Può il troppo genio uccidere? Domanda che presuppone anche “la fama può distruggerti”? E qui so già che si alzeranno in piedi e drizzeranno le orecchie i vari fan di Kurt Cobain, Jimi Hendrix, Marylin Monroe, John Lennon, Amy Winehouse eccetera eccetera. Ma io, per voce (scritta) di Michele Mari, sto intercettando i fan del diamante, colui che ha ispirato (forse) il più grande gruppo rock (era solo rock?) del mondo e che ha vissuto la più assurda fine non fine di tutte: Syd Barrett, membro (ma anche fondatore, anima, ideatore, cantore e allo stesso tempo negletto, respinto, esluso) dei Pink Floyd.
Tante le parentesi e i punti interrogativi – non (solo) perché mi garbavano stilisticamente, ma – perché tanti sono le domande e i dubbi che circondano la storia dei Pink Floyd e quella personale di Barrett, incrementandone la leggenda; tante quante ne servissero a Michele Mari perché ne tirasse fuori un romanzo interessante ed appassionato, costruito in contributi esterni ed interni di personaggi e protagonisti in prima persona, utilizzando veri episodi e dichiarazioni con false (o forse no? certamente, molto vicine alla verità) spiegazioni, opinioni e pareri di amici, parenti, altri musicisti ed anche qualche cineasta…
Affastellando una quantità di informazioni e narrazioni corali, Mari dà forma a un impianto narrativo che non rientra nel canone classico di “romanzo” e che è, come qualcuno ha già detto, molto simile ad un viaggio. Non poteva che essere un viaggio allucinante e psichedelico, in effetti, il non-romanzo sui Pink Floyd, in cui l’unica droga di cui avrete bisogno per andare in estasi sono le parole di Mari, che cavalcano una fantasia irriverente ma al tempo stesso aderente alla realtà, raggiungendo l’effetto (perfetto) di verosimiglianza, spingendo a chiedervi continuamente «ma questa cosa è vera o falsa?» – e giù di google…
Sul palco di un immaginario tribunale tutti vengono ascoltati e interrogati. Una ricerca inquisitoria, certosina, professionale, in cui alcuni giungono anche solo per lamentarsi, altri per confessarsi, secondo i tipici dettami del fanatismo musicale e non, per scandagliare la vta di Barrett e dei componenti del gruppo. In questa lunga auscultazione di testimoni a vario titolo, intervengono anche l’uomo cane, l’uomo gatto, l’uomo topo e l’uomo cavallo, ossia i quattro Pink Floyd; quattro, perché uno ne è escluso, sottinteso Syd. Che nonostante l’assenza, riempie le pagine di tutto il libro, e la testa (nonché la musica, direbbero alcuni) di tutti quelli che parlano. Lo sfortunato crazy diamond parla attraverso le citazioni degli altri (vere o presunte tali, false e azzeccatamente ideate da Mari) e si tenta di capire cosa sia successo a quella scintillante mente, ottenendo il risultato non di risolvere il mistero (eresia!) ma di una pervasiva assenza, di una invasione del personaggio muto Syd. Chissà che Mari lo abbia zittito perché già aveva detto (dato) troppo nella sua vera vita o forse per timore riverenziale davanti a uno dei suoi artisti preferiti. Chissà, ma il dilemma non è certo questo in Rosso Floyd.
E se da una parte c’è un viaggio e dall’altra c’è il tribunale tecnico, i due elementi si aggregano solidamente, imprescindibili e complementari: Pink e Floyd, due musicisti, due nature della stessa band, quella psichedelica, svalvolata, fantastica e sperimentale, e quella precisa, cristallina, perfetta, creata a tavolino. Insomma,i siamesi:
Il mostro rosa si torce verso il mostro fluido azzannandogli il collo. Il mostro fluido, com’è solito fare in queste occasioni, affonda tutte le unghie nella schiena del congiunto, lacerandogli le carni in profondità. E un sangue chiaro scorre copioso lungo il loro unico corpo fremente, un sangue rosa che sceso a terra fluisce e fluisce.
Sappiate che dovrete prendere parte ad una guerra multipla e ogni volta scegliere in quale fazione stare: con o contro Syd, innanzitutto? Meglio loro prima, quando c’era ancora lui, o gli album dopo, senza di lui? E poi, di guerra in guerra: con Roger Waters, il dittatore, il maniaco del controllo, il lirico, l’amico di infanzia e il Roger originale, o con David Gilmour, l’affascinante, il docile, il saggio, il supremo chitarrista, sublime rimpiazzo di Syd? O ve ne andrete con Rick, il freddo, accademico, l’unico vero musicista della band (!), o con Nick, il batterista, presente dall’inizio alla fine, che ha suonato con tutti (contro tutti), autore dell’unica biografia ufficiale del gruppo, Inside Out?
Di pezzettino in pezzettino, di storia in storia, di verità in verità, che siate o meno fan dei Pink Floyd, di cui certamente avrete ascoltato (o ri-) alcuni pezzi, divenuti novelli (o rinsaldati) fan di Michele Mari, Rosso Floyd splenderà come un great gig nel vostro scaffale libreria.
Michele Mari, Rosso Floyd, Einaudi, 2010, € 20