In qualsiasi città d'occidente, a Madrid, Parigi, Berlino o Londra, Roma Uno Tv sarebbe una emittente ricca, piena zeppa di inserzionisti e sponsor, con professionisti ben pagati, avvocati agguerriti per eventuali ritorsioni e sede spaziale. A Roma fare qualità giornalistica, invece, non basta. La proprietà, innanzitutto, non è mai una proprietà autenticamente editoriale. Mai. Non succede per i quotidiani (quelli romani solitamente sono di proprietà di imprenditori del cemento, che utilizzano i giornalisti per fare pressione dove occorre) e non succede neppure per le tv. Roma Uno, infatti, era di proprietà di Manlio Cerroni, l'imprenditore proprietario di Malagrotta.
Ma perché un tizio che si occupa di discariche e smaltimento dei rifiuti acquista una televisione? E soprattutto, perché una televisione non può sostenersi se non come strumento "mecenatistico" nelle mani di chi fa tutt'altro nella vita? La risposta è semplice e attiene al mercato pubblicitario di questa città. La cosa amara è che più e più volte, negli anni, su Roma Uno questa anomalia era stata denunciata: siamo poveri perché tutta la pubblicità in città viene drenata dal settore cartellonistico.
Ed è proprio così. Ecco la spiegazione. Semplice e atroce. E' la stessa spiegazione che illustra il motivo per cui a Roma non ci sono riviste cittadine (da Pariscope a New York Magazine passando per Time Out). Nulla può sopravvivere alla concorrenza sleale di una cartellonistica che in altre città o è iper regolamentata (Parigi, Madrid) o semplicemente non esiste di fatto (Londra, New York). Ed è per questo motivo - ecco perché non si capisce perché non si mobilitino e non ne parlino ogni santo giorno - che a Roma chi lavora nell'editoria e nei giornali fa la vita da pezzente, è per questo che tu, amico giornalista precario che lavori al Tempo, al Messaggero, al Corriere o a Repubblica non hai uno stipendio decente. Roma è una città piena di eventi (teatrali, cinematografici, artistici) eppure non è riuscita neppure a sostenere l'esistenza di una rivista che raccontasse questo aspetto (Roma C'è ha chiuso da anni). E su web le cose non vanno meglio.
Quindi se i professionisti (molti davvero in gamba) di Roma Uno Tv sono senza stipendio da mesi, se difficilmente il rilancio della tv anche con nuovi proprietari sarà un percorso facile, se Roma e il suo enorme bacino d'utenza (oltre che la ricchezza di storie da raccontare, basti pensare solo a quelle giudiziarie...) non riescono a dotarsi di strumenti di informazione e se le chiavi di lettura più interessanti sulla città siete costretti a leggerle su questo blog il motivo è esattamente questo. L'anomalia deriva da centinaia di migliaia di cartelloni buttati abusivamente in mezzo alle strade che deturpano il paesaggio, sì, ma che soprattutto sconquassano l'ecosistema economico della città.
Oggi alle 16 alla Casa della Città Marta Leonori, assessore alle attività produttive, spiegherà alla vigilia della fine del suo mandato interruptus, a che punto siamo sulla riforma di questo settore che così tanto inquina la città, sabota l'economia sana, lascia spazi alla criminalità. Se siete ancora tra quelli che vanno a ricercare i veri motivi per cui Ignazio Marino è stato fatto saltare guardate anche ai cartelloni: il processo di riqualificazione e riforma del settore stava andando avanti e si sarebbe completato entro qualche mese, dopo quarant'anni di schifo. Meglio trovare delle scuse patetiche e bloccare tutto: si parla di un business para criminale da centinaia di milioni di euro all'anno, con un impatto non secondario sulle campagne elettorali...