», Filippo e Lissa avranno modo di volgere più di qualche pensiero e parola in ricordo delle «anime dannate e bastarde» di Manfreda da Pirovano e Giacomina dei Bassani, nemiche di Bonifacio VIII.

La penna di Franco Zizola, studioso di lingua italiana e di storia del Cinquecento, è ironica, cruda e grottesca al contempo. Se nel precedente romanzo Le favole di Isabella, omaggio alla figura di Isabella Morra, l’autore univa poesia e narrativa, con Roghi il connubio avviene tra la narrativa e la saggistica. Quest’opera così affascinante e particolare vede infatti numerose incursioni filosofiche di Spinoza, Erasmo da Rotterdam, Voltaire; ed è curioso vedere una bibliografia (e che bibliografia!) al termine di un romanzo.

L’attenzione è tuttavia focalizzata intorno alle figure di Giordano Bruno e di Domenico Scandella, detto Menocchio. Personaggio forse meno noto, il Menocchio era tuttavia animato dallo stesso amor di verità di Bruno: questo «mugnaio contadino, homo senza littere, che aveva osato mettersi a ragionar con la sua testa sui Vangeli» ebbe analoga sorte del frate nolano, giacché «negava l’esistenza del Purgatorio e giudicava inutili le preghiere e le offerte per i morti, che ingrassavano i preti ben vivi».

In conclusione, Roghi è un romanzo importante, un testo su «uomini che portano la fiaccola, uomini Prometei che hanno il compito di rendere umane le bestie recalcitranti e crudeli»; ovvero, «bastian contrari, che hanno la scrittura come unica difesa».

Andrea Corona

Franco Zizola, Roghi, Lunargento, Cahiers de Voyage, Venezia 2013, 248 pp., 12 euro


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