A dirlo oggi è Paolo Arrigoni della Lega Nord membro della Commissione Schengen che ha incontrato sempre oggi il ministro della difesa Roberta Pinotti. “Ho espresso questa preoccupazione al governo per tramite del ministro Pinotti che ha scaricato le responsabilità su Alfano. Il governo intervenga subito e non pensi che sarà l'Europa a mettere una pezza visto come è finita con l'inutile politica comunitaria delle quote. All'Italia l'invasione costa già 3,3 miliardi all'anno è ora di dire basta".
In pratica, una proposta che serva a ridurre i tempi nelle azioni legali avviate dai migranti che chiedono il riconoscimento di status di rifugiato e l’asilo politico. La situazione è ormai più che critica perché secondo l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, i migranti arrivati sulle nostre coste sono stati 100mila nel 2014, vale a dire il doppio di quello giunti nel 2013. E sta quotidianamente peggiorando tanto che nei primi sette mesi del 2015 il numero è già superiore a 90mila unità. Inoltre i dati della Commissione nazionale per il diritto d'asilo mostrano che nel 2014 le domande dai migranti sono aumentate vertiginosamente: da 26.620 nel 2013 si sale a 64.886 nel 2014. Di queste le Commissioni territoriali sono riuscite ad esaminarne solo 36.330.
Occorre, oltre a quanto già fatto dalla legge 146/2014, sveltire ulteriormente le pratiche senza creare maglie troppo larghe nella valutazione delle richieste. Serve dunque assumere iniziative “per prevedere che i ricorsi giurisdizionali avverso il diniego delle commissioni territoriali siano trattati dai tribunali competenti con priorità” come si legge in molte mozioni; e si rende necessario quindi “assumere con urgenza iniziative volte a verificare e garantire la specifica preparazione professionale dei componenti delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, nonché l'adozione di un codice di condotta per i componenti, gli interpreti ed il personale di supporto”.
Inoltre nelle mozioni presentate, si indica che ad aggiungersi alla “disponibilità del CSM di distaccare fino a 20 magistrati per un periodo di 18 mesi rinnovabile, presso gli uffici giudiziari più esposti all’emergenza migratoria” si potrebbe anche valutare “il ricorso alla mobilità del personale degli enti territoriali nel frattempo sciolti da inserire nelle sezioni specializzate per i procedimenti di protezione internazionale”. Tutto questo ci porta però ad alcune considerazioni: anzitutto l’obbligo per queste persone che arrivano nel nostro Paese, di restare ferme qui senza prospettiva alcuna di lavoro, in quanto irregolari per la legge italiana, e tanto meno con la possibilità di integrazione sociale e lavorativa diventando quindi facile manovalanza per la malavita e la delinquenza in genere.
E da questa posizione di stallo che può durare anche un paio d’anni, deriva un costo pesantissimo per le casse dello Stato. Fermiamoci a fare il classico conto della serva: € 35 (consideriamo l’importo al netto di Iva) per 365 giorni dà 12.775 euro a singolo migrante per un anno, moltiplicato per 100.000 migranti conteggiati presenti in Italia, porta alla cifra di 1.277.500.000, che ivati (lo Stato si spera non evada!) diventano 1.558.550.000, poco più di 1 miliardo 500 milioni di euro.
I conti però non sono finiti qui perché se a questi importi, aggiungiamo almeno una voce di spesa fondamentale che riguarda il diritto all’assistenza sanitaria gratuita, il cui importo quindi incide sulle casse dello Stato già aggredite però da un costo sanitario stellare destinato alle esigenze degli italiani, ed un’altra voce di spesa relativa alle operazioni di salvataggio svolte dai nostri mezzi navali attivi da subito sul fronte marittimo, è plausibile che l’importo che viene indicato come attuale costo globale dell’operazione accoglienza migranti sia superiore a 3,5 miliardi annui. Un importo che, dalle recenti dichiarazioni della Unione Europea, sarà solo in parte restituito all’Italia, per un valore pari al 30%, quindi poco più di 1 miliardo di euro. Gli altri costi restano a carico nostro in deroga al patto di stabilità. A tutto questo si aggiunge un’altra considerazione che emerge proprio dalle mozioni presentate ieri in Commissione Schengen: il costo dei tempi e delle procedure giudiziarie per consentire i ricorsi da parte dei migranti che si sentono di non essere stati tutelati nel loro diritto di richiesta di asilo.
Per farla breve, i migranti hanno diritto ad avere gratuitamente il patrocinio legale – così come la sanità pubblica – per poter fare ricorso contro lo Stato laddove la loro richiesta di asilo venisse respinta. Questo aggiunge un ulteriore aggravio di spesa e non solo per gli aspetti più strettamente burocratici ma anche per dislocare nuovi magistrati in supporto a quelli esistenti e permettere tempi più stretti ma anche per formare, come si legge dalle mozioni presentate, i nuovi responsabili delle commissioni territoriali, a partire dagli interpreti.
Impossibile intanto però non fare paragoni e non pensare a situazioni che con questi soldi potrebbero vedere una risoluzione: si dice che manchino soldi per l’edilizia scolastica, fatiscente in molta parte del Paese, si tolgono e non si reintegrano fondi per la cura di persone anziane e malate, si pensa a chiudere servizi sul territorio come gli ospedali che, pur essendo un servizio e quindi per definizione non destinati a produrre utili, sono considerate comunque strutture troppo onerose per i conti dell’assistenza pubblica, non si stanziano soldi per riparare i danni provocati alla popolazione dal dissesto idrogeologico, non si provvede a sostenere i giovani che vogliono entrare nel mercato. Tutto viene sempre definito troppo costoso. Quindi inattuabile.
E allora facciamo un altro confronto fra queste spese pesantissime per il Paese e quelle irrisorie in una situazione a dir poco vergognosa per il governo italiano, una prova di quanto questo governo e le sue strutture rappresentanti si disinteressino di una situazione che perdura da un anno e mezzo: i 25 bambini adottati in Congo, ancora fermi lì con le famiglie adottive italiane che resistono a spese proprie in quel Paese senza poter tornare in Italia con i loro bimbi, per altro già italiani a tutti gli effetti. Il problema? Dall’Italia, spiegano, non sono stati inviati i documenti di adozione in Congo e il Paese africano non può, a causa di questo, lasciarli partire.
Ebbene l’unico Paese a restare fuori è stata l’Italia. Il motivo per chi non lo ricordasse, l'aver lasciato scadere i termini per la presentazione della richiesta di accreditamento. E non sarebbe costato nulla allo Stato italiano perché le persone stesse si sarebbero fatte carico delle operazioni e dei costi delle adozioni. In compenso però, i Comuni sono costretti a distogliere fondi per i servizi alla propria cittadinanza e a versare soldi allo Stato per l'accoglienza a minori, rifugiati e non, in quanto non accompagnati da adulti o genitori. Due pesi e due misure, chi lucra e chi aiuta, e intanto paga sempre Pantalone...
(mpa)