Romanzo in cerca d'autore 2

Creato il 15 settembre 2010 da Weirde


Secondo post dedicato ai miei romanzi, e prometto che per un pò sarà l'ultimo. Ma nel cassetto ho un altro romanzo in cerca di editore a cui vorrei far vedere la luce del sole. Magari in una bella libreria.
Si tratta di LA FIAMMA DEL DESTINO, un romanzo fantasy.

Trama: Anna, una ragazza come tante, viene catapultata in un'altra dimensione, dove la magia esiste ed è cosa di tutti i giorni. E' il destino che l'ha portata lì, e gli abitanti di quel luogo aspettavano il suo arrivo da secoli. Lei dovrebbe salvare il loro mondo. Questa enorme responsabilità, che dovrebbe schiacciare Anna, la aiuta invece a dare uno scopo a questa svolta nella sua vita. Ha perso tutto ciò che le era caro, ma almeno tutto ciò che ha sofferto aveva un fine, o almeno così crede. Scoprirà invece che lei ha sì un ruolo nel futuro di quel pianeta, ma non un ruolo attivo.....non sarà lei a salvare quella gente, lei sarà solo un mezzo per fare agire qualcun altro. Non è lei l'eroe, ma solo l'arma. Ciò fa crollare le nuove fondamenta che si era costruita.
La Fiamma del destino non è la storia di un eroina che compie il suo destino con coraggio e volontà, è la storia di una ragazza che deve arrendersi ad un destino amaro, e che solo accettando di lasciarsi andare in balia di eventi più grandi di lei e accettando di rinunciare ad ogni decisione riguardo a se stessa, potrà salvare un intero popolo. A volte non ci si può imporre sul caso o sul destino, non resta che arrendersi, e forse, la resa, ci porterà un'insperata vittoria.Un fantasy atipico per dei lettori atipici e speciali come voi siete.
Questo romanzo mi è molto caro, forse la più autobiografica delle mie opere, e spero un giorno possa essere pubblicata.
 

Booktrailer:
 

 
 
 
 
And the stars will show
Where the waters flow
Where the gardens grow
That's where I'll meet you
And the sun will glow
Melting all the snow
Knowing all I know
That's where I'll meet you
And the stars will show
Every breeze will blow
Knowing all I know
That's where I'll meet you
 

ROXETTE “Stars”

 
 
 
 
 
 

Prologo

 
 
 
Era un giorno come gli altri. Tutto era assolutamente, innegabilmente normale, niente di insolito, niente di strano che potesse metterla in guardia. 
Si era alzata, e si era vestita per una fredda mattina di ottobre, stivali nuovi (col tacco non troppo alto, per permetterle di salire le scale senza catastrofi, ma abbastanza da farla sentire più femminile del solito), pantaloni di velluto attillati e un maglioncino verde. Si era guardata allo specchio per cercare di domare la chioma che aveva arricciato con la permanente, ma ogni suo tentativo era stato inutile. Le piacevano i suoi capelli, erano il suo punto di forza, lunghi (finalmente le arrivavano a metà schiena) e rossi, ma non carota, un bel rosso tiziano che anche i parrucchieri le ammiravano. Senza di loro non sarebbe stata nessuno. Era magra, di statura media, e piatta come una tavola, nonostante avesse già ventidue anni. La cosa però in fondo (ok, molto in fondo) non le dispiaceva, perché trovava i seni grandi troppo ingombranti per i suoi gusti. Fissò lo specchio: aveva la pelle talmente bianca da sembrare cadaverica, labbra sottili, e occhi verdi, ma non un bel verde chiaro, di un verde oliva misto a marrone.
-Anna! Sbrigati o perderai il treno.
L’avvertimento di sua madre la riportò alla realtà, prese il walkman, lo infilò in borsa e imboccò l’uscio di casa, diretta alla stazione ferroviaria. Una volta salita sul treno, calzò le cuffie sui timpani e si mise comoda. Il vagone era semivuoto come al solito e come sempre il treno viaggiava con una lentezza esasperante, ci avrebbe messo una vita ad arrivare in università. Per giunta quel giorno Sara le aveva dato buca. Niente chiacchiere di esami e di ragazzi, il viaggio sarebbe stato una noia mortale. L’unico aspetto positivo era che almeno Sara non l’avrebbe assillata per convincerla ad uscire con Matteo. Non le dava tregua ultimamente. Matteo non era male, per lo meno lo aveva sempre trovato simpatico, ma da quando si era messo in testa di essere innamorato di lei, ogni suo gesto la metteva in imbarazzo, la faceva sentire sotto assedio. Cosa c’era che non andava in lei? Trangugiò la saliva e, con un sospiro, chiuse gli occhi concentrandosi sulla musica.
Che andassero a farsi benedire anche i ragazzi. Quelli che le piacevano, non la vedevano nemmeno, e quelli che si mostravano interessati non erano mai ciò che voleva veramente. E peggio ancora, lei non si faceva mai avanti con chi le interessava davvero. Li ammirava da lontano, senza mai mettersi in gioco, per paura di venire rifiutata. Era una codarda. Questa era la verità. Deglutì di nuovo il groppo che aveva in gola e cercò di perdersi nella melodia della canzone che stava acoltando, ma il cd saltò, e la musica s’interruppe. Perplessa, Anna riaprì gli occhi. Vide il paesaggio fuori dal finestrino ondeggiare. I peli e i capelli le si rizzarono istantaneamente per la paura. Che cosa stava succedendo? Che il treno stesse deragliando? Istintivamente le sue dita si serrarono sui braccioli. La carrozza sussultò e il vagone improvvisamente prese a sbandare,sballottandola come una pallina in un flipper. Un lampo di luce bianca l’accecò. In quell’istante il mondo parve capovolgersi insieme allo stomaco. Il respiro si fece affannoso mentre Anna sollevò le braccia per proteggere la testa. Un incidente ferroviario, senz’altro si trattava di questo. Non voleva morire in uno stupido incidente! Anna fu sbalzata dal sedile e si ritrovò a galleggiare per aria.
Aprì gli occhi, c’era ancora quella luce bianca, fortissima, che le veniva incontro. Le sembrò di venire attirata in essa come in un vortice. Fu come venire immersa in un bagno d’acqua fredda. Una forza le compresse il corpo in ogni direzione. E che cos’era quel suono? Ah sì, era la sua voce. Stava gridando e ogni parte del corpo doleva come se qualcosa o qualcuno lo stesse trascinando simultaneamente per i piedi e per i capelli. Smise di respirare e di pensare, non poteva fare altro se non concentrarsi su quel dolore terribile. Come lo schiacciamento provocato da una morsa che la stringeva e stringeva e stringeva, finché non venne sputata fuori e si ritrovò libera, ma con la sensazione di stare cadendo nel vuoto.
Con la cessazione del dolore tornò finalmente a respirare, ma il fiato appena recuperato le venne di nuovo rubato dall’impatto col terreno. –Accidenti che male!
Era stata sbalzata fuori dal vagone? Le sembrava esserne uscita relativamente illesa, solo lievemente acciaccata, ma non ci teneva proprio a ripetere un’esperienza del genere. Represse un brivido di paura al solo pensiero. Che cosa era successo? Si guardò attorno ma non c’era traccia del treno, o del vagone rovesciato o delle rotaie, tutto intorno a lei c’era solo un prato, uno stupidissimo enorme prato. “Una pianura ” le suggerì il cervello.
Prato o pianura non aveva idea di dove fosse. Certo non poteva trovarsi ad una distanza troppo grande dal treno, o si sarebbe fatta molto più male. Ora, con calma, si sarebbe alzata e, ad intuito, avrebbe arrancato in cerca del vagone o delle rotaie: un piano semplice e logico.
Guardò verso il cielo nella speranza di avvistare magari un po’ di fumo proveniente dal luogo dell’incidente, ma non vide affatto ciò che sperava. L’epiglottide salì e discese più volte nella gola, in sincrono con il cuore che balzava nel petto.
Vide il cielo, certo, ma non il cielo che voleva. Non era azzurro, ma verde, un verde smeraldo molto chiaro, e non era illuminato dal sole, ma da tre “astri” che, come “soli” inondavano il paesaggio di luce verdognola.
-O mio Dio!- richiuse gli occhi e poi li riaprì, ma niente era cambiato, il cielo era proprio verde.
-Questo sarebbe il momento di svenire, perché non riesco a svenire? Almeno eviterei di cadere nel panico. - fece dei respiri profondi e cercò di calmarsi. -Sta calma, calma, certamente c’è una spiegazione logica per tutto questo, ne sono sicura, dunque uno scherzo, un pesce d’aprile, ma non è aprile…..una candid camera, certo!-Gli occhi vagarono sulla distesa vuota e verde. Eppure sembrava tutto così reale. Quale televisione poteva permettersi una simulazione di realtà così credibile? Forse cadendo aveva battuto la testa e quelle erano allucinazioni, oppure stava semplicemente sognando. Magari era in ospedale, l’avevano operata e quei tre dischi erano le luci della camera operatoria… Sì doveva essere così, e tuttoquel verde doveva essere il colore dei drappi chirurgici. Doveva svegliarsi assolutamente.
In quell’istante, tuttavia, le riflessioni di Anna furono bruscamente interrotte. In lontananza risuonò un rumore di zoccoli. Un cavallo? Anna si guardò intorno sempre più spaesata. No, dovevano essere più d’uno a giudicare dalla nuvola di polvere che si levava all’orizzonte.
La nube ingigantì rapidamente avvicinandosi e dopo qualche istante, rivelò la figura di quattro cavalieri.
Uomini e animali la circondarono. La bocca di Anna si dischiuse e non accennò a volersi richiudere. Il cuore batteva così velocemente che prima o poi le sarebbe schizzato fuori dal petto. Doveva calmarsi o c’era il rischio di uscire di senno. 
I quattro cavalieri la fissarono incuriositi, ma con espressione severa, c’era un che di marziale in loro, nella postura e nell’aspetto. Sembravano guerrieri.
Tutti indossavano pantaloni di pelle con stivali fino al ginocchio, anch’essi di pelle, e una specie di cotta di maglia dorata e verde senza maniche, che lasciava loro completamente scoperte le braccia. Sulla schiena portavano allacciate delle lunghe spade esu entrambe le braccia, dalla spalla al polso, bracciali a forma di serpente, di oro rosso. Erano muscolosi, alcuni di loro avevano cicatrici sul viso, e soprattutto tutti e quattro avevano capelli rossi, legati in una lunga treccia che scendeva lungo la schiena.
Quello con l’aria del capo scese da cavallo e si avvicinò. Doveva essere alto circa un metro e ottanta, e aveva i tratti del viso molto marcati: una mascella quadrata, un naso lungo e piuttosto importante e due occhi grigi duri e severi. Troppo squadrato e rigido per essere definito bello, incuteva timore, anche se non sembrava molto più vecchio di Anna.
-Dunque la profezia era vera. - disse con voce pacata, squadrandola da capo a piedi, e soffermandosi perplesso per un attimo sugli abiti della ragazza.
Anna era intimorita, ma udì distintamente la propria voce balbettare qualcosa di confuso che gradatamente divenne un discorso, -Non so cosa vogliate farmi o dirmi e non mi interessa. Tutto questo è solo un sogno da cui intendo svegliarmi immediatamente, perciò andatevene e lasciatemi concentrare.– Anna, fiera del suo discorso, sorrise cordiale, sperando che non le facessero perdere altro tempo.
Il capo dei soldati non sembrò scomporsi (probabilmente non si scompone nemmeno quando va in bagno, tanto è rigido, pensò Anna).
-Vi assicuro che questo non è un sogno, è la realtà, e noi siamo qui per accompagnarvi dai nostri capi. – le disse e fece un passo verso di lei.
Anna indietreggiò subito. Mille campanelli di allarme presero a trillarle tutti insieme nella testa. Quella storia si faceva sempre più terrorizzante. Era in balia di un’allucinazione sconosciuta. Anzi di ben quattro allucinazioni, e armate di tutto punto! Fidarsi è bene ma non fidarsi è molto meglio, quante volte glielo aveva ripetuto sua madre, lei di certo non sarebbe andata da nessuna parte con loro. Questa pazzia doveva finire. E subito.
-Tu credi sia reale perché fai parte del sogno, ma io sono colei che sta sognando e, non appena mi sveglierò, voi e tutto questo strano mondo scomparirete. Ora chiuderò gli occhi e mi darò un bel pizzicotto, quando li riaprirò sarò a casa nel mio letto.
Chiuse gli occhi e si pizzicò con forza l’avambraccio. Quando li riaprì davanti a lei c’erano ancora i quattro cavalieri che la fissavano senza battere ciglio sotto un cielo color smeraldo. Anna sentì la paura farsi strada e lo stomaco annodarsi per la tensione, non si era svegliata perciò forse tutto questo non era un sogno.
Il capo aveva osservato il viso di Anna passare dalla rabbia, alla confusione e infine al terrore puro, e le parlò con calma, come avrebbe parlato ad un cavallo imbizzarrito per calmarlo, mantenendo le distanze per non spaventarla di più.
-Non vi preoccupate. Prendetevi il tempo che vi occorre. Nessuno intende farvi del male. Ora i miei uomini torneranno al castello e rimarrò io solo.- fece un cenno ai suoi compagni che girarono i cavalli e partirono al galoppo.
-Non dovete essere spaventata. Devo solo accompagnarvi dal nostro capoclan, tutto qui. Una profezia fatta circa mille anni fa, ci disse che oggi, nella pianura di Ellendes vicino all’albero di deyan sarebbe apparsa una fiamma, proveniente da un'altra dimensione, che avrebbe cambiato per sempre il nostro mondo. E voi siete apparsa proprio come predetto.
Anna lo fissava a bocca aperta. Era troppo sorpresa per fare qualcosa, ma si ritrovò a parlargli senza accorgersene - Io non sono una fiamma.- disse con voce flebile.
-Le profezie sono sempre enigmatiche e vanno interpretate, noi chiamiamo fiamme, a volte, le donne dai capelli fiammeggianti del nostro clan. Voi avete i capelli rossi e siete apparsa nel luogo predetto, il giorno e l’ora previsti. Non ci sono dubbi.
Anna aveva voglia di ridere e piangere contemporaneamente, era tutto così assurdo, e tornò a ripensare alla prima ipotesi della candid camera. -È uno scherzo vero? Dov’è la telecamera? Per favore mi creda non sono in vena, anzi sono al limite della mia sanità mentale e voglio tornare a casa. - era sull’orlo delle lacrime.
Lui la guardò serio. Dio ma non aveva altre espressioni facciali? Pensò Anna.
-Non è uno scherzo, ve lo assicuro.-ripetè l’uomo–Voi siete semplicemente passata dalla vostra dimensione alla nostra attraverso un portale di energia. Sono rari ma a volte appaiono e possono inghiottire cose o persone. Sono cose che accadono purtroppo. Il portale cambia la struttura fisica degli esseri viventi che lo oltrepassano, adattandola alla nuova dimensione, per questo voi riuscite a respirare anche qui e parliamo la stessa lingua.
-Sono cose che accadono?! Come può liquidare così quello che mi sta succedendo? È uno scherzo, deve essere uno scherzo, è solo un orribile stupido tremendo orrido catastrofico scherzo. - ripeté Anna come un mantra, e si rannicchiò in posizione fetale sull’erba, chiudendo gli occhi.
-Vi sentite male?- le chiese il soldato.
-No, sto solo avendo una crisi isterica molto moderata, grazie per l’interessamento. – rispose sarcastica. Purtroppo una piccola parte di lei cominciava a credergli. All’improvviso si sollevò a sedere e tirò fuori dalla borsa il cellulare. Il display tuttavia era desolatamente inerte. Non c’era campo, nulla…nulla….
Ricacciando indietro le lacrime, Anna guardò fisso negli occhi il soldato -Può darmi qualche prova concreta di quello che dice, dell’esistenza di quel portale, del fatto che questa non è più la mia dimensione?
Lui la fissò per un attimo, riflettendo -Le nostre dimensioni devono essere molto simili se avete bisogno di prove. - disse; poi si tolse uno dei lunghi bracciali tortili dal braccio e lo prese in mano.
- Toccatelo. - disse, porgendolo.
Anna obbedì, ma quando sfiorò il gioiello, il metallo cambiò colore e, da rosso, divenne verde; il soldato allora sussurrò alcune parole e il bracciale si tramutò in un serpente vivo, Anna urlò e balzò in piedi spaventata, il soldato sussurrò di nuovo e il serpente tornò ad essere un bracciale. L’uomo lo indossò, come nulla fosse successo. Anna si accasciò a terra e le lacrime, tanto a lungo trattenute, presero a scenderle sul viso rigandole copiose le guance, sempre più abbondanti. Non riusciva a smettere di piangere.Se quello era un sogno, era un incubo orribilmente reale e dal quale evidentemente non riusciva a svegliarsi. Aveva toccato con mano il bracciale, e tutto si era svolto a distanza troppo ravvicinata per credere a un trucco da prestigiatore. In quella specie di incubo esisteva la magia, il cielo era verde, si viaggiava ancora a cavallo, invece del sole nel cielo risplendevano tre stelle verdi, no non poteva essere la sua dimensione, non poteva. O lei era morta e questo era il paradiso, ma non le sembrava proprio; o ciò che quell’uomo le aveva detto era vero, almeno in parte. Aveva letto tanti romanzi dove succedevano cose del genere, in Star Trek accadeva continuamente che le dimensioni comunicassero, ma questa era la vita reale, la sua vita.
-C’è un modo per tornare indietro da dove sono venuta?- gli chiese.
-Sono solo un soldato e non mi intendo molto di queste cose, ma forse un mago potente potrebbe aiutarvi, non che personalmente mi fidi molto dei maghi potenti. Ciò che so è che è quasi impossibile scoprire dove apparirà un portale e, se apparirà, sapere dove ti condurrà.
-Quindi è impossibile.- sussurrò Anna, e finalmente gli dei ebbero misericordia di lei e svenne.
Il soldato scosse la testa e si rassegnò ad aspettare finché non si fosse risvegliata.

