Roland Petit: Improvisation d’un adieu

Creato il 11 luglio 2011 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo

Non si è mai pronti ad un addio. Non lo eravamo quando se ne è andata anzitempo Pina Bausch, nel 2009, quando si è spento, poco dopo, Merce Cunningham, non lo siamo ora, con l’ultimo viaggio di Roland Petit. Forse anche perché, coreografi oggi, sentiamo il vuoto incolmabile crearsi alle nostre spalle, nel terreno che ha sostenuto i nostri passi e le nostre scelte così come le nostre più accese contestazioni e i nostri irremovibili “tradimenti dei maestri”, senza, pero, vedere davvero nuova linfa, davanti, più in là.

È morto ieri Roland Petit (Villemomble 13 gennaio 1924 – Ginevra 10 luglio 2011). Coreografo e danzatore ai vertici della creatività coreografica dell’ultimo secolo ha portato in tutto il mondo sicuramente un virtuosismo coreografico, ma originale, e capace di un sottile senso dell’ironia tale da scardinare i rigidi canoni del balletto accademico, da assorbire e rivisitare l’”armamentario tecnico ed estetico” in chiave assolutamente moderna.

Non lo si può annoverare tra i veri rivoluzionari della danza del Novecento ma è sicuramente da considerare una delle personalità più interessanti, estroverse ed estrose e ricche di talento dell’ultimo mezzo secolo. Il suo solidissimo bagaglio tecnico, anche accademico, che non ha mai veramente tradito, insisteva, però, in un uomo e in una personalità assolutamente curiosa. Del mondo e della vita in ogni suo aspetto. La sua passione e predilezione era, come noto, il terreno fertile e infinito della letteratura ma la sua curiosità e ricerca di temi e argomenti coinvolgeva anche ogni altro settore, arte, attività. La genialità di Roland Petit non è forse nella creazione di un vero nuovo modo di scrivere la danza, ma è sicuramente nella sua intelligenza ed “effervescenza” (per lui si è anche parlato di “style au champagne”) e capacità di comprendere il clima storico e culturale in cui si muoveva, inserendo in quel contesto anche la danza, senza ma e senza se. Il balletto, per Roland Petit, doveva vivere una continua contaminazione con le altre arti – la letteratura, la pittura, il cinema (Petit comporrà anche balletti per il cinema durante la sua esplorazione del “mondo Hollywood”) – che, era certo, avrebbero arricchito ed avvicinato anche il balletto al gusto contemporaneo.

Questa la più grande innovazione di Roland Petit: aver creato un diverso approccio del balletto alla realtà, un diverso approccio, prima di tutto, del coreografo. Che non sta “isolato” tra le sbarre, gli specchi e l’odore di gesso ma si sporca di strada e di notte, parla, frequenta, ascolta, assorbe, si confronta, indaga. Erano note le sue assidue frequentazioni: Jean Cocteau, lo scrittore Boris Kochno, il pittore Christian Bérard, il musicista Henri Sauget, il poeta Jacques Prevert, Picasso.

Prima ancora dell’ applicare la tecnica classica su musica e tematiche contemporanee era questa la matrice innovativa della sua scrittura coreografica: una sensibilità umana e artistica capace di previsioni con gli occhi della mente; una sconfinata, fluviale, eterogenea e inesauribile curiosità conoscitiva e, per ciò stesso, creativa. Matrice di nuove movenze, decisamente più carnali e meno fiabesche (Petit tratta spesso temi e aspetti erotici), coup de théatre; matrice dell’inizio di un nuovo genere di danza.

Merci beaucoup Roland Petit, bon voyage et bonne danse.

INIZIATIVE DAL MONDO PER SALUTARE ROLAND PETIT

Il primo omaggio ‘italiano’ a Roland Petit si svolgerà il 16 luglio a Cremona, all’Arena giardino, nell’ambito del festival di mezza estate. Sarà l’ etoile internazionale Eleonora Abbagnato, scoperta proprio da Roland Petit, che dedicherà lo splendido passo a due da ‘Rendez-vous’ all’interno della serata ‘Eleonora Abbagnato danza per Stradivari’.

