Rokugatsu no hebi (六月の蛇, A Snake of June)

Creato il 29 febbraio 2012 da Makoto @makotoster

  Speciale Tsukamoto Shinya
La X edizione dell’Asian Film Festival di Reggio Emilia (16-24 marzo 2012) dedica la retrospettiva a Tsukamoto Shin'ya, che sarà presente al Festival e riceverà un premio alla carriera. In occasione di tale importante evento, Sonatine pubblica le schede critiche di tutti i film di Tsukamoto, che andranno a configurare uno Speciale Tsukamoto sempre consultabile online.
Rokugatsu no hebi (六月の蛇, A Snake of June). Regia, soggetto, sceneggiatura, scenografia, fotografia e montaggio: TsukamotoShin’ya. Musica: Ishikawa Chū.Interpreti e personaggi:Kurosawa Asuka (Tatsumi Rinko), Kōtari Yūji (Shigehiko), Tsukamoto Shin’ya (Iguchi),Fuwa Mansaku (negoziante di alimentari), Taguchi Tomorowo (redattore), TerajimaSusumu (poliziotto), Hanahara Teruko (madre di Shigehiko). Produzione: Tsukamoto Shin’ya, Kawahara Shinichi per KaijyuTheater. Durata: 77’. Anno di produzione: 2002. 
Giugno, stagione delle piogge. Rinko lavora in un centrodi ascolto telefonico come consulente psichiatrica, è sposata con un uomo piùanziano di lei, con il quale sembra avere un rapporto affettuoso, ma del tuttoprivo di passione. Un giorno riceve una busta che contiene alcune foto di leiimpegnata in atti di autoerotismo. Gliele ha inviate Iguchi, un fotografomalato terminale di tumore che aveva convinto a non suicidarsi e che oraintende ricambiare il favore aiutando a sua volta la donna a liberarsi dalleproprie inibizioni. Con la minaccia di mostrare le foto al marito, la costringea compiere azioni fino ad allora per lei impensabili, come mostrarsi inpubblico con abiti molto succinti o masturbarsi con un vibratore comandato adistanza da lui. Così facendo la donna riacquista a poco a poco coscienza delproprio corpo e della propria femminilità, allo stesso tempo Iguchi,osservandola, riesce anche a capire che è affetta da un tumore al seno, di cuilei non era a conoscenza.Il marito, che intanto ha scoperto le foto ed ha seguitola moglie durante le sue “uscite”, è a sua volta coinvolto dal misteriosofotografo, che lo affronta accusandolo di scarsa sensibilità nei confrontidella moglie (la quale non si decide a farsi asportare il tumore, per poter mantenereun aspetto perfetto). L’intervento dellosconosciuto finirà per essere liberatorio per entrambi i coniugi, che non soloaddiverranno ad una maggiore autoconsapevolezza di sé, ma che, come conferma lascena finale, riusciranno a dare nuova energia al loro rapporto.Comedice lo stesso Tuskamoto: «Il serpente è quello che tutte le donne hanno incorpo». A Snake of June è, in primoluogo, un ritratto di donna in bianco e blu, tributo alla bellezza e alle tantefacce dell’universo femminile, incarnato da una irresistibile Kurosawa Asuka(diversi anni prima che interpretasse la malefica Aiko in Cold Fish di Sono Sion).Ilfilm, che vinse il premio speciale della Giuria al Festival del Cinema diVenezia del 2002, non sfugge alle tematiche classiche di Tsukamoto, che dasempre è concentrato sul corpo e sulle sue mutazioni. In Tetsuo la carne si faceva acciaio, qui, invece, il corpo è laceratodall’interno, da una malattia che è una contaminazione altrettanto invasiva esconvolgente. È un corpo destinato a essere mutilato, come testimonial’inquadratura che non contiene per intero l’immagine della donna e taglia dinetto a metà il suo volto, nella scena in cui Rinko esce “guidata” dall’uomomisterioso al telefono, entra in un bagno pubblico e si siede.Icorpi di marito e moglie sono in balia di una metropoli fredda e nera, che licomprime in angoli di metallo e cemento, e ne rappresenta visivamente la gelidadistanza. La convivenza è “metallica”, le loro solitudini non si incontrano neimeandri ipermoderni della casa: lei aiuta gli altri con il suo sostegnotelefonico, ma non sa aiutare se stessa; lui non la tocca, preferisce pulireossessivamente vasche e lavandini, meglio il contatto con l’inerte materia checon la carne viva della moglie, che non riconosce più.