Capitolo 1

 
Anna rinvenne anche troppo presto per i suoi gusti, si guardò intorno disorientata, un uomo con una lunga treccia rossa, un enorme albero, il cielo verde…..o mio dio…allora non l’ho sognato…è tutto vero… e si coricò di nuovo sconsolata, non voleva più riaprire gli occhi.
-Potreste evitare di svenire di nuovo? Si sta facendo tardi e il capo del mio clan inizierà a spazientirsi, se dovrà aspettare ancora per molto.
-Cercherò di non svenire per il bene del suo capo.- replicò lei guardandolo con odio.
-Dopotutto cosa mi è successo? Sono solo finita in una dimensione sconosciuta, non tornerò mai più a casa e non rivedrò più i miei genitori, niente di grave. - gli urlò isterica.
Lui la guardò impassibile, per niente turbato dalla sua scenata. Anna ribolliva di rabbia, voleva ucciderlo in quel momento. Non lo fece, solo perché primo, non era un’assassina, e secondo, non ne valeva la pena, visto che non avrebbe cambiato la sua situazione. Ma gli diede comunque un bello schiaffo sul viso, e questo la fece sentire meglio.
Il soldato non mosse un muscolo, né cambiò espressione, mentre la sua guancia si arrossava: -Ora che si è sfogata, possiamo andare?
-Sì, e dammi pure del tu. Io farò lo stesso con te. Mio Dio, sei l’unica persona di questo mondo che conosco, se mi dai del lei, ma fai sentire ancora più sola e isolata.- sospirò Anna.
Lui si avvicinò al cavallo tenendolo per la briglia, aspettandosi che lei salisse sulla sua groppa.
Anna emise l’ennesimo sospiro di sconforto -Non sono mai salita su un cavallo, non possiamo andare a piedi o con un altro mezzo di trasporto?
-No.- disse lui e si avvicinò a lei per aiutarla a salire - Appoggia il piede sinistro sulle mie mani, poi datti una spinta e scavalca la groppa del cavallo con la gamba destra, aiutandoti anche con le braccia.
-Cosa ho fatto di male nella mia vita?- si chiese Anna ad alta voce, poi cercò di eseguire le sue istruzioni. Cosa più facile a dirsi cha a farsi. Dopo diversi tentativi e molte spinte da parte del soldato, finalmente fu in groppa al cavallo, un cavallo identico a quelli della sua dimensione. La sua vecchia dimensione, la sua nuova dimensione. Pensarci le faceva venire il mal di testa e ora come ora aveva già le vertigini da tanto era alta quella bestia. Il soldato con un balzo salì sulla sella dietro di lei e insieme partirono verso una meta che le era ignota.
Dio quanto è scomodo, pensò mentre sobbalzava dolorosamente sulla sella. Si rendeva conto che seguire in questo modo uno sconosciuto non era molto intelligente da parte sua, ma non poteva certo passare la notte all’aperto, e la parola castello la rassicurava che almeno avrebbe dormito sotto un tetto stanotte. Lui era più forte di lei e avrebbe potuto costringerla comunque.
-Come ti chiami?- chiese al soldato, così almeno avrebbe smesso di pensare a lui come ‘il capo dei soldati’ e forse un nome l’avrebbe reso un po’ più umano e meno automa.
-Saiel, capo delle guardie del clan del fuoco.
-Io mi chiamo Anna, nel caso ti interessasse.- ma evidentemente non gli interessava perché non le rispose. Anche lei non era in vena di parlare, meglio raccogliere le idee e le forze per quando si fosse trovata davanti al capo di questo clan.
 
Dopo uno scomodissimo viaggio di un quarto d’ora, ma che ad Anna sembrò durare una vita, finalmente, sopra una collina piuttosto alta, apparve in vista un castello. Era un edificio costruito con enormi blocchi squadrati di pietra, dotato di cinque torri di sorveglianza. Il suo aspetto era uguale a quello dei castelli che Anna aveva visto in Francia o in Germania, ma le sue dimensioni….assolutamente no; era enorme, molto più grande di una piramide egiziana, e i blocchi che lo formavano erano di una roccia rossa molto brillante.
Anna deglutì preoccupata cominciando a temere che fosse abitato da giganti invece che da uomini.
- C’è qualcosa che dovrei sapere? Qualche particolare che potrebbe apparirmi strano, o pauroso o terribile in quel castello, visto che vengo da un’altra dimensione?- chiese a Saiel ansiosa.
-No, non credo, come hai potuto vedere, anche noi “di questa dimensione” abbiamo due gambe, due braccia, due occhi e una bocca, proprio come te. - le disse.
Lievemente rincuorata, (almeno le aveva risposto) Anna si disse che doveva apparire calma e sicura, se voleva che l’ascoltassero.
Le sentinelle dovevano averli avvistati, poiché l’enorme portone d’ingresso iniziò ad aprirsi prima cha arrivassero sotto le mura.
Dio, da vicino sembrava ancora più grande
Una volta entrati nel cortile interno, Saiel, scese da cavallo e l’aiutò a scendere afferrandola per la vita, sollevandola di peso e posandola a terra. -Grazie per avermi risparmiato una figuraccia.- lo ringraziò Anna. Saiel non le rispose, ma annuì.
Tutto intorno ad Anna nel cortile si era già radunata una piccola folla: bambini, uomini, donne, vecchi e giovani. Dagli abiti semplici, gonne, bluse e pantaloni grezzi, sembravano popolani o contadini, la forza lavoro che mandava avanti il castello. Tutti i vestiti erano di varie tonalità di verde e marrone, e tutte quelle persone avevano i capelli rossi.
Questo rassicurò Anna, forse il suo colore di capelli l’avrebbe aiutata.
Un giovane dai capelli rossi, vestito più elegantemente con una casacca di seta verde e pantaloni di pelle verdi, si fece strada tra la folla. Sul capo portava un morbido cappello ornato di una piuma e si fermò a fissare Anna con uno sguardo incuriosito negli occhi.
-Mia signora, Acaon, figlio di Feron, capo del clan del fuoco, ti sta aspettando.
Anna cercò di apparire calma mentre annuiva nella sua direzione e gli si affiancava. Il cuore le batteva all’impazzata, mentre seguiva il giovane (un paggio forse?) dentro al castello. Percorsero un lungo corridoio illuminato da numerose fiaccole anche se era giorno, poiché le finestre erano troppo strette per fare entrare molta luce. Il corridoio sembrava infinito, ma in breve arrivarono davanti a una grande porta di legno, dipinta di rosso e con strani simboli a lei sconosciuti.
Il ragazzo aprì un battente e gridò - Annuncio l’arrivo della fiamma a noi profetizzata.
Ci siamo, pensò impaurita Anna, devo sembrare coraggiosa, devo fare una buona impressione su questa gente. Loro sono la mia unica speranza per sopravvivere in questo mondo ed eventualmente, forse, tornare a casa. Mormorando a fior di labbra una preghiera drizzò le spalle ed entrò.
Fu stupita dalla bellezza della stanza: le pareti erano tappezzate in ricco velluto rosso, e le poltrone e i tavoli sembravano d’oro rosso, costellati di rubini. Gli arredi erano posti contro i due muri laterali poiché il centro della stanza era sgombro fuorché un lungo tappeto rosso ai cui lati stavano erette due file di soldati, vestiti come Saiel e i suoi compagni, che portavano però lunghe alabarde, che risplendevano alla luce delle torce.
Alla fine del tappeto si trovava un enorme trono, ed intorno ad esso transitavano almeno venti persone. Uomini e donne senza età, belli di una bellezza non umana che affascinava e intossicava come una droga. Avevano lineamenti delicati, con zigomi alti, occhi inclinati all’insù e colli aggraziati. I loro corpi erano alti e dritti, robusti ma senza una traccia di grasso. La loro pelle era chiara e satinata come una pesca. I capelli lunghi e lisci come la seta più preziosa, quelli delle donne erano lasciati sciolti ed intrecciati con fiori e gemme, mentre quelli degli uomini erano legati in lunghe trecce. Quasi tutte le chiome erano rosse.
Anna radunò tutto il proprio coraggio e avanzò verso di loro. Tutti gli occhi erano puntati su di lei e uno sgradevole silenzio, era caduto nella sala.
Ma quello che senza dubbio le incuteva più timore era il personaggio seduto sul trono. Era l’uomo più massiccio che avesse mai visto, con braccia grosse come tronchi, e un torace largo come una tavola da pranzo per dodici. Il volto non era da meno: duro con due piccoli occhi scuri, un enorme naso aquilino, e una folta barba rosso fuoco. Le ricordava lievemente, un vichingo o l’attore che aveva interpretato Agamennone nel film Troy, con Brad Pitt.
Coi gomiti sui braccioli del trono nella posa rilassata di chi sa di essere onnipotente, la stava squadrando con curiosità.
-Benvenuta nel mio umile castello, io sono Acaon, figlio di Feron e capo del clan del fuoco.- le disse con voce roboante.
-Hmm…Grazie. Io mi chiamo Anna, e vengo …credo…da un’altra dimensione.- balbettò lei.
-Lo sappiamo bene, il tuo arrivo è stato profetizzato e il tuo aiuto sarà prezioso per il mio clan. Tu sei una di noi, come puoi vedere, una figlia del fuoco.- disse indicando i suoi stessi capelli.
Come se non fossi già abbastanza sotto pressione. Queste persone mi credono forse un eroe? Anna rimase in silenzio raccogliendo le idee, non intendeva dire niente che avrebbe potuto inimicarle quell’uomo. Evidentemente lui non si aspettava comunque nessuna risposta, perché continuò imperterrito a parlare.
-Sarai nostra ospite, e studierai la nostra magia, per scoprire il tuo potenziale. Sarai colei che ci guiderà in una nuova era, così è scritto. - le disse guardandola fisso negli occhi. Più che un invito, sembrava un ordine. -Ora immagino che tu sia stanca, dopo gli eventi di questa giornata. Saiel, il capo delle mie guardie, ti accompagnerà alle tue stanze e rimarrà fuori da esse per tutelare la tua sicurezza. Voglio che tu qui ti senta a tuo agio, e, visto che lo hai già conosciuto, ho pensato che per il compito di proteggerti non avresti voluto un completo estraneo. Riposati, e domani parleremo di nuovo, più approfonditamente.- e con un casuale gesto della mano la congedò, per poi cominciare a parlare in tono sommesso, con alcuni uomini vicini al trono.
Che accoglienza calorosa, pensò sarcastica Anna, certo avrebbe potuto essere peggiore, avrebbero potuto ucciderla a vista…..ma ciò non toglieva che si fosse aspettata qualcosa di più. Una profezia aveva preannunciato il suo arrivo, ciò non la rendeva una persona importante? Non si meritava qualcosa di meglio? Il capo di quelle persone le aveva dedicato esattamente due minuti, prima di iniziare ad ignorarla. E, pur considerandola utile per la sua gente, la vedeva comunque come qualcuno a cui poter dare ordini! Avrebbe voluto prenderlo a calci, gridare, sfogare su di lui tutta la sua frustrazione e la sua rabbia. Urlargli in faccia che non voleva stare lì, non voleva abitare con loro, vivere nella loro dimensione, voleva solo tornare a casa sua. Ma non poteva farlo. Era una donna sola in un mondo sconosciuto, era completamente indifesa, non poteva permettersi di farsi dei nemici. Le serviva un rifugio e qualcuno che le spiegasse come poter vivere in quel mondo. Perciò, per ora, avrebbe collaborato con questo Clan del fuoco. Sembrava che la considerassero un ospite e non una prigioniera, o almeno così aveva affermato il capo, ma probabilmente la guardia che avrebbero posto fuori dalla sua stanza oltre a proteggerla avrebbe anche controllato che lei non ne uscisse.
Ingoiando la sua indignazione, Anna indietreggiò lungo la sala fino alla porta. Lì trovò ad aspettarla Saiel. In silenzio lo seguì lungo un labirinto di corridoi, la sua mente era vuota, non riusciva credere di essere sveglia, le sembrava di trovarsi fuori dal suo corpo, mentre questo continuava a respirare, camminare, a vivere, pur senza di lei.
All’improvviso Saiel si fermò davanti ad una porta, e per poco lei non gli finì addosso.
Era arrivata alle sue stanze dunque. Senza dire nulla, Anna aprì la porta e la richiuse dietro di sè. Lasciando Saiel fuori, a fare la guardia in corridoio.
 
