Magazine Politica

Rouhani twitta per il #GenderEquality, ma in Iran la discriminazione della donna e’ legge

Creato il 07 agosto 2015 da Nopasdaran @No_Pasdaran

Twitter si conferma la piattaforma social dove i rappresentanti iraniani diffondono maggiormente la loro propaganda. Lo stesso mezzo che aveva unito i manifestanti di Teheran contro il regime nel 2009, e’ oggi usato da personaggi come Rouhani e Khamenei per “predicare il verbo”, ovvero promuovere una nuova immagine della Repubblica Islamica. Peccato che, buona parte dei tweet che vengono postati, non abbiano un reale riscontro in Iran. Ieri, ad esempio, il Presidente iraniano ha twittato in favore dell’uguaglianza di genere, relativa in particolare all’occupazione e all’educazione. Qui sotto il tweet di Rouhani:

123

Davvero delle belle parole, se non fosse per il fatto che rappresentano una delle più grandi bugie mai sentite. Nella Repubblica Islamica, infatti, non solo la donna e’ discriminata, ma la discriminazione e’ anche legge. La stessa Costituzione iraniana (art. 21), toglia alla donna ogni tipo di caratterizzazione umana indipendente. E’ infatti demandato al Governo (e non alla legge) la protezione dei diritti della donna e la dignità delle madri e la creazione di Corti che “proteggano e preservino la famiglia”. Le stesse Corti presiedute da religiosi che promuovono la Sharia, l’obbligatorietà del velo e che valutano la testimonianza di una donna la meta’ di quella dell’uomo. Non solo, le stesse Corti che, applicando l’articolo 147 del Codice Penale, considerano le bambine dai “9 anni lunari in su” responsabili sotto il profilo criminale (i maschi dai 15 anni lunari in su).

Peggio: nel Codice Penale iraniano, sempre seguendo la legge Islamica, esiste un concetto chiamato “dyya“, ovvero una compensazione monetaria pagata alle vittime (o alle loro famiglie), in casi di omicidio o danno fisico e materiale. Secondo l’articolo 544 del nuovo Codice Penale iraniano, “la Dyya per l’uccisione di una donna e’ pari alla meta’ di quella dovuta ad un uomo“. In poche parole, la legge iraniana considera legalmente la vita della donna inferiore a quella dell’uomo. Cosi, secondo questo perverso principio, avviene che se un uomo mussulmano uccide una donna mussulmana, la famiglia di quest’ultima può richiedere la ritorsione nei confronti dell’assassino (il qisas), ma deve pagare al killer una cifra pari alla meta’ del valore della vita dell’uomo…davvero assurdo. Sempre secondo il Codice Penale iraniano, quindi, viene legittimato il “delitto d’onore” (articolo 630) e sancita l’obbligatorietà del velo. Per quanto concerne il velo, l’articolo 683 afferma che: “le donne che appaiono per strada e in posti pubblici senza l’hijab islamico, possono essere condannate ad una pena che varia da 10 giorni a 2 mesi di galera e punite con una ammenda che varia da 50 a 5000 Rial“. In questo periodo le donne iraniane si stanno ribellando all’obbligatorietà del velo, inviando le loro foto con i capelli al vento alla pagina Facebook “My Stealthy Freedom“.

Anche per quanto concerne i diritti di famiglia, le donne sono totalmente discriminate. La legislazione iraniana, infatti, legalizza il matrimonio dei minori: secondo la legge, infatti, e’ legare per una bambina essere data in sposa dall’età di 13 anni (per i maschi 15).  Recentemente la questione dell’eta’ minima del matrimonio e’ stata al centro di uno scontro tra Parlamento e Consiglio dei Guardiani: il Parlamento aveva infatti modificato l’articolo del Codice Civile che permetteva il matrimonio delle bambine dell’eta’ di 9 anni, innalzando l’eta’ minima ai 15 anni. Il Consiglio dei Guardiani ha opposto resistenza e, solamente dopo una mediazione tra i due rami del potere, l’eta’ minima e’ stata alzata a 13 anni. Sempre secondo il Codice Civile iraniano, quindi, alle donne e’ permesso avere un solo marito, mentre per gli uomini e’ autorizzata la poligamia (articolo 942 del Codice Civile). Anche per quanto concerne il divorzio e l’affidamento dei figli, la legge iraniana favorisce nettamente il marito rispetto alla moglie. 

Le donne hanno bisogno di un permesso scritto dei loro “protettori” (padri, mariti), anche per quanto concerne il diritto ad ottenere un passaporto per lasciare il Paese (art.18 relativo al rilascio dei Passaporti, del 1973) e per trovare un lavoro. Un marito  in Iran può infatti rifiutare alla moglie il diritto di lavorare, quando questo diritto “non e’ compatibile con l’interesse della famiglia o la sua dignita’ o la dignita’ di sua moglie” (articolo 1117 del Codice Civile). Non solo: per quanto riguarda le cariche pubbliche, la legge iraniana mette in chiaro come alcune posizioni debbano essere appannaggio unicamente dell’uomo. Nessuna donna infatti può diventare Presidente dell’Iran (articolo 115 della Costituzione), capo della Magistratura o Procuratore Generale (articolo 162 della Costituzione).

Concludiamo, ricordano che alle donne non e’ permesso l’accesso libero agli stadi (e per ora nulla sembra realmente cambiare in tal senso, nonostante il caso Ghoncheh Ghavami)) e che, proprio sotto la Presidenza di Rouhani, l’emittente di Stato IRIB ha imposto la segregazione di genere per i dipendenti delle radio e che, numerose donne attiviste dei diritti umani, si trovano oggi in carcere per le loro idee progressiste e democratiche. Tra loro ricordiamo Narges Mohammadi, Atena Farghadani e Atena Daemi.

Per maggiori informazioni in merito alla discriminazione della donna nella Repubblica Islamica, invitiamo a leggere il report “Gender Inequality and Discrimination: The Case of Iranian Women“, scritto dal Centro di Documentazione per i Diritti Umani in Iran.



Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog