Rugby in tv ... e in campo?

Creato il 30 marzo 2011 da Rightrugby

Difficile immaginare sport così diversi come rugby e golf. Uno "sporco e fangoso", l'altro immacolato. Uno la quintessenza della collaborazione cameratesca nel gioco di squadra, l'altro l'esasperazione degli skill fondamentali e la capacità di reggere individualmente alla pressione psicologica. Un punto in comune i due sport ce l'hanno, a guardar bene: si gioca all'aperto, in magnifici prati verdi attorniati da pubblico coinvolto, civilissimo e competente. Ne ha anche un altro: ambedue gli sport, dopo anni di false nomee (pericoloso e grezzo l'uno, snob l'altro), godono di una immagine nettamente positiva presso il grande pubblico.
La notizia che lega oggi golf e rugby a livello locale è l'invidia (non certo nostra: abbiamo imparato nel nostro tempo "da ex" ad apprezzare il golf, non ci facesse ogni tanto arrabbiare sul serio, essendo veramente come dicono gli inglesi "lo sport che ti umilia").
Emerge che la Federazione italiana del Golf, dopo aver da tempo colonizzato Sky col bravo Mario Camicia & Friends (come del resto ha fatto il rugby; ma si sa, la pay tv non fa testo per alcuni - quelli che come dice Giuliano Ferrara" parlano per il bene di tutti") sia riuscita a "strappare" alla Rai ampi spazi in palinsesto. Si tratta di due appuntamenti settimanali su Rai Sport, cinque tornei del tour americano in diretta e la Ryder Cup se ci saranno italiani, più uno spazio serale ogni martedì alle 22.30 con il meglio dell'ultimo torneo.
Non male per uno sport di nicchia, Rai Sport del resto per quello c'è (una delle poche realizzazioni realmente "educative" della missione Rai). Del resto il rugby vi ha già una partita del campionato di Eccellenza, senza contare il Top14 su Sportitalia. Capite bene però, la "conquista" dell'elitario golf cade a fagiuolo per scatenare la polemica: c'abbiamo 'sto rododentro delle partite della Magners Celtic League che travaglia la Nazione Ovale dopo la caduta di Dahlia Tv.
Ora, aldilà del contingente (oramai se ne parlerà per la prossima stagione), troviamo che se si riuscisse a spogliarsi di meccanismi mentali un po' fossilizzati e si ragionasse in termini di paragone ("best practices", direbbero quelli che sanno di marketing) invece che di invidia o ancor peggio, di calciottarda voglia di "colpevoli" invece che soluzioni (ci ha sempre molto fatto sorridere tutta 'sta voglia popolare di "meritocrazia per direttissima" dei pallonari, nel Paese più sindacalizzato del Mondo); proprio il caso golf potrebbe indicare vie praticabili per un successo più estensivo del rugby, anche mediatico.
Ne individuiamo volentieri alcune, di tali "best practices" indicate dal golf. Nello spirito di indicare metodologie un po' più professionali per rendere il rugby sport un po' più di massa (senza illusioni), rispetto a già sperimentate e sostanzialmente fallimentari esposizioni mediatiche fini a se stesse.
- Primo: il golf arriva in tv "in chiaro" (sia pur di nicchia), dopo anni di nobile vivacchiamento tra appassionati in pay-tv, sulla scorta non di fantomatiche "iniziative federali" ma di un anno di continui e massivi successi di rappresentanti nazionali. Quello è stato il VERO impegno della Federgolf, incentivare lo sviluppo di campioni nazionali. Della serie, il carro davanti ai buoi please: non è la tv a portare al successo ma il successo a portare in tv. Se fosse vero il viceversa, dopo anni annorum di Rai Sport e La7, il rugby dovrebbe essere più visto del Grande Fratello.
- Secondo: in tale ottica, l'aver battuto la Francia da parte della Nazionale è sicuramente un buon viatico ma la solita singola vittoria per anno non basta più, occorre uno step up, una differenza positiva rispetto al passato. Quanto alle Italo-Celtiche, il corso impressive della