Per un lungo tempo Anna rimase immobile cercando di respirare, e di raccogliere i suoi pensieri confusi. Ora che finalmente era sola, e probabilmente al sicuro, almeno per il momento, lo stato di shock che aveva tenuto a bada fino ad ora, la sopraffece. Poteva sentire il suo cuore martellare come se volesse uscirle dal petto, e un sudore freddo le ricoprì il corpo, facendola tremare nonostante il fuoco acceso nel caminetto.
Anna, si sedette sul letto e strinse convulsamente il cuscino tra le mani.
Non voleva pensare al suo mondo, a tutto ciò che aveva perso, forse per sempre. Ma non poteva evitare di farlo. Sua madre, suo padre….non li avrebbe più rivisti, mai più. Sua nonna, sua zia, i suoi amici, tutti si sarebbero preoccupati per lei, ben presto col passare dei giorni avrebbero perso speranza di rivederla, avrebbero pensato che era morta e lei non poteva farci niente. Non poteva tornare e non poteva contattarli .
Sua madre le aveva spesso detto, commentando le notizie di bambini rapiti alla televisione, che quella era la tortura peggiore per un genitore: il non sapere.
Piangere un figlio è terribile, ma non sapere se è vivo o morto, dov’è, come sta, se sta soffrendo, è peggio di qualunque cosa, e ora lei avrebbe dovuto soffrire tutto questo.
Non li avrebbe più visti ridere o essere felici, li avrebbe immaginati sempre preoccupati, e non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo. Non avrebbe più rivisto il cielo azzurro, il postino, il profumo del suo bagnoschiuma preferito, la sua stanza, il suo letto il suo cuscino senza il quale non riusciva a dormire.
E mentre elencava tutte le cose che aveva ormai perso, continuava a piangere, una lacrima per ogni perdita, milioni di cose perdute, milioni di lacrime versate
Non è giusto, non è giusto, non voglio tutto questo, non voglio. Voglio mia madre….
Anna si arrese alla disperazione e si lasciò cadere sul letto singhiozzando nel cuscino.
 
 
Acaon intanto aveva abbandonato la sala del trono per andare nel suo studio privato assieme ai suoi due consiglieri più fidati. Ora che la profezia si era avverata e la fiamma era apparsa tra loro, dovevano stare bene attenti che questa non si rivoltasse contro di loro.
-Dobbiamo essere molto cauti con lei e convincerla a stare dalla nostra parte. Non dovrebbe essere molto difficile, dopo tutto noi siamo tutto quello che conosce in questo mondo.- disse con voce sicura Ragul, il braccio destro di Acaon. Un robusto uomo dagli scuri capelli rossi e dai chiari occhi verdi.
-Sono perfettamente d'accordo con te.- gli disse con un cenno affermativo Acaon. -Basterà che ci comportiamo come al solito, dopo tutto non vogliamo che faccia niente per ora, poiché anche a noi non è chiaro quello che lei è in grado di fare. Solo una volta che il suo vero potere si sarà rivelato saremo in grado di decidere come agire. Quindi per adesso saremo cortesi e le spiegheremo quello che ci conviene che lei sappia.
-Non tutti pensano che la profezia si riferisca ad un cambiamento positivo, alcuni l’hanno vista come un oscuro presagio e considerano la fiamma una portatrice di sciagure. Se queste persone agissero contro di lei saremo costretti a combattere prima del previsto per difenderci.- osservò il braccio sinistro di Acaon, Kagur, colui che guardava sempre al lato negativo delle cose. Era il gemello identico di Ragul che per non essere scambiato per lui si lasciava crescere una folta barba.
-Sciocchezze, io e tutti i capi degli altri clan siamo abbastanza vecchi da sapere che nulla è positivo o negativo, nemmeno le profezie. Tutto è come noi lo facciamo essere. Il futuro sarò luminoso od oscuro a seconda di come useremo il potere che ci è stato dato attraverso la ragazza.- gli rispose Acaon. -Spero che nessuno tenterà di agire contro di noi, per ucciderla o per impossessarsi dei suoi poteri. Per troppi anni i quattro clan nobiliari che detengono il potere qui su Gya sono stati in guerra fra loro. È ora che tutto questo finisca. Un oscuro potere, come sapete, sta rischiando di risvegliarsi per colpa di alcuni pazzi di cui noi non conosciamo l'identità e solo il potere dei quattro clan uniti potrà fermarlo. Ora noi abbiamo in mano una forza che forse ci potrà salvare qualora tutto il resto dovesse fallire.
-Non siamo sicuri che qualcuno dei clan stia cercando di risvegliare le sei bestie, sono solo voci, non abbiamo prove.- disse Ragul.
-Bisogna sempre prepararsi al peggio, e se queste voci fossero vere, non sarebbe solo grave, potrebbe essere la nostra fine.- concluse Acaon.
 
 
Evidentemente lo stress e la stanchezza nonché il pianto dovevano averla fatta addormentare, poiché Anna si risvegliò all’improvviso quando qualcuno bussò alla sua porta.
-Non voglio vedere nessuno- disse Anna, alzando la voce in modo da poter essere sentita all’esterno.
Sentì delle voci che parlottavano e poi bussarono ancora.
-È la cena. - disse la voce di Saiel. -La cameriera se n’è andata, e il vassoio è qui, se vuoi venire a prenderlo.
Anna non aveva nessun appetito, ma si alzò comunque e aprì la porta, sembrava che il suo corpo avesse una volontà propria e indipendente.
‘Anche quando stai male devi sempre cercare di mangiare, solo mangiando si riacquista l’appetito’ le aveva ripetuto tante volte sua madre. Pensare a lei le faceva sentire una fitta al petto, ma il suo corpo era deciso a seguire quel consiglio materno. 
Prese il vassoio dalle mani della guardia. Lui non disse niente, e lei nemmeno. Quando rientrò in camera chiudendo dietro di lei la porta, entrambi furono soddisfatti del fatto non aver dovuto parlare.
Anna appoggiò il vassoio sul tavolo al centro della stanza e si sedette su una delle sedie poste intorno ad esso. Le sembrava di essere priva di forze, un corpo senza vita che però continuava caparbiamente ad esistere. Chiuse gli occhi e si impose di non scoppiare di nuovo a piangere.
Non pensare, non ricordare, guarda solo al presente, e affronta una cosa alla volta, si disse Anna. Non pensarci e forse sopravvivrai.
Una piccola parte del suo cervello (quella che non era sta annientata dallo shock degli ultimi eventi) si rendeva conto che questa filosofia non era il modo migliore di affrontare la sua attuale situazione, non risolveva nulla, ma non riusciva a trovare un altro modo per non crollare. Conosceva termini come depressione, collasso, stato confusionale, ma solo ora si rendeva conto di cosa volessero veramente dire.
-Nessuno in questo mondo mi conosce, nessuno qui mi vuole bene, a nessuno importa di me. Non sono nemmeno una persona per questa gente, solo una “speranza”? Come posso vivere in questo modo, vorrei mori……- la sua bocca si rifiutò di completare una frase talmente vigliacca, e la voce di Anna si spense in un singhiozzo. Scivolò dalla sedia e si piegò in due piangendo, con la fronte che toccava il freddo pavimento. Per lunghi minuti, continuò a piangere sempre più disperatamente, quasi non riusciva a respirare tra un singhiozzo e l’altro. Poi pian piano quando aveva ormai pianto tutte le sue lacrime, si accorse che intorno a lei c’era qualcosa che le era profondamente estraneo: un completo silenzio.
A casa sua, la radio non era mai spenta e la musica la seguiva per tutta la sua giornata, ma da quando era qui non aveva più sentito quel rassicurante sottofondo alla sua vita. Si rialzò dal pavimento e iniziò a frugare dentro la borsa. E pensare che anch’essa aveva viaggiato insieme a lei in un passaggio interdimensionale! Doveva essere fatta di un materiale molto resistente. Con sollievo constatò che anche tutte le cose al suo interno erano sopravvissute incolumi al viaggio. Libri, specchietto, rossetto, gomme da masticare, matite, biro e soprattutto il suo prezioso walkman, erano ancora intatti. Quella mattina aveva portato con sé ben tre cd, ed erano tutti ancora integri!
Infilò gli auricolari e si mise in ascolto della sua canzone preferita degli Evanescence:
 
I’m so tired to be here
surprised by all mine childish fears
If you have to leave I wish that you would just leave
cause your presence still lingers here
and it wouldn’t leave me alone
these wounds don’t seem to heal
this pain is just too real
There’s just too much that time cannot erase
 
Ad Anna sembrò che le note le toccassero il cuore, avvolgendolo in una soffice nuvola che gli impediva di sanguinare e soffrire, e istintivamente cominciò a cantare assieme alla cantante che tentava di dire addio al suo amore.
 
When you cried  I wiped away all of your tears
when you screamed I fade away all your fears
I held your hand trough all of these years
and you still have all of me
 
Fuori dalla sua stanza alcune persone che stavano percorrendo i corridoi, si fermarono ad ascoltare la sua voce triste. Saiel, immobile davanti alla porta, fissò quel gruppo di curiosi con sguardo truce, finché non si disperse.
 
Terminata la canzone, Anna si sentì rincuorata. Non tutto era perduto. Avrebbe sempre ricordato la sua vera dimensione e i suoi cari che là la stavano aspettando. Nessuno poteva toglierle i suoi ricordi, li avrebbe conservati dentro di sé e avrebbe trovato il modo per andare avanti in questo nuovo mondo. E un giorno avrebbe trovato anche il modo di tornare a casa. Saiel il giorno prima aveva parlato di maghi. Questo voleva dire che in quella dimensione esisteva la magia e dove c’è magia tutto è possibile….
Asciugandosi le guance osservò il walkman e il cellulare, entrambi funzionavano grazie a pile ed elettricità, due cose che dubitava esistessero in questa dimensione, doveva trovare un modo per evitare che una volta esaurite le batterie divenissero per sempre inutilizzabili.
Doveva salvare ciò che le restava della sua casa, ad ogni costo. Un’idea prese forma nella sua mente, e decise che domani ne avrebbe parlato con Acaon.
Per ora le avrebbe fatto piacere riuscire a fare un bel bagno caldo. Ne aveva bisogno sia per eliminare la puzza di cavallo che aveva addosso che per cercare di rilassarsi. Chissà se il castello aveva l’acqua corrente calda in tutte le stanze…Lo sperava tanto.
Per la prima volta da quando era entrata nei suoi appartamenti, si guardò veramente attorno. La stanza che le avevano assegnato era piuttosto grande con un bel letto a baldacchino, talmente grande da contenere tre persone, con soffici coperte ricamate in oro e verde, e chiuso da tendaggi di velluto verde. Un bellissimo tappeto che sembrava ritrarre un paesaggio lagunare era posto ai suoi piedi.
C’erano un bel camino e un tavolino basso con sopra una specie di sfera che emanava una luce tenue e rosata. La sfera non aveva fili o spine e non si poteva aprire.  Inoltre nonostante emanasse luce, non era calda al tatto, che fosse magica? Un tavolo con sei sedie era al centro della stanza. A completare l’arredo c’erano anche una comoda poltrona, un armadio vuoto, e un grande specchio appeso alla parete.
C’era poi una porta nella parete laterale, Anna la aprì sperando dietro vi fosse il suo bagno personale e il suo desiderio fu avverato. La stanza conteneva una grande vasca di un metallo che sembrava ottone, alcuni catini, un grande lavatoio con un rubinetto collegato a una pompa (quindi prendono l’acqua da pozzi posti sotto il castello) e verso il fondo, c’era un sedile in pietra, una specie di cubo, con un foro ovale nel sedile, probabilmente un water primitivo.
Pompò e l’acqua scese, ma era fredda. Non aveva affatto voglia di mettere a scaldare l’acqua sul fuoco, ci sarebbe voluta una vita per rendere caldi tutti i secchi che occorrevano a riempire la vasca, e poi c’erano solo secchi di legno che sarebbero bruciati a contatto col fuoco..
Non sapeva proprio che fare, e c’è solo una sola cosa da fare quando non si sa qualcosa: chiedere. Tornò nella sua camera e aprì la porta che dava sul corridoio, di fronte a lei c’era Saiel immobile come una statua.
-Mmm… vorrei proprio fare un bagno, ma non so come scaldare l’acqua, potrei avere secchi di metallo o…
Prima ancora che Anna finisse la sua domanda Saiel entrò nella sua stanza e da lì nel suo bagno. Anna lo seguì perplessa, forse i secchi, anche se di legno, qui non bruciavano, pensò. Saiel prese un secchio e lo riempì d’acqua, ma invece di portarlo sul fuoco, lo versò nella vasca. Riempì e svuotò un secondo secchio, poi un terzo e così via finché non riempì a metà la vasca. Anna stava per dirgli che nel suo mondo il bagno si faceva caldo, ma si fermò quando lo vide immergere la mano nella vasca.
Il suo braccio si illuminò per un attimo e del vapore uscì dall’acqua.
-Ora l’acqua è calda, se vuoi, puoi aggiungere acqua fredda per aggiustarne la temperatura.- detto questo, uscì e tornò in corridoio.
Anna immerse un braccio nell’acqua, e constatò che era bollente.
–Magia.- sussurrò. -Una gran bella comodità. - Si spogliò e si immerse nella vasca fumante con un sospiro di sollievo. Non aveva chiesto un asciugamano e non aveva vestiti puliti, ma di questo si sarebbe occupata domani, per stasera si sarebbe asciugata davanti al camino e avrebbe dormito nuda.
Si stava crogiolando nell’acqua, cercando di svuotare la testa da ogni pensiero, quando all’improvviso sentì una corrente di aria fredda contro la pelle. Riaprì subito gli occhi e vide apparire dal nulla di fronte a lei un uomo.
Profondi occhi neri la fissavano da un volto che pareva scolpito nella porcellana, completamente liscio tranne che per due profonde rughe intorno alla bocca, probabilmente causate da un riso frequente. Era una faccia senza età, quell’uomo vestito di una sgargiante tunica dorata poteva avere venti come quarant’anni, ma i suoi lunghi capelli, che portava sciolti sulla schiena, erano completamente bianchi e contrastavano con il suo abbigliamento. 
-Salve Anna. Sono felice che tu sia arrivata sana e …- iniziò a dire lo sconosciuto, ma venne drasticamente interrotto da Anna, che, ripresasi dalla sorpresa che l’aveva paralizzata, urlò con tutta la sua forza.
–Aiuto! Saiel!- Nemmeno due secondi dopo, la guardia spalancò la porta del bagno e irruppe nella stanza. Vedendo l’intruso si fermò di colpo e si ricompose nell’immobilità a lui solita.
-Sei tu arcimago, avrei dovuto immaginarlo.- disse allo sconosciuto.
Due uomini nella stanza da bagno e nessuno che si decideva ad uscire. Questo era troppo! Anna abbassò gli occhi e controllò che tutto quello che doveva essere coperto fosse ben nascosto dall’acqua, e poi colpì con uno sguardo furioso Saiel. - Portalo fuori di qui subito! – urlò con voce resa stridula dalla rabbia.
Lo sconosciuto per nulla scomposto si accinse a dare spiegazioni come se si trovasse in salotto a prendere un tè con lei, invece che nel suo bagno. - Mi dispiace di averti spaventato con la mia apparizione, ma..
Anna non lo lasciò finire e, con una voce ormai talmente stridula e acuta da risultare spiacevole persino a lei, riprese a urlare. -Non mi interessa che lei sia dispiaciuto di essersi teletrasportato qui come faceva Spock in Star Trek, l’unica cosa che mi importa è che lei esca immediatamente dal mio bagno, non  ha mai sentito parlare di privacy?!!!!!
Saiel decise di intervenire prima che i suoi timpani scoppiassero a causa degli urli di Anna.
-Arcimago, credo che dovresti uscire, domani potrete parlare con più calma.
Lo straniero sembrava non avesse nessuna intenzione di andarsene.
-Volevo semplicemente presentarmi.- disse con calma, come se parlasse tutte i giorni con donne nude che si stavano facendo il bagno.
Saiel guardò lievemente allarmato la vena pulsante del collo di Anna che annunciava un  nuovo sfogo in arrivo. Anna infatti era ormai al limite della sua pazienza. Quel giorno era stata strappata al suo mondo, catapultata in un altro, fatta salire su uno scomodo cavallo, trattata con sufficienza e ora messa in imbarazzo mente faceva il bagno! Come osavano?! Quel dannato Arcimago la stava chiaramente esasperando apposta, con quel suo sorrisino e non era il giorno giusto per farlo! Ormai incurante della sua nudità nella sua rabbia, uscì dalla vasca, prese uno dei secchi posti di fianco alla vasca e urlando
-Fuoriiiii!- lo scagliò contro l’arcimago.
Questo purtroppo svanì nel nulla prima di essere colpito, lasciando uno stupito Saiel davanti a una donna nuda e arrabbiata.
Sparita la causa del suo odio la mente di Anna si schiarì e si rese conto di essere completamente nuda in piedi davanti alla guardia che la fissava. Arrossì come un peperone e cercò di coprirsi con le mani come poteva. Saiel si affrettò ad uscire e tornare in corridoio temendo nuove urla isteriche.
E lì, ad aspettarlo fuori dalle stanze di Anna, trovò l’arcimago che ridacchiava allegramente, come se avesse assistito allo spettacolo comico più spassoso mai visto.
Saiel non disse niente e riprese il suo posto di guardia come se niente fosse successo.
-Sai benissimo che la tua facciata di pietra, è inutile con me, io posso leggere i pensieri nella tua mente, e stai pensando che mi sia comportato in modo molto maleducato con la nostra ospite.- gli disse l’arcimago sorridendo. -Ma devi credermi volevo solo presentarmi, cosa che non ho potuto fare, poiché quando è arrivata non ero presente nella sala del trono. Quando ho deciso di teletrasportarmi da lei non immaginavo di trovarla in bagno, né che stare nella stessa stanza con lei mentre si lavava fosse una cosa così sconveniente nel mondo da cui proviene. Invece i suoi pensieri erano chiarissimi, nella sua dimensione le persone sono molto più pudiche e vedono la stanza da bagno come luogo assolutamente privato. Incredibile. Noi siamo molto più liberi.
Saiel gli gettò uno sguardo senza dire nulla, e l’Arcimago ridacchiò
-Sì lo so, quando mi sono reso conto di quello che pensava sarei dovuto uscire, ma era una situazione così divertente, non ho mai visto prima una donna così arrabbiata. Non nei miei confronti almeno.
Saiel non disse niente e tornò a fissare davanti a sé.
L’arcimago sospirò. -Ve bene, me ne vado, le parlerò domani, ma so benissimo che anche tu ti sei goduto la scena, specialmente l’ultima parte.- e detto questo se ne andò lasciando una guardia assolutamente immobile e seria, ma con le orecchie rosse.
 
 
 
 
 
 

Capitolo 2

 
 
