Nacque nel 1747 ad Abbeville, in Piccardia, da una famiglia umile e di scarsa istruzione. Era una giovane donna ambiziosa e che credeva nelle proprie capacità, ma non la potremmo definire proprio una Signora; pare infatti che i suoi modi fossero un tantino troppo brutali e rozzi. Tutto ciò non le impedì comunque di trasferirsi, coraggiosamente, a Parigi compiendo un viaggio di circa 170 chilometri per andare a lavorare come apprendista nella boutique di una sarta, tale Mademoiselle Pagelle, chiamata Trait Galant. Ed è proprio qui che si farà conoscere dalla Principessa di Conti, dalla Duchessa di Chartres e dalla Principessa di Lamballe, tutte molto vicine alla Regina. Ormai apprezzata dalla maggioranza delle nobildonne francesi per il suo lavoro, venne presentata alla delfina Maria Antonietta, esattamente nel 1772, la quale le diede anche i mezzi per aprire una boutique in proprio, che venne chiamata "Le Grand Mogol".
Incontrava la regina due volte la settimana, le mostrava le sue creazioni e raccoglieva le idee eccentriche e bizzarre della propria illustre cliente. Quando veniva informata dell'arrivo della sua couturière, Maria Antonietta lasciava sole le sue dame e si ritirava negli appartamenti privati per lunghi conciliabili con la venerata artista, per ideare e lanciare insieme a lei una moda ancora più pazza di quella precedente.
La bravura della Bertin è accentuata anche dall'arduo compito che doveva compiere.
Ogni mattina, infatti, la già esigente Maria Antonietta doveva decidere cosa indossare per il giorno.
E non era semplice come per noi, che apriamo l'armadio, che al massimo ha qualche anta, e scorriamo i vestiti che abbiamo decidendo cosa abbinare a cosa.
Per non impazzire o impiegare, come in realtà faceva, buona parte della giornata nel boudoir, la regina fissava, su un grosso libro pieno di campioncini della stoffa di ciascun abito pronto in guardaroba, uno spillo sul prescelto; poi consegnava il tutto alle varie serve che si preoccupavano di procurare gli abiti e gli accessori selezionati e portarli alle altre serve che erano incaricate di vestirla.
Vi dirò che mi è venuta la voglia di farmi un libro anche io con le stoffe dei miei vestiti. Ho paura però che verrebbe fuori poco pià di un opuscoletto! Ma non divaghiamo.
Fino ad ora abbiamo parlato del lavoro di Rose come conseguenza della fissa di Maria Antonietta per l'abbigliamento. Ma possiamo dire che in realtà fu proprio l'arte di mademoiselle Bertin che permise alla sovrana, fino a quel momento molto semplice in fatto di abbigliamento, di adottare ogni giorno una nuova moda, facendo divenire il vestiario una delle sue occupazioni principali.
“Se il primo pittore o scultore del Re si occupasse soltanto a moltiplicare l'immagine del Re, credete voi che egli potrebbe raggiungere quella perfezione che non si acquista, se non con la varietà dei lavori e con il paragone che ne risulta? Non dobbiamo noi, forse, alla concorrenza e alla emulazione quei capolavori che adornano i nostri musei e i nostri palazzi?”
Nel suo negozio la Bertin vendeva anche articoli già confezionati: grandi cuffie, cappelli ornati di fiori e piume, mantelline, mantelli con pelliccia, colletti, cravatte, fazzoletti di seta, fisciù di velo, manicotti, ventagli, cinture, guanti, scarpe, ciabattine ricamate e migliaia di altri ninnoli. Era impossibile uscire dal Grand Mogol a mani vuote. Alcune dame arrivarono a corrompere con forti somme “il ministro della moda ” come ormai era chiamata Rose, perché confezionasse loro un modello che la regina stessa non avesse ancora portato. Come disse la Bertin stessa:
“Mai le donne di Francia hanno speso tanti denari per rendersi ridicole” .La regina era imitata da tutte le signore, e le spese delle giovani dame aumentarono sempre più; madri e mariti cominciarono a mormorare; alcune signore contrassero debiti e si ebbero così scenate familiari; parecchie coppie si guastarono o almeno raffreddarono. Presto si mormorò che la regina avrebbe spinto alla rovina le signore francesi. Ogni veste della sovrana diventava una moda e ogni signora si sentiva obbligata a scimmiottare tutti questi eccessi.
"A Napoli, tutti vanno vestiti alla francese, ma con cattivo gusto! L'uso degli uomini è di portare quasi sempre il cappello sulla testa, vestiti o no. Quanto alle donne, non è in altezza nè in lunghezza che si pettinano: è in larghezza. Non è sorprendente vedere delle arricciature dai diciotto ai venti pollici di larghezza. Quanto è lontano tutto ciò dal gusto dal gusto disinvolto che noi conosciamo così bene in Francia, e che fa lo charme della vita. Il gusto dei toupets più che salire verso l'alto come anni fa a Parigi si è esteso, e lo si prolunga così prodigiosamente dietro alla testa, che il cappello non riesce a coprirne che la metà, il che lascia spazio a una specie di cuscinetto dietro, con l'effetto più ridicolo".Insomma, evidentemente l'eterna rivalità Italia-Francia ha origini antiche, e modaiole!
Ma, potremmo chiederci, quanto doveva costare tutto il lavoro che faceva mese dopo mese la Bertin per matenere lo status di arbiter-elegantiarum della Regina, e la fama di ineguagliabile eleganza e charme della corte francese? Non lo sappiamo con certezza, ma certamente molto, dal momento che le folli spese della Regina furono uno dei motivi che le costarono la testa!!
Con la raccomandazione di non spendere troppo, anche se avete un marito o un padre accondiscendente come il Delfino, se non volete rischiare una finuccia come quella dell'ultima regina di Francia, vi saluto e vi aspetto al prossimo post.
Con affetto,Irene