Però intanto aumentano, ahimé, le chances che Roma possa possa "vincere" (si fa per dire...) l'assegnazione delle Olimpiadi 2024: anche Toronto si ritira dalla corsa (di Gabriele Romagnoli - l'Espresso)
Lo "Stadio del Nuoto" di Calatrava a Roma (un bagno di sangue)
La sindrome dell'abbandono - E poi, dopo le notti magiche (una quindicina appena), si ritrovano come spogliarelliste all'alba, con il trucco sfatto, nel teatro vuoto, le cicche per terra, i secchielli con il ghiaccio sciolto, riflettori spenti e attrezzature di cui, appena finito lo spettacolo, non capisci più il senso. Contano i soldi messi insieme e si accorgono che tutta quell'eccitazione, l'impegno, la fatica hanno reso meno del previsto. Rimangono lì, nel camerino silenzioso a chiedersi dove siano andati tutti, e che fare adesso.
Le città olimpiche l'indomani, ma anche molti anni dopo, soffrono una serie di sindromi. La prima è quella dell'abbandono. A Sydney dopo il 2000 lo stadio rimase una cattedrale senza funzione, e l'asta per gli appartamenti del villaggio olimpico andò deserta. La seconda è quella del declassamento: da centro dell'attenzione mondiale a periferia dello sguardo, da fucina di lavoro a illusione.
Atlanta per i Giochi del '96 creò 33.000 posti di lavoro, e ne seppe mantenere un decimo. Atene per il 2004 costruì 22 nuovi impianti e ne lasciò poi inutilizzati 21. La terza è quella delle cifre. I governi dicono sempre che è andata bene, almeno nell'immediato: parlano di ottime prestazioni, a volte di record. I media e gli istituti di ricerca sostengono che barano con i numeri: ascrivono a effetto Olimpiade contratti che si sarebbero conclusi comunque, stornano voci di spesa come quelle per la sicurezza. Di Londra 2012 ancora non si è capito se ha fatto guadagnare due milioni di euro (fonte pubblica) o ne ha persi altrettanti (ricalcolo privato). E chiederlo al governo cinese per Pechino 2008 genera come risposta un sorriso invalicabile. Resta l'impalpabile effetto indotto: nuove attrezzature, parchi, ritrovata energia, diffusione dell'ottimismo, accumulazione di ricordi.
Uno studio dell'università inglese East London divide la storia olimpica in 4 fasi e sostiene che nell'ultima (i cinque Giochi da Barcellona '92), cioè da quando l'opportunità di business ha prevalso sull'evento sportivo, si sono diffusi corruzione, sprechi, speculazione. Ma tant'è: ogni città vive la propria occasione come una scommessa e spera di azzeccare la formula magica per portarsi via il montepremi inesatto ormai da decenni o di bissare un'esperienza che la fece crescere, come accadde a Roma 1960, e imboccare una svolta miracolosa. Potrebbe perfino succedere, forse. Anche se chi scrive pensa che tutto questo calderone di illusioni, cantieri, clientele, speranze e ricambiabili favori potrebbe essere spento scegliendo una volta per tutte come sede permanente quella che già lo fu: la Grecia. Aumenterebbe il pil ellenico e tranquillizzerebbe il resto del mondo.
Gabriele Romagnoli