Anna si svegliò poco dopo l'alba con un terribile mal di testa e irrigidita in ogni muscolo. Persino gli occhi le bruciavano a causa del pianto del giorno prima e non aveva nessuna voglia di alzarsi. Stava cercando di raccogliere il coraggio per uscire dal letto, quando qualcuno bussò alla sua porta.
-Sono la una cameriera signora, è sveglia?- chiese una voce femminile.
Felice che qualcuno le desse uno stimolo per riuscire ad alzarsi, Anna si avvolse intorno al corpo il lenzuolo e andò ad aprire la porta. -Sì sono sveglia, entra pure.
Una piccola donna di mezza età, con i capelli rossi raccolti sulla nuca in una stretta crocchia, entrò svelta con un involto nelle braccia.
-Ah ma oggi sarà sicuramente una bellissima giornata, nonostante ormai siamo vicini alla stagione fredda! Fuori splende un bellissimo sole.- le disse sorridendo. -Il signore del clan ha detto di portarle qualche abito. E le nobildonne del castello hanno fatto a gara per donarvi i loro vestiti migliori.- aggiunse aprendo l’involto ed estraendone alcuni abiti. Anna si tolse di dosso il lenzuolo e si avvicinò ai vestiti. La sera prima aveva deciso di dormire nuda dopo il bagno, ma dopo l’incontro con l’arcimago aveva deciso di tenere addosso la biancheria intima. La donna fissò quello che indossava con aperta curiosità, specialmente il reggiseno. -Non ho mai visto indumenti del genere.-disse.
-Noi….da dove vengo, li portiamo sotto gli abiti. Questo… - disse indicando il reggiseno. -..serve per sostenere il seno.
-Ingegnoso. Noi portiamo delle sottovesti sotto gli abiti e per sostenere il petto usiamo dei corsetti se vogliamo, ma quello che lei indossa è molto meno ingombrante e sembra molto più comodo, forse grazie a lei inizierà una nuova moda. Ora vediamo- e sparpagliò sul letto vari capi di vestiario tutti molto belli e ricchi.
-Vorrei indossare dei pantaloni. -disse Anna, e poi ricordandosi delle buone maniere aggiunse. - Mi scusi non mi sono nemmeno presentata, io mi chiamo Anna.
-Io sono Roscel. -disse la donna sorridendo, -e potete fare a meno di presentarvi, tutti nel castello ormai sanno chi siete. Siete la novità del momento.
Poi canticchiando le scelse l’abito del giorno, dei pantaloni di pelle finissima di colore marrone scuro molto attillati, una maglia verde chiaro con le maniche lunghe, e sopra a questa le fece indossare uno strettissimo gilet di pelle dello stesso colore dei pantaloni. In vita sopra i pantaloni, le legò una gonna verde chiaro come la maglia, lunga fino al polpaccio, con due spacchi, uno su ogni fianco, che le arrivavano fino alla parte alta delle cosce, e che le permettevano perciò di muoversi liberamente senza problemi.
-Ai piedi potete indossare i vostri stivali, sono molto belli. E poi alcune dame vi hanno dato anche dei gioielli. Con questo abito, staranno bene questi bracciali.- disse allacciandole ai polsi delle catenelle.
Finalmente dopo quasi un’ora fu pronta. L’unica parte del suo corpo che aveva messo in difficoltà la cameriera erano stati i suoi capelli, completamente ribelli, e alla fine glieli  aveva legati in una coda  con un semplice laccio. Per esperienza sapeva che, al massimo tra dieci minuti, i ciuffi più corti darebbero sfuggiti all’acconciatura e le sarebbero ricaduti sul viso, ma non poteva farci niente.
Anna si guardò allo specchio, nonostante gli strani abiti, nonostante ora avesse una cameriera ad accudirla, quella dell’immagine era sempre lei.
-Ora se volete vi porto la colazione.- disse Roscel, prendendo in mano il vassoio con la cena della sera prima che non era stato toccato.
-Oppure potete andare nella sala da pranzo dove la corte fa colazione.
-Grazie, ma non ho fame. Credo che prima dell’udienza con Acaon, mi piacerebbe invece fare un giro del castello, per ambientarmi un po’.
-Certo, chiedete a Saiel e lui vi porterà dove volete. È un gran bravo ragazzo, anche se un po’ troppo taciturno per i miei gusti. Ma le guardie lo seguono come fosse un dio in terra, perciò deve sapere il fatto suo.
-Non potrei andare da sola?
-Credo di no, Saiel deve sempre essere con voi per proteggervi. Acaon ha ripetuto più e più volte a tutti la vostra importanza, ancora prima che arrivaste. E questo genere di celebrità può anche essere pericolosa, credete a me.
-Vi credo purtroppo, anche nel luogo da dove provengo, le corti dei castelli medievali e rinascimentali non erano luoghi molto sicuri.
-Bene, io vado, vi auguro una buona giornata. Se vi servisse il mio aiuto, chiedete a Saiel e lui mi farà chiamare. - e con un piccolo inchino se ne andò svelta come era arrivata.
Anna prese la sua borsa e se la mise a tracolla (non di fidava affatto di lasciarla incustodita) prima di uscire in corridoio.
Saiel era lì immobile come sempre. Stranamente Anna non provò imbarazzo davanti a lui. Era come se la scena della sera prima non fosse mai accaduta. Saiel non le sembrava il tipo di uomo che avrebbe potuto parlare con qualcuno di un fatto del genere. Non  sembrava gli piacesse parlare, punto e basta.
-Mi piacerebbe fare un giro per il castello prima della mia udienza con Acaon. – disse Anna.
-Va bene, ti condurrò ai giardini pensili dei piani superiori, dove risiedono i nobili di corte. Stamattina non c’è tempo di vedere altro. Ci vorrebbero mesi, se non anni, per mostrarti tutto il castello.- disse Saiel senza guardarla e cominciando a incamminarsi.
Anna lo seguì incuriosita. - Quindi le mie stanze non sono sulllo stesso piano di quelle degli aristocratici del vostro clan?
-No.- le rispose succinto Saiel. -Acaon ha preferito così per la vostra sicurezza e la vostra  riservatezza.
-In quanto a riservatezza non è servito a molto.
-L’arcimago è……un caso molto particolare. Non ci sono altre persone come lui qui nel castello.
-Intendi dire che è l’unico col potere di teletrasportarsi ovunque voglia, senza preoccuparsi di cose triviali come essere fermato da delle guardie?
-Sì. È l’unico.
-Sempre uno di troppo. Non andrà a dire in giro quello che è successo vero?
Saiel si girò a guardarla. - Non è successo nulla ieri sera. L’arcimago sa quando tacere e anche io, perciò state pure tranquilla.
Saiel riprese a camminare, e poi svoltò in una lunga galleria dove c’era una scala che saliva. La scala era piuttosto lunga e sfociava in un corridoio pieno di diramazioni, porte e altre scale, per mezzo di una delle quali Anna fu condotta ancora più in alto. Al termine della seconda scala, ne  iniziò una terza. A quel punto Anna era del tutto senza fiato.
Per fortuna dovevano essere quasi arrivati, si iniziava a sentire un forte profumo di fiori. Scoprì di avere ragione quando Saiel aprì una pesante doppia porta e la condusse su una terrazza all’aperto.
Qui, sotto il cielo verde, vide un vasto giardino. Il cinguettio degli uccelli e il gorgogliare delle fontane rallegrava l'atmosfera. Il prato, verde quanto il cielo, era ornato da aiuole di tutti i colori, formate con molti tipi di fiori a lei sconosciuti.
Era bellissimo, Anna respirò a pieni polmoni l’aria fresca e i profumi provenienti dal giardino, felice in quel momento di essere viva, nonostante tutto.
C’erano anche alcuni piccoli alberi da frutto in grandi vasi; Saiel si avvicinò a questi e raccolse alcuni frutti rossi, simili a mele.
-Non hai mangiato nulla nè ieri, né stamattina, prova questi, sono gunni, dei frutti molto dolci.- le disse offrendogliene uno.
Anna scosse la testa e rifiutò. Saiel la fissò con espressione indecifrabile. Solo gli occhi tradivano disapprovazione. Sembravano dirle: digiunare non servirà a nulla, non migliorerà le cose, farà solo peggiorare la tua salute.
Anna era sicura che Saiel non le avrebbe chiesto il motivo del suo rifiuto di mangiare,  ma si sorprese di volergli spiegare il suo comportamento, spontaneamente.
-Nel mio mondo c’era una leggenda molto tempo fa. In passato gli uomini credevano che esistesse un mondo sotterraneo, dove sarebbero andati una volta morti, chiamato Ade, dal nome del dio che lo governava. Anche i vivi potevano accedere a quel luogo attraverso speciali varchi, ma, una volta entrati, non dovevano assolutamente mangiare nulla o non sarebbero più tornati al mondo dei vivi.
Un giorno la figlia di Demetra, dea della natura e dell’agricoltura, Persefone, fu rapita da Ade che si era invaghito di lei e voleva sposarla. Demetra disperata, chiese al padre di tutti gli dei, Zeus, di riportarle sua figlia, o minacciò, non avrebbe più permesso alle stagioni di avvicendarsi e la terra sarebbe stata perennemente coperta di giaccio e neve e gli uomini sarebbero morti di fame. Zeus, andò a parlare con Ade, ma questi rifiutò di restituire Persefone, poiché questa, durante la permanenza nel suo mondo sotterraneo, aveva mangiato alcuni semi di melograno. Il padre degli dei alla fine decretò che ogni anno, avendo Persefone mangiato dolo sei semi del frutto, avrebbe passato sei mesi insieme ad Ade e altri sei mesi con la madre, facendo felici tutte le parti in causa. L’Ade ebbe così una regina buona e compassionevole che temperava il duro carattere del dio Ade, e Demetra riebbe la figlia. – Anna sospirò. -Forse è per questo che non ho ancora mangiato nulla in questa dimensione, perché una piccola parte di me crede che quando lo farò perderò ogni speranza di tornare nel mio mondo. È una paura del tutto irrazionale e so che prima o poi dovrò pur mangiare, ma per ora non ci riesco.
Saiel non disse nulla, ma in vece sua si sentì squillare una voce mai udita prima da Anna. -Era una bellissima storia.- disse una bambina sbucata fuori da dietro un cespuglio. Non sembrava avere più di sei anni.
-È vero. Ne conoscete altre?- gli fece eco un ragazzino all’incirca della stessa età, che la seguiva.
Anna li fissò sorpresa, mentre Saiel si avvicinava a loro sorridendo. Saiel che sorrideva, caspita, forse sta per nevicare, pensò Anna. Ammesso che qui nevichi.
-Questi solo Lilis e Rews, due vere pesti, e figli di Acaon.- le disse Saiel.
La bambina indossava una veste rosa e due trecce rosso arancioni le incorniciavano il visetto delicato. Il bambino era una replica della sorella, ma senza trecce, ed era vestito con pantaloni e giubba azzurri.
Anna andò loro incontro. -Piacere di conoscervi, io sono Anna e conosco moltissime altre storie che sicuramente non avete mai sentito.
-Tu sei qui a causa della profezia vero? È così emozionante.
Emozionante non è la parola che userei, orribile è più esatto, pensò Anna. -Già.- rispose ad alta voce
-Juliu il bardo conosce molte storie, ma ormai sia io che mio fratello le conosciamo a memoria, se non ti dispiace, ci farebbe molto piacere se tu ce ne raccontassi qualcuna del tuo mondo. E sono certa che anche agli altri bambini del castello piacerebbe. -disse Lilis scoccandole uno sguardo supplichevole. Quella bambina sapeva come ottenere quello che voleva, senza dubbio.
-Farebbe piacere anche a me. Ho proprio bisogno di distrarmi dai miei pensieri. Sentite, tra poco devo parlare con vostro padre, e forse oggi pomeriggio dovrò fare qualcosa, ma stasera prima di cena potrei raccontarvi una storia.
-Di solito Juliu racconta le sue storie dopocena nella sala grande e tutti vanno lì per ascoltarlo, potresti prendere il suo posto stasera. Lo chiederò a mio padre.
-Ma…davanti a tutti…
 -Perfavore.- le chiesero in coro i bambini.
-Va bene.- si arrese Anna.
-Ora cha avete ottenuto quello che volevate, andate a giocare, pesti.- disse Saiel spingendoli verso il prato. I bambini risero felici e corsero via.
-Non dovevi accettare per forza.- le disse Saiel tornando ad essere il serio soldato di pietra che conosceva.
-Mi farà bene parlare del mio mondo, credo. Se tutti sapranno, forse mi sentirò meno sola.
 
 
Acaon la stava aspettando in un salottino privato. Seduto comodamente su una poltrona, la salutò caldamente e le indicò la sedia di fronte a sè. Saiel era rimasto furori dalla porta e lei era sola. Speriamo bene, pensò. La stanza era accogliente, una specie di studio con grandi scaffali pieni di libri, e questo l’aiutò a rilassarsi.
-Accomodati.- le disse Acaon sorseggiando un liquido verde da un calice. Anna si sedette rigida.
-Credo che mi dobbiate qualche…ah..spiegazione.
-Sì, credo anch’io. Ieri non ho voluto parlarti di fronte a tutta la corte proprio perché intendo rivelarti alcune fatti, che per ora preferisco non vengano a conoscenza di tutti, ma che è giusto tu conosca, poiché forse sono legati alla profezia che ti riguarda. Ma partiamo dall’inizio. Per capire il nostro presente devo prima parlarti brevemente del nostro passato, solo così potrai comprendere la tua delicata posizione.- appoggiato il calice sul tavolino davanti a lui, proseguì -Nei tempi antichi il nostro mondo godeva di ordine e armonia grazie agli dei che comandavano sui cinque elementi di cui era composto: il cielo, l’aria, la terra, il fuoco e l’acqua e su tutti gli esseri viventi. Gli dei generarono poi a loro immagine gli esseri umani, donando loro, una piccola parte del loro potere sui cinque elementi.
Originariamente esisteva una sola razza di esseri umani, ma le condizioni ambientali, il clima e infiniti altri fattori influenzarono in maniera diversa l’evoluzione degli uomini,fu così che si formarono cinque razze, ognuna della quali poteva comandare uno solo dei cinque elementi.
Ogni razza prese il nome dell’elemento che poteva comandare, nacquero così il clan del fuoco, caratterizzato da pelle bianca o ambrata, occhi verdi o marroni e capelli rossi; il clan della terra, caratterizzato da pelli ambrate o scure, capelli castani e occhi marroni; il clan dell’acqua, caratterizzato da pelli molto pallide, capelli neri e occhi neri o blu; il clan dell’aria, caratterizzato da pelli ambrate, occhi azzurri o verdi, e capelli biondi; e il clan del cielo, di cui non si ricorda molto, men che meno l’aspetto esteriore dei suoi membri.
Il clan del cielo, che aveva il potere di comandare su tutto il clima del pianeta, comandando piogge ed uragani, si racconta fosse il clan più potente e più vicino agli dei, tanto che questi, lo fecero ascendere al supramondo, il regno degli dei, rendendo i suoi membri immortali. Questa è probabilmente solo una leggenda, ma ciò che è certo è che di quella razza di uomini si persero le tracce migliaia di anni fa.
Scomparso il quinto clan, il più potente e temuto, l’armonia fra gli esseri umani si ruppe. I clan iniziarono a combattere fra loro e si allontanarono dagli dei. Questi, sdegnati, non scesero più sul nostro mondo, e piano piano i poteri che avevano donato ai clan si affievolirono. Le guerre fra le quattro razze continuarono e tanti innocenti morirono, finché i clan  non dovettero unirsi per combattere un nemico comune.
Mille anni fa si narra che comparvero dal nulla, forse attraverso portali dimensionali, proprio come te, sei belve. Esseri demoniaci che non avevano nulla a che fare con i cinque elementi naturali di questo mondo e che anelavano ad un'unica cosa: la distruzione totale di ogni cosa, vivente e non.
Per fortuna i quattro guerrieri più forti e con più potere dei quattro clan si unirono ed assieme, riuscirono a contrastare il potere delle belve. Non poterono ucciderle, ma con la loro magia riuscirono a cacciarle in un’altra dimensione e chiusero l’unico ingresso a quel mondo con potenti sigilli magici in modo che le belve non potessero scappare dalla loro prigione.
Ma uno dei quattro guerrieri, oltre ad essere un potente mago era anche un veggente e profetizzò che dopo mille anni la barriera da loro costruita si sarebbe indebolita tanto da permettere allo spirito delle belve di filtrare e forse di plagiare qualche anima, al fine di farsi aiutare a tornare nel nostro mondo. Insieme a questo presagio di sventura egli lasciò anche un messaggio di speranza, predisse che nel momento del bisogno una fiamma sarebbe giunta a noi per cambiare il nostro destino. Egli era un membro del clan del fuoco e solo al suo clan lasciò memoria scritta della data e del luogo esatti in cui la fiamma, cioè tu, saresti arrivata. Per questo ti abbiamo trovato con facilità subito dopo il tuo arrivo in questa dimensione.
Sei giunta, come è stato predetto, nel momento del bisogno, poiché anche l’altra previsione sembra si stia avverando. I mille anni sono trascorsi e corre voce che alcuni uomini, la cui identità è sconosciuta, stiano tentando di far rientrare le sei belve nel nostro mondo. Purtroppo in questi mille anni i clan sono spesso stati ancora in conflitto, e se il peggio dovesse accadere e le bestie risorgessero, non solo saremmo in difficoltà perché i nostri poteri sono ancora diminuiti, ma anche perché, probabilmente, i clan non si unirebbero nemmeno per combattere questo terribile nemico.- concluse fissando attentamente le reazioni di Anna.
Lei non disse niente per qualche minuto. -Siete sicuri che qualcuno stia tentando di liberare le belve? Avete informazioni certe?
-No, non ancora almeno, ma la mia di esperienza mi consiglia di prepararsi al peggio.
-E voi ….sperate che io, da sola possa combattere questi mostri e salvare il vostro mondo? E come ?
-Io credo tu possieda dei poteri che ancora non sai di avere, ma che probabilmente scoprirai fra breve. Dati i tuoi colori possiedi quasi sicuramente il potere di controllare il fuoco, ma dato che la profezia dice che tu cambierai il destino del nostro mondo, possiedi probabilmente anche altri poteri a noi sconosciuti.
Il viso di Anna tradì il più totale scetticismo. -Io non ho nessun potere magico, nel mondo da cui provengo non esistono.
-Trascuri il fatto che il portale ti ha cambiata in modi che ignori, adattandoti a questa dimensione, dove questi poteri non solo esistono, ma dominano ogni aspetto della nostra esistenza. Dovrai studiare per scoprire il tuo vero potenziale.
Anna non credeva veramente di avere acquisito poteri straordinari, ma dopo tutte le cose incredibili che le erano accadute come poteva non prendere in considerazione questa possibilità? E in fondo studiare le piaceva...
- Tutti i membri di questo clan hanno il potere di controllare il fuoco?
Acaon le fece un cenno affermativo
-E coloro che chiamate maghi o arcimaghi, hanno solo il potere del fuoco o possiedono altri poteri?
Acaon non le chiese come mai sapesse che nel clan esistevano individui chiamati arcimaghi e maghi. - I maghi possiedono i poteri naturali del loro clan e in più, per inclinazione naturale e grazie a lunghi studi, hanno imparato a cambiare e controllare aspetti della realtà anche al di fuori dell’elemento naturale a loro affine.
-Quindi voi credete io sia una specie di mago e volete che io studi e mi alleni per risvegliare dei miei supposti poteri al fine di utilizzarli contro le belve qualora ricomparissero.
-Esatto.
Anna si astenne dal fare commenti, ma Acaon aggrottò le sopracciglia con aria contrita di fronte alla sua esitazione ad accettare come vero quanto le aveva detto.
- Non credi che quanto ti ho detto sia la verità?
 -Io credo esista la possibilità che io non abbia alcun potere e che non sia la fiamma.
-Tu devi essere la fiamma. La profezia era chiara riguardo il luogo e il giorno del tuo arrivo. Purtroppo non era altrettanto esplicita riguardo i poteri che avresti posseduto, anzi, non ne accennava nemmeno. Perciò, sì, tu potresti essere una donna normale, senza alcuna dote magica particolare, ma io spero non sia così.- sospirò Acaon –Per questo ti chiedo di provare a studiare la magia per un breve periodo, per cercare di scoprire il tuo vero potenziale. Per il bene di questo mondo.
-Cercate forse di farmi sentire in colpa per costringermi a fare quello che volete?  Non è molto etico da parte vostra. Sono sola in un mondo sconosciuto e dipendo da voi, non ho molta scelta.
-Nessuno ti costringerà.
-No, ma molti cercheranno di influenzarmi…..ah, che importa in fondo. Lo farò. Studierò e cercherò di scoprire se possiedo almeno il potere del fuoco. Se lo avessi, questo mi aiuterebbe ad integrarmi all’interno del vostro clan. E se devo vivere con voi….Saiel mi ha detto che non è possibile sapere dove e quando apparirà un portale dimensionale, è vero?- Anna lo guardò trepidante. Una muta flebile speranza negli occhi.
- È vero. E non è possibile sapere dove porterà. Inoltre i portali sono molto rari. Prima di ieri, l’ultimo avvistamento risaliva a cento anni fa, credo. Non dico che sia impossibile, ma è altamente improbabile che tu possa mai tornare a casa. Mi dispiace.
 -No, non è vero, non le dispiace affatto, lo so. Lei vuole che io resti, ne va del destino del vostro mondo…forse.
-Sì voglio che tu resti, voglio che il mio mondo sopravviva, non mi vergogno di dirlo. Il mio è un sentimento più che umano, voglio sopravvivere, e voglio che il mio popolo sopravviva, ma è vero anche che mi dispiace per te. Sono ancora capace di provare compassione, che tu lo creda o no, e non so nemmeno immaginare il dolore che avrai provato a venire strappata da tutto quello che conoscevi.
Anna lo guardò negli occhi e vi vide veramente compassione per la sua situazione. Ma questo non cambiava nulla, continuava comunque a sentirsi in trappola. Senza valide alternative era praticamente costretta a seguire i ‘suggerimenti’ del capo clan e tutto questo non le piaceva. Voleva sentirsi padrona della propria vita, non in balia degli eventi e del volere di altre persone.
- Studierò, ma voglio qualcosa in cambio da voi.
-Cosa?
-Voglio avere accesso ai libri del castello per documentarmi e voglio essere il più libera possibile nei miei spostamenti. So che volete proteggermi, ma almeno all’interno del castello voglio completa autonomia.
-Non sappiamo dove siano o chi siano i traditori, perciò cerchiamo di essere molto prudenti. Solo i capiclan e poche altre persone sanno della profezia riguardante il ritorno delle belve. E anche la profezia riguardante te è stata raccontata vagamente, senza entrare in particolari…..meglio non fidarsi di nessuno, che dare la propria fiducia alla persona sbagliata. Comunque sarai libera di andare ovunque nel castello insieme ad una guardia. E avrai accesso a tutti i nostri libri, senza restrizioni.
-Un altro favore. Io…ho lasciato dietro di me il mio mondo, gente che mi amava i miei genitori….vorrei poter avere a disposizione i vostri pittori e i vostri musicisti per cercare di salvaguardare i miei ricordi più cari. Insegnerò loro alcune melodie e canzoni del mio mondo e chiederò loro di fare ritratti dei miei cari, per potere ricordare, sempre, anche in futuro da dove vengo.
-Certamente, anche io ho una famiglia, dei figli, e posso comprendere il tuo dolore per la tua perdita. Cercherò di aiutarti come posso.
-Ho conosciuto Lilis e Rews stamane, sono simpatici.
-Ah, di già? Ti manca di conoscere solo il mio primogenito, allora.
-A questo si può facilmente rimediare.- disse una nuova voce. Anna si girò di scatto, la sua poltrona dava le spalle alla porta e non si era accorta che qualcuno fosse entrato.
Un giovane, che doveva avere circa la sua età la stava guardando sorridendo. Era alto, come tutti i cortigiani che aveva visto il giorno prima, forte e robusto senza essere massiccio, e aveva un viso perfetto, con occhi leggermente obliqui, di un azzurro chiaro e limpido, e capelli naturalmente rossi. Se avesse avuto le orecchie a punta e il mento aguzzo, sarebbe stato uguale all’elfo Legolas, creato dalla mente di Tolkien. Non c’erano parole adatte a descriverlo, era semplicemente bellissimo. Avrebbe potuto essere un attore di Hollywood, era molto meglio di Brad Pitt.
-Stavamo parlando appunto di te Altair.
-Ho sentito padre. Sono lieto di fare la vostra conoscenza Anna.
Anna si alzò impacciata per rispondergli- Anche io sono felice di conoscerla Altair.
-Bene. Ora che ci siamo presentati potremo darci tranquillamente del tu, che ne pensi? Io odio le formalità.
-Ok.
Altair la guardò con uno sguardo interrogativo.
- È una parola che sul mio mondo usiamo per dire ‘va bene’.
-Oh. Ok. - disse provando la nuova espressione e sorridendo come un bimbo cha ha ricevuto un nuovo giocattolo.
-Potresti accompagnare la nostra ospite dai musici Altair, mi ha appena chiesto di poter insegnare loro la musica del suo mondo.-Acaon sembrava una madre ansiosa di veder sistemato il figlio e la cosa infastidì molto Anna. Spero che non abbia strane idee in testa, pensò.
-Con piacere. Ok Anna?- le chiese Altair sorridendole.
Ogni sospetto svanì come per magia dalla mente di Anna. Altair era proprio adorabile quando diceva ok.
 
 
Notte lieve piena di splendore,
chiama, senti, offrile il tuo cuore
Guarda gli occhi miei come in sogno ti vorrei
Non sarà la luce che davvero vuoi
La notte è dolce musica per noi
 
La compagnia dei musici di corte stava ascoltando a turno la musica dal suo cd portatile.
Per iniziare aveva scelto un’aria dal Fantasma dell’Opera e sembravano apprezzarla. Anche Altair aveva voluto sentirla e ne era rimasto affascinato, infatti aveva intenzione di cantarla davanti alla corte quella sera stessa.
-Questa melodia sembra raccontare una storia.  L’uomo che sta cantando….sembra esserci  un qualcosa di oscuro in lui…
-Hai ragione. Questa canzone fa parte di un musical.
-Musical?
- Un musical è ….come posso spiegarti….. Degli attori mettono in scena una storia, ma invece di parlare, cantano delle arie. Voi non avete teatri e attori qui?
-Credo di capire cosa intendi. Attore è una persona che davanti ad un pubblico racconta una storia, come un bardo?
-Più o meno, più che raccontarla la storia, la rendono viva impersonandone i personaggi.
-Ingegnoso! Noi non abbiamo attori ma abbiamo cantastorie, bardi, cantanti e musicisti.  Comunque credo di aver capito cosa vuoi dire. Questa canzone quindi fa parte di una rappresentazione in cui questi attori impersonano dei personaggi che invece di parlare comunicano tra loro cantando?
-Sì. Più o meno. In particolare questa canzone fa parte del musical intitolato Fantasma dell’Opera, ed è cantata proprio dal protagonista della storia, il fantasma, un uomo che ha scelto di vivere da solo nelle tenebre, perché il mondo lo ha troppo ferito. Quando conosce una bellissima cantante, Christine, se ne innamora e cerca di convincerla a seguirlo nelle sue tenebre proprio con questa canzone.
-E la convince?
-Christine è combattuta, il fantasma è affascinante nonostante abbia il volto sfigurato, ma anche un altro uomo è innamorato di lei, un conte bello e solare. Lei li ama entrambi, ma ben presto scopre che il fantasma, dopo anni di reclusione, è diventato mentalmente instabile. È tremendamente geloso di lei e uccide anche diverse persone innocenti. Giungerà a rapirla, e la minaccerà di uccidere il suo amato conte e molta altra gente se non scapperà con lui. Lei accetta, e quel gesto d’amore e sacrificio farà capire al fantasma che ha sbagliato a volerla chiudere nelle tenebre, se veramente l’ama deva lasciarla vivere nella luce dove può essere felice, e così fa.- Anna conclude e si accorge che i musici l’hanno ascoltata con grande interesse.
Yilo, il suonatore di uno strumento a corda piuttosto simile all’arpa del suo mondo, le chiese- E tutta questa storia è in musica?
-Sì.
-Affascinante.- esclamò estasiato e si mise a confabulare con i suoi compagni, per poi rivolgersi ad Altair -Signore, per stasera riusciremo senz’altro a riprodurre quest’aria, e presto tutta l’opera, è la cosa più bella e nuova che abbiamo mai sentito: una storia recitata in musica, affascinante.
-Affascinante. - gli fecero coro gli altri musicisti.
-Affascinante.- disse Altair guardandola fisso negli occhi.
Anna si sentì arrossire imbarazzata e per cambiare discorso cercò Saiel con lo sguardo.
La fedele guardia li aveva seguiti e ora se ne stava immobile in un angolo della sala della musica.
-Vuoi sentire anche tu l’aria.?- gli chiese Anna.
-No, grazie. La sentirò comunque  stasera.- disse con voce fredda Saiel.
Altair continuava a fissarla come un assetato che guarda un bicchiere d’acqua e Anna cercava di evitare i suoi occhi imbarazzata.
-Sarai affamata, abbiamo saltato il pranzo parlando di musica, vieni andiamo nelle cucine. Là troveremo sicuramente qualcosa da mettere sotto i denti.- le disse Altair.
Anna scattò in piedi allarmata. –Grazie, ma devo ancora vedere i pittori e sono proprio stanca, dopo vorrei riposare per essere in forze per stasera.
In realtà era veramente affamata e il suo stomaco continuava brontolare, sperando di convincerla a cedere e ad accettare la proposta di Altair. Ma Anna lo ignorò e guardò verso i musicisti. - Grazie per avermi voluto aiutare.
-Il piacere è stato nostro, speriamo vorrai continuare ad insegnarci nuova musica.
-Certamente. Saiel, andiamo. Arrivederci a tutti, a stasera. - e fuggì via il più in fretta possibile lasciando dietro di sè un esterefatto Altair.
 
 
Purtroppo per Anna il pomeriggio volò via letteralmente. Mostrò ai maestri pittori le foto che aveva sul cellulare in modo che ne potessero fare dei ritratti, e le sembrava di essere appena tornata in camera, quando la porta si aprì ed entrò Roscel.
-È quasi ora di cena, e sono qua per aiutarvi nel cambio d’abito. Per i corridoi gira voce che stasera sostituirete il bardo e racconterete delle storie del vostro mondo, tutti sono molto eccitati.
Anna si lasciò vestire in un lungo abito di velluto verde, simile a quello che nel suo mondo indossavano le dame medievali. La gonna toccava terra e le maniche erano aderenti lungo il braccio per poi allargarsi in modo da pendere abbondantemente dai polsi.
Non era molto scollato, ma sul torace e in vita era molto attillato. Per completare l’opera Roscel le mise al collo una collana di pietre rosse e in vita una cintura fatta dello stesso materiale. I capelli scompigliati furono lasciati sciolti, e la cameriera le chiese infine se non volesse truccarsi un po’.
-Volete che lo faccia io, forse il trucco che usano le donne qui è diverso da quello usato da voi.
-Va bene.- disse Anna ormai non le importava più nulla, purché quella tortura finisse.
Roscel estrasse varie boccette dal suo grembiule e iniziò a lavorare. Quando si avvicinò,  Anna potè sentire l’intenso profumo che indossava. Sembrava profumo di rose. Le ricordava il profumo preferito di sua madre. Chissà se in questa dimensione esisteva un fiore simile alla rosa?
Quando finalmente ebbe finito di applicare varie creme sul viso di Anna, Roscel la fece voltare verso lo specchio.
Anna si guardò e per poco non si riconobbe. La sua carnagione di solito smorta, appariva di alabastro, le guance color pesca, le labbra di corallo -Questo non è trucco, questa è magia.
-No, sono trucchi magici. Voi non li avete? Qui tutte le dame li usano, siete bellissima signora, le farete tutte scomparire, loro sono tutte così uguali e voi con i vostri capelli ricci di un rosso così scuro e gli occhi di un verde qui mai visto, apparite esotica.
Anna non commentò, non voleva offendere la cameriera, che l’aveva resa così bella, ma non le importava molto del suo aspetto in quel momento.-Grazie Roscel, ora sarà meglio che vada.
-Bene, anch’io sarò in sala dopocena per sentirvi. A dopo.
Anna, di nuovo sola, sospirò. Quando uscì Saiel la fissò serio -Se non vuoi mangiare posso dire che avete già cenato in camera.
Anna rimase sorpresa dal tatto dimostrato da quell’uomo che sembrava di pietra e gli sorrise. -Grazie, ma se non voglio morire prima o poi dovrò magiare. Prima lo accetterò meglio sarà. -inspirò e si mise più eretta -Mi puoi accompagnare alla sala da pranzo.
-Certo.- e Anna seguì Saiel lungo i corridoi. Ormai le sembrava di non fare altro che seguire quell’uomo, doveva iniziare ad osservare la strada che percorrevano o senza di lui non avrebbe nemmeno ritrovato le sue stanze.
La sala da pranzo si rivelò essere un’enorme camera, con lunghe tavole apparecchiate sontuosamente, ed illuminata da moltissime torce che facevano risplendere le posate d’oro. Tutti i tavoli erano completamenti occupati, e tutti i commensali interruppero il loro chiacchericcio per fissarla in silenzio. L’aria era pesante con il profumo della pietanze. Anna poteva distinguere il sentore di diverse spezie piccanti pizzicarle il naso.
Saiel l’accompagnò alla tavola centrale, occupata da Acaon, a capotavola, sua moglie Afeil, una signora grassottella dai capelli biondo rossicci, dai suoi figli più piccoli,  Altair e altri nobili.
Anna salutò tutti e poi si sedette, mentre Saiel andò al tavolo riservato ai soldati.
Afeil la salutò cordialmente -Sono felice di fare la tua conoscenza Anna, i miei figli mi hanno parlato molto di te. Lilis è eccitata per la storia che le hai promesso e Altair ha detto che ci sono anche altre sorprese in serbo per stasera.
Altair, seduto alla destra di Anna le strizzò l’occhio -È inutile che insistiate madre, è una sorpresa e non vi dirò nulla.- disse sorridendo.
Lilis si agitava sulla sedia -Non vedo l’ora che arrivi il momento di passare nella sala grande.
Acaon la guardò severo -Ora sarà meglio che iniziamo a mangiare. Non è educato da parte tua importunare la nostra ospite.
Anna guardò sconsolata il suo piatto, le sembrò che qualcuno la fissasse da dietro, si voltò un attimo e vide Saiel che la guardava preoccupato.
Anna gli sorrise rassicurandolo e decisa afferrò le posate (simili a quelle cui era abituata per fortuna) e iniziò a mangiare. Niente rimpianti, si disse e trattenne le lacrime.
Altair doveva essersi accorto che qualcosa non andava -Tutto bene?- le chiese a bassa voce, mentre anche gli altri commensali erano occupati a parlare tra loro. –Sì. Tutto ok.
Lui le sorrise sollevato.
Durante la cena, tutto il tavolo le fu presentato, ma Anna nonostante annuisse sempre al momento giusto non si rendeva conto di nulla, nemmeno del sapore di quello che stava mangiando.
Inghiottiva e resisteva alla nausea, tutto qui.
Finalmente le portate finirono e Acaon si alzò dando il segnale di passare nella sala grande. Altair le si affiancò e la prese per il braccio -Siete molto bella stasera.- le disse.
-Grazie, merito della mia cameriera, è lei che mi ha truccato.
-No, non è il trucco siete voi ad essere bella, di una bellezza diversa dal solito. I vostri occhi sono verdi e anche marroni e le vostre ciglia e sopracciglia sono castane anche se i vostri capelli sono rossi. Non ho mai visto nulla di simile. Inoltre siete dell’altezza giusta per poggiare la testa sulla mia spalla.
La sala grande era una sala adiacente e uguale alla sala da pranzo, solo sgombra di tavoli, e occupata da sedie poste a semicerchio, che, come in un teatro, lasciavano spazio verso la parte di fondo, per attori o musicisti.
Acaon prese posto in prima fila con la sua famiglia, dietro di lui si sedettero i nobili, e  in fondo la gente comune.
Altair  fece entrare i musicisti -Inizierò io, per rompere il ghiaccio.
-Grazie.- gli disse Anna di cuore.
Con un profondo inchino e un sorriso disinvolto, Altair si rivolse al pubblico. Non dava alcun segno di insicurezza, era un attore nato.
-Signore e signori, stesera ho l’onore di cantare una canzone d’amore insegnatami dalla nostra ospite.
La musica iniziò suadente e Altair cantò con una voce profonda e ricca di sentimento. Tutti l’ascoltavano rapiti.
 
Quando brami strane tentazioni
quando vuoi oscure sensazioni
nella notte senti immensi sogni ardenti,
notte lieve colma di splendore
chiama, senti,  offrile il tuo cuore.
Guarda gli occhi miei
come in sogno ti vorrei
non sarà la luce che davvero vuoi
la notte è dolce musica per noi.
Chiudi gli occhi ed arrenditi adesso puoi
per salvarti i tuoi sogni infiammerò
chiudi gli occhi e il tuo Saielo sarò
sensazioni dal tuo calice berrò.
Notte nera, che ti avvolge adesso
finalmente sei in mio possesso
vivi e capirai
nell’immenso volerai
se non hai confini, so che tu lo vuoi
la notte è dolce musica per noi.
Senti ormai la ragione tua fugge via
coi pensieri di un mondo non più tuo
volerò dove offenderci non può
con l’idea che forse in me ti avrò .
 
Altair la fissava negli occhi come se fosse cantando solo per lei, e la volesse attirare nella sua tela di note. I suoi capelli rossi, sembravano più scuri nella luce delle torce e gli occhi quasi neri, ricordandole il tenebroso Fantasma dell’Opera. Un brivido le percorse la schiena.
 
Folle scorre velenosa ebbrezza,
dammi, ama, prendi ogni carezza
resteremo qui, lascia nascere così
quell’immagine d’amore che tu vuoi
può tutto questa musica per noi.
Evochi mia musa se lo vuoi
sempre immensa musica per noi.
 
All’improvviso alle sue spalle apparve un nero cielo stellato, Anna sobbalzò spaventata, poi mentre Altair finiva la sua esibizione si sentì una risatina e in piedi vicino alla poltrona di Acaon vide l’arcimago che batteva le mani assieme a tutto il pubblico.
-Bravo Altari, un’esecuzione toccante.- disse sorridendo.
Altair si inchinò accettando il complimento –Grazie, era l’aria ad essere bellissima. E grazie te per i tuoi effetti speciali. Questa canzone fa parte di una storia che va recitata cantando e i musici, insieme ai nostri cantanti, sperano di riuscire a metterla in scena in breve tempo.
La gente sentendo questo applaudì ancora più forte.
-Naturalmente, la nostra ospite, che l’ha già vista rappresentata nel suo mondo, ci dirà una mano per costumi e scene, e sono certo che lo spettacolo sarà indimenticabile. Forza Anna alzati e vieni qui, è soprattutto a te che vanno questi applausi.
Anna si alzò e lo raggiunse, sentendosi il viso in fiamme. Anna farà questo, Anna farà quello, non avrebbe potuto chiedere la mia opinione prima di parlare? Certo era vero che voleva che i musici imparassero tute le canzoni del suo mondo che aveva sui cd, ma tuttavia si sentiva come una pedina senza volontà.
Facendosi forza, sorrise al pubblico che ora acclamava lei.
-Grazie.- disse sorridendo. Altair le portò una sedia, lei si sedette davanti al pubblico, mentre lui prese posto in prima fila accanto al padre.
-Mi è stato chiesto di raccontarvi stasera una storia del mio mondo. Ero molto indecisa, poiché conosco infinite storie, d’amore, di guerra, di dei ed eroi e di uomini comuni. Ma, visto che la richiesta veniva dalla piccola Lilis ho deciso per una fiaba che da secoli incanta le bambine del mio mondo, si intitola Cenerentola. C’era una volta in un regno lontano lontano una bimba rimasta senza madre…..
 
 
La serata era stata un successo, Lilis aveva adorato la favola di Cenerentola e tutti le avevano chiesto di raccontare una storia ogni sera, dopo l’esibizione del loro bardo. Lei aveva accettato.
Persino Saiel, mentre la riaccompagnava alle sue stanze, si era complimentato per la morale che la storia che aveva raccontato insegnava ai bambini.
La mattina dopo però, quando Anna si svegliò, riuscì solo a pensare che purtroppo non si era trattato solo di un sogno. Era reale. Si trovava in un'altra dimensione. Sola. Non pianse, ma avrebbe voluto farlo.
Come se ciò non bastasse, quel giorno avrebbe iniziato il suo addestramento.
Anna non sapeva cosa aspettarsi, ma di una cosa era certa. Se esisteva un modo per tornare nel suo mondo sicuramente aveva a che fare con la magia, perciò lei doveva imparare il più possibile. La sera prima aveva detto a Saiel di dire a Roscel che la mattina dopo non avrebbe avuto bisogno di lei, così ora aveva un po’ di tempo per sé.
Andò in bagno a rinfrescarsi, poi indossò i vestiti del suo mondo, che Roscel aveva lavato, e si sedette al tavolo davanti al suo block notes per riordinare le idee.
Ogni sua mossa in questo mondo doveva essere studiata e ponderata. Non aveva alleati per ora, poteva contare solo su se stessa. Iniziò a scrivere ciò che per ora sapeva:
 
 
Io   -   Quattro clan
 
stare in guardia   Spie e traditori, chi?
pericolo   Magia = controllo
raccogliere informazioni   Lotta per il potere
sapere = potere = protezione   Chi ricaverebbe potere grazie alle sei belve?
non fidarsi di nessuno   Cortigiani = complotti
scappare dove?  
 
Anna amava la storia e aveva studiato molti libri sulle corti e i loro intrighi, le guerre fra regni, ora doveva sfruttare tali conoscenze.
La prima regola era non sbilanciarsi e non prendere posizioni. La seconda non fidarsi di nessuno. Ciò che spinge gli uomini a lottare e complottare è la voglia di denaro e potere, doveva individuare le fonti di potere di questo mondo e capire come potevano essere ottenute. Capire la loro gerarchia sociale. E non lasciarsi mettere in una posizione tale da rimanere invischiata nella loro politica.
Loro pensavano che lei avesse potere, volevano controllarla, annetterla indissolubilmente al loro clan, in modo che stesse dalla loro parte e quale era stato il metodo usato per secoli per cementare alleanze? Il matrimonio.
La sera prima aveva notato che non solo Altair (che essendo figlio del capo aveva sempre la precedenza) ma anche molti altri nobili, tutti uomini e scapoli, le erano stati sempre attorno.
La cosa era molto sospetta, ma si sarebbero presto accorti che lei non intendeva fare il loro gioco. Si sarebbe informata se esistevano situazioni che avrebbero potuto costringerla a sposarsi e le avrebbe evitate accuratamente.
Forse sarebbe stato meglio anche imparare qualche mossa di autodifesa, Saiel era pur sempre del clan e lei doveva fare affidamento solo su lei stessa. Se avesse scoperto di possedere dei poteri come loro credevano, tanto meglio, sarebbero stati un’arma importante.
 Sospirando si alzò e si preparò per incontrare il suo maestro di magia: l’arcimago. Quando Acaon le aveva detto chi sarebbe stato il suo insegnante, Anna era rimasta di sasso. Non voleva rivedere l’arcimago dopo l’incontro avvenuto in bagno, ma non voleva nemmeno raccontare ad Acaon cosa era accaduto, perciò era rimasta zitta, fingendo di non sapere chi fosse l’arcimago, e accettandolo di fatto come maestro.
 