A settembre Roland Petit sarà festeggiato a New York con una mostra fotografica, realizzata dall’associazione Asmed di Cagliari. La retrospettiva mette in luce i rapporti profondi del grande coreografo di origine italiana (la madre era la proprietaria dell’azienda che produceva la scarpe Repetto) con i nostri teatri e le nostre etoiles, da Carla Fracci a Luciana Savignano da Alessandra Ferri a Viviana Durante ed Eleonora Abbagnato.

PRIME REAZIONI COREOGRAFI

Per la scomparsa di Roland Petit si respira “un’atmosfera di grande tristezza“, dice Micha Van Hoecke, direttore del corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma. Quella di Roland Petit “è la prima grande compagnia di ballo dove sono entrato quando avevo 15 anni“, ricorda il danzatore e coreografo. Per questo l’effetto della notizia della sua scomparsa, commenta, “mi ha toccato particolarmente“.  “Il mio auspicio – aggiunge – è che la sua arte resti, come credo che sarà, un punto di riferimento nel mondo della danza visto il suo grande talento. Perché il mondo oggi ha perso un grande talento“.

Fonte delle Iniziative e delle frasi di Va Hoecke: ADN Kronos

BIOGRAFIA

A otto anni è già allievo nella scuola di ballo dell’Opéra di Parigi, a quindici viene ammesso nel Corpo di ballo della stessa e a sedici ne è già solista. Nel 1943, con L’amour sorcier di Lifar, il suo primo ruolo importante. Il suo apprendistato come coreografo è accanto a J. Charrat. Nel 1944, al momento della Liberazione della capitale francese, abbandona l’Opéra e dà vita alle Soirées de danse, germe dei futuri Ballets des Champs-Elysées che dirigerà dal 1945 al ’47. Per gli stessi firmera numerosi lavori tra i quali Les forains. Il vero capolavoro però nasce con Le Jeune homme et la Mort (1947) libretto scritto da Jean Cocteau destinato a diventare uno dei caposaldi della letteratura coreografica del dopoguerra. In seguito darà vita a Les Ballets de Paris e nel 1949, a Londra, presenta la fortunatissima violenta e controcorrente, Carmen.

Dei primi anni ’50 è la parentesi hollywoodiana che lo porta a creare le coreografie di alcuni film di successo (La scarpetta di vetro, Papà Gambalunga, Il favoloso Andersen). Ritornato in Francia, nel 1954 crea Le Loup su soggetto di Anouilh. In quello stesso anno sposa Zizi Jeanmaire già compagna di tante avventure artistiche e per la quale curerà, oltre a La Croqueuse des diamants , numerosi applauditissimi shows.

Nel pieno della maturità si accosta ai soggetti più diversi. G. Simenon gli fornisce il soggetto di La Chambre (1955), il famoso dramma di E. Rostand gli offre materia per Cyrano de Bergerac (1959). Del 1965 è Notre Dame de Paris, ricavato dall’omonimo romanzo di V. Hugo.

Nel frattempo grandi teatri europei lo invitano a produrre per loro. La Scala di Milano (Le quattro stagioni , 1963; Poème de l’extase , 1968); il Covent Garden di Londra dove, per la coppia Fonteyn-Nureyev, crea Paradise Lost (1967). Nel 1970 viene nominato direttore dell’Opéra di Parigi.

Nel 1972 da’ vita al Ballet de Marseille (poi Ballet National dei Marseille-Roland Petit). È di questo perioso un’originale versione di Coppélia (1975). Porta avanti comunque versioni sceniche di note opere letterarie come, solo per citarne alcune, Nanà da Zola, Les intermittences du coeur da Proust, Les hauts du Hurlevent dalla Brönte, Le fantòme de l’Opéra da Leroux.

Gli anni ’80 producono altri fortunati lavori: Le mariage du Ciel et de l’Infer (Milano, 1984), Le chat botté (Parigi, 1985), L’Ange bleu (Berlino, 1985), Ma Pavlova (Parigi, 1985), Le diable amoreux (1989). Negli anni ’90 altri titoli di successo, tra cui La bella addormentata (1990), Pink Floyd Ballet (1991), Charlot dans avec nous (1991), Il Gattopardo (Palermo, 1995), Chéri (Milano, 1996) e Le Lac des cygnes et ses maléfices (Marsiglia, 1998).


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