«Perchénon fai quello che davvero vuoi?». C’è vita sotto la lastra di metallo e vetro.Ci sono emozioni umane forti, anche sgradevoli, dietro gli sguardi omologati enascosti da occhiali pesanti. Ci vuole un occhio esterno che sappia cogliere efar riemergere ciò che è stato sepolto. Tsukamoto– che interpreta un Mentore moribondo che accompagna i due protagonisti nelloro viaggio – conduce anche lo spettatore in un road movie delle sensazioniprima represse e poi risorte, un percorso di riconquista della carne sulcemento (dell’emozione sulla repressione), una marcia sofferta, ma infinevittoriosa, verso la riconquista dell’impulso di vita. Un gioco al massacro, uncaos dal quale non si può che uscire trasformati.A Snake of June è  un film sullo sguardo e quindi sul cinema,sul voyeurismo insito nell’atto di riprendere e sulle sue finalità: Iguchi è unfotografo che ruba immagini di intimità e che col ricatto, proprio tramitequelle immagini, induce la protagonista a mettersi in gioco, a riflettere e adintraprendere un percorso di riscoperta di sé. È unviaggio doloroso e violento, ma efficace.Proprio a proposito di sguardo è degna di nota la sequenza – l’unica dal trattodecisamente onirico – nella quale Shigehiko si ritrova prigioniero in unastanza con altri uomini che indossano maschere a cono sul viso,  che costringono il loro sguardo e liobbligano ad osservare due giovani che fanno sesso. Anche l’atto del guardare ècome se dovesse subire una sorta di “mutazione/mutilazione” che lo concentrasull’ossessione per la sessualità, spiraglio attraverso il quale potersispingere fin dentro se stessi. Nelsuo essere un film sullo sguardo, A Snakeof June è anche un film  suldesiderio e sulla sensualità. Proprio all’inizio, subito dopo aver  ricevuto la telefonata di Iguchi e averlo minacciatodi chiamare la polizia per denunciare il ricatto, Rinko indietreggia in uncorridoio della casa e si appoggia alla parete in vetro che lo delimita. L’immaginesdoppiata del suo viso – quello reale e quello riflesso – che ne risulta sembravoler intendere sin da subito che la donna, apparentemente controllata eperfetta, nasconde un altro lato dentro di sé. La riscoperta della sensualitàdi Rinko è un crescendo nel film. Tsukamoto la segue con riprese affannate econvulse mentre cammina con la gonna cortissima nei corridoi, oggetto deglisguardi dei presenti. Ne immortala il viso in primi piani angosciati e sguardisofferenti, che via via si sciolgono, fino a concedersi in una rinnovatasicurezza data dalla consapevolezza del proprio essere. Fino ad un finale liberatorioche sancisce il superamento del voyeurismo unilaterale per sfociare nellacondivisione e, quindi, nell’orgasmo. Dopo una struggente sequenza a tre sottola pioggia battente, nella quale Rinko, ormai pienamente cosciente dellapropria carnalità, lascia che gli sguardi del fotografo e del marito percorranoil suo corpo, una serie di inquadrature “contengono” i due coniugi, che sistanno riavvicinando, come la scena finale confermerà.  Unaltro aspetto interessante del film è la costante presenza dell’acqua. Piovesempre in A Snake of June, sullacittà nera, sui corpi dei personaggi, su simboliche piante di ortensie. L’acquacola dietro pareti di vetro che incorniciano le figure umane, scroscia acascata nei tombini. Nell’iconografia giapponese l’acqua rappresenta il canaleverso l’ultraterreno. Non siamo in terra di fantasmi o esseri alieni, ma ècerto che il cinema di Tsukamoto molto concede al fantastico, all’onirico. Edanche in questo caso, il quadro d’insieme di esseri martoriati che si muovonoin paesaggi metropolitani postmoderni, che si trasformano passando attraversole sofferenze e la violenza di qualsiasi classica mutazione da supereroe (anchese in questo caso il mezzo è la sessualità), non può non far pensare anche acreature sovrumane, trasformate e consapevoli. L’incedere sicuro e ammiccantedi Rinko, i suoi sguardi decisi, nella sua nuova veste di donna liberata,ricordano il finale di Tetsuo - The Bullet Man, quando l’uomo-macchina consapevole di sé e dei propri poteri, camminasicuro in mezzo agli altri.   Inconclusione, sono d’accordo con chi (Pier Maria Bocchi su Film TV n.50/2003) ritiene che ASnake of June sia, in fondo, un film ottimistico, che esprime l’altruismodel regista. Il corpo è corrotto, siamo consapevoli del suo decadimento, cosìcome dell’energia che scaturisce, in questo nostro cosmo malato, da uninsopprimibile impulso di vita. [ClaudiaBertolè]

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