 
L’arcimago la stava aspettando in una specie di stanza-laboratorio, piena di libri e di tavoli che ospitavano tante ampolle di varie misure, piene di liquidi misteriosi.
-Benritrovata Anna.
-Vorrei poter dire lo stesso.
-Non sarai ancora arrabbiata per il piccolo incidente occorso durante il nostro primo incontro, spero. Mi spiace se ti ho messo in imbarazzo. Non vorrei questo ci impedisse di lavorare in armonia sui tuoi poteri latenti.
-Avrei preferito che ‘l’incidente’ non fosse capitato, ma comunque accetto le tue scuse e ti prometto che cercherò di seguire i tuoi insegnamenti.
-Benissimo. - disse lui sorridendole felice. -Non ho mai provato a risvegliare i poteri di qualcuno, tu sarai la prima.
-Sempre che io abbia questi poteri.
-Sempre che tu li abbia. - confermò lui
-Qui tutti avete dei poteri legati all’elemento del vostro clan?
-Si narra che una volta tutti li avessero e anche molto potenti, poiché eravamo vicini alla natura e agli dei, ma allontanandoci da essa e dagli dei ci siamo indeboliti. Pochi nel popolo sono in grado di usare il potere per cose più complicate che accendere un fuoco o scaldare l’acqua, mentre i nobili hanno più potere grazie a matrimoni combinati allo scopo di conservare i poteri della loro casta.
-E questi nobili non hanno mai figli illegittimi nel popolo, persone con poteri notevoli magari, che sarebbero più che degne di stare a corte tra i nobili visti i loro poteri?
L’arcimago rise di cuore. -Oh certo. Vedo che i nostri mondi sono molto simili. Questi figli, non ufficialmente riconosciuti, spesso, se hanno potere, vengono o adottati da coppie nobili che non hanno potuto avere prole o diventano soldati. Pur di mantenere il potere siamo pronti a passare sopra alla differenza di ceto.
-Molto intelligente da parte vostra.
-Già. Ora sarà meglio che ti spieghi cosa è questo nostro potere. Ènel nostro sangue, una forza che viaggia dentro il nostro corpo, e che noi possiamo chiamare e fare uscire per usarla fuori da noi stessi. Come quando emetti dei suoni con la bocca e parli, così noi usiamo il potere.
-Vi viene naturale, come parlare e camminare, quindi è come se io fossi muta.
-Esattamente e insegnare a parlare a un muto non è facile, bisogna insegnargli un alfabeto diverso fatto di segni, e con te dovremo fare affiorare il potere in un modo diverso. Non so ancora quale, però.
Speriamo non si inventi qualcosa del genere scienziato pazzo, pensò Anna.
-Cos’è uno scienziato pazzo?- le chiese l’Arcimago.
Anna strabuzzò gli occhi.
-Mi sono scordato di dirti che posso leggere i pensieri superficiali della gente, se voglio.
-O mio Dio.
-Non è così grave.
-Sì che lo è, tu puoi leggere i miei pensieri!
-Non sempre.
-Grazie tante questo mi rassicura molto.- disse Anna sarcastica.
-Posso sentire solo i pensieri superficiali, ma solo se io mi concentro e se la persona in questione li pensa molto intensamente.
-Ci mancava solo questo, chissà come ti diverti a frugare nella testa delle persone.
-Affatto, certo a volte è utile, ma per lo più mi rende antipatico alla maggior parte delle persone, e credimi ci sono cose che è meglio non sapere.
Anna gli credeva. Certo l’arcimago era un po’ troppo scanzonato per i suoi gusti e molto diverso da lei, ma concordava con lui, leggere nel pensiero doveva essere, a volte, un grande peso da portare. Non le sarebbe piaciuto avere un tale potere.  –Io ti credo.
Lui le fece un enorme sorriso. -Sei la seconda persona che mi ha creduto quando ho detto questo.Tutti gli altri pensano solo ai vantaggi e non agli svantaggi del potere. Di qualsiasi potere.
-Purtroppo, ed è perché pensano questo che si ammazzano tra loro per ottenere più potere. Chi è stata l’altra persona?
-Saiel. Siete più simili di quanto sembri, anche lui disapprova il mio carattere come te. Non capisco proprio perché. - e si mise a ridere.
Le piaceva la sua risata e al tempo stesso non le piaceva: era contagiosa, e lei ne diffidava.
-Mi accorgo solo ora che non so il tuo nome, tutti ti chiamano solo arcimago.
-Èusanza chiamare i maghi e gli arcimaghi solo così per incutere in loro modestia. Per evitare che ci montiamo la testa, veniamo privati della nostra identità. Una cosa infantile, secondo me, il mio nome è Wes. E ora che ci siamo presentati e studiati a vicenda, possiamo cominciare. Direi che potremmo provare con la meditazione, per farti raggiungere il nucleo di potere che è dentro di te. Poi proveremo a tirarla fuori che ne dici?
-Va bene. Ma prima c’è una cosa che voglio chiederti.
-Vuoi chiedermi se esiste un modo per farti tornare a casa, vero?
-Sì.
-Anna, che io sappia non è possibile. Non sappiamo prevedere l’apparizione dei portali. E queste apparizioni sono rarissime. E se anche comparisse un portale non potremmo sapere dove conduce. I nostri poteri sono molto minori di quelli dei nostri antenati e neppure loro potevano controllare i portali dimensionali. Ma tu sei protagonista di una profezia. Potresti possedere poteri molto speciali. Tu potresti rendere possibile ciò che sembra impossibile. Perciò ti dico, non perdere del tutto la speranza, ma non basare la tua vita qui su di essa.
 
 
 
E fu così che ebbe inizio per Anna, una nuova vita, una nuova routine. Ogni giorno si alzava, andava a meditare con Wes, senza alcun risultato, almeno per ora. Poi andava a pranzo, poi dai musici per nuove istruzioni, poi dai pittori a controllare i lavori. A volte prima di cena trovava il tempo di andare nei giardini dai bambini a scherzare un po’ con loro e raccontare favole. Parlava, mangiava, faceva quello che doveva, ma senza anima.
Si era imposta di non guardare più di una volta al giorno le foto che aveva sul cellulare. Temeva che se avesse lasciato che la sua mente guardasse al passato più spesso, non avrebbe più trovato la forza di andare avanti nel presente. Ma questa limitazione non aveva cancellato la sua malinconia.
Anche l’arcimago aveva notato la sua mancanza di attenzione. - Tu sei qui, ma è come se non ci fossi, non faremo mai progressi in questo modo.
Altair che a volte veniva a trovarla durante le lezioni si indignò. -Si impegna molto invece, forse è il tuo metodo ad essere sbagliato.
L’arcimago sollevò un sopracciglio. - Il maestro qui sono io, e tu non puoi certo parlare visto che invece di seguire gli esercizi le fissavi il petto mentre respirava profondamente per entrare in meditazione.
Altair arrossì leggermente e Anna lo fissò corrucciata e imbarazzata.
-Questa è una cosa che avrei preferito non sapere. - disse all’Arcimago, per poi virare il discorso su binari più sicuri. -Comunque è vero, io stessa mi sento come bloccata. Forse è lo stress di tutti i cambiamenti non lo so, ma a volte mi sento come scoppiare vorrei sfogarmi ma…….qui non avete una discoteca.
-Discoteca?- chiesero assieme Altair e Wes.
-Io ho bisogno di sfogarmi, bruciare energie in eccesso, e adoro ballare, è la mia valvola di sfogo. Una discoteca è un locale dove la gente va a ballare.
Altair sorrise felice di aver capito cosa lei voleva. -Qui noi organizziamo dei balli molto sontuosi, posso chiedere a mio padre..
-No.- lo interruppe Anna. -I vostri balli, sono probabilmente feste dove i nobili del territorio vengono al castello, e parlano di politica tra loro. Sì ballano, ma balli molto codificati e rigidi, o sbaglio?
Altair la guardava stranito – La tua descrizione è piuttosto accurata.
-Una discoteca è molto diversa. Prima di tutto ci vanno solo i giovani, perché la musica che vi si suona è veloce, scatenata e ritmata. Non si parla, perché la musica è troppo alta e la gente semplicemente si lascia andare e si scatena. Balla come vuole e si lascia andare senza inibizioni.
Gli occhi di Altair si erano progressivamente allargati mentre Anna parlava e ora la guardava sorpreso e scandalizzato, mentre l’Arcimago sembrava molto interessato all’argomento, perfino troppo.
Anna arrossì capendo che entrambi dovevano aver inteso che la discoteca era un sinonimo di bordello dalla sua descrizione.
-Non avete capito nulla. Non succede niente di sconveniente. Si balla e basta.
Altair sospirò di sollievo. -In questo caso, potremmo cercare di trasformare una delle sale del castello in discoteca, non dovrebbero esserci problemi. Basterà che chieda qualche favore. Ma se faccio questo per te, voglio una promessa.
-Quale?
-Che ballerai con me.
-Tutto qui? Non chiedi molto. Va bene, ballerò con te.
-Perfetto. Cosa devo sapere per organizzare il tutto? – le chiese con un sorriso soddisfatto degno di un gatto che ha appena ingoiato un grosso canarino. Anna si chiese se per caso non si fosse messa in trappola da sola, ma ne valeva la pena pur di ballare.
-Dunque, direi che è meglio che tu metta in chiaro che solo i giovani interessati a divertirsi e che amano il ballo devono venire, niente persone imbalsamate, rovinerebbero l’atmosfera.
-Imbalsamate?
-Rigide, noiose.
-Capisco.
-Poi la sala deve essere piuttosto buia e per la musica…Arcimago puoi fare in modo che la musica del mio walkman si senta in tutta una stanza ad un alto volume?
-Certo, è quell’aggeggio con le cuffie che hai dato ai musici, no? Dovrò solo amplificare il suono.
-Allora tu ti occuperai della musica, e tu Altair, degli inviti e della sala.
L’arcimago si voltò verso Saiel. -Per favore puoi smetterla di deplorarci per la nostra poca serietà? La tua disapprovazione bombarda la mia mente e non è per niente piacevole.
Anna guardò Saiel poi Wes. –Cos’è che non approva?
-Crede che divertirsi non sia il modo giusto per risolvere i problemi e - si voltò verso Altair -che Altair non dovrebbe sempre fare tutto quello che tu gli chiedi.- aggiuse con un sorrisino.
Altair guardò Saiel in cagnesco prima di alzarsi e uscire dalla stanza.
-Ecco ora si è offeso.- sospirò Anna.
-No. Si sente solo sminuito nella sua virilità, non gli piace rendersi conto che si comporta come un bambinetto innamorato nei tuoi confronti, mentre di solito gli basta schioccare svogliatamente le dita per avere tutte le donne che vuole.
-Lui non mi vuole veramente è solo amichevole nei miei confronti. E tanto per mettere bene in chiaro le cose da dove vengo le donne non sono cani, da chiamare schioccando le dita.
-Lui ti vuole, lui vuole tutte, ma non si immaginava di volerti così tanto.- le disse l’arcimago.
-Sai quando abbiamo parlato delle cose che è meglio non sapere, ecco questo  rientra in quelle cose. -disse imbarazzata -Ho gia abbastanza problemi senza metterci anche l’amore.- poi si voltò verso Saiel -E tu non fare tanto il superiore, perché, visto che il tuo dovere è scortarmi ovunque voglia andare, dovrai venire anche tu nella nostra discoteca.
L’arcimago scoppiò a ridere -Certo che tu gli uomini non li tratti certo con i guanti. Mi piace questo tuo modo di fare, mi piace molto. -e la guardò con uno sguardo caldo che non le piacque affatto.
-Non mettertici anche tu adesso. Sarà meglio che vada in giardino, ho promesso ai bambini di raccontare loro la storia di Cappuccetto rosso.
-Vengo con te.- disse Wes. -Voglio sentire anch’io la storia.
 
Anna avrebbe dovuto immaginare che Wes non sarebbe riuscito a starsene seduto ad ascoltare senza partecipare e infatti quando il racconto era arrivato alla parte dove il lupo travestito da nonnina cercava di ingannare Cappuccetto, l'Arcimago si era offerto di fare la voce del lupo, leggendo le sue battute nella mente di Anna, ed era stato un successone.
-Ma che occhi grandi che hai, nonna.
-Sono per guardarti meglio.
-Che bocca grande che hai.
-Èper mangiarti meglio.-  e poi Wes si era alzato per inseguirla ruggendo per il giardino. Poi mentre Anna raccontava di come il cacciatore uccideva il lupo e gli apriva la pancia, Saiel aveva mimato l’atto di aprire la pancia di Wes col coltello. Era stato spassoso.
Ora Anna stava tornando alle sue stanze, ma prima di entrare si voltò verso Saiel.
-Scommetto che ti sei divertito  a uccidere l’arcimago per finta.
-In effetti. - ammise lui, con un debole sorriso, ma poi tornò serio.
 -Ma penso ancora che tu stia sbagliando, ballare e divertirti non risolverà nulla.
-Probabilmente, ma per una sera, forse, non penserò incessantemente a quello che ho perduto. E questo mi aiuterà a tirare avanti.
-Andare avanti non basta, devi tornare a vivere. E per questo ci vuole tempo. Tempo per rassegnarsi e trovare nuovi affetti che ti diano forza e sostegno.
-Parli per esperienza?
-Sì.- e non aggiunse altro.
Anna avrebbe voluto chiedergli cosa aveva perso, ma non lo fece per pura codardia. Non voleva sentire le perdite subite dagli altri, ma crogiolarsi nell’autocommiserazione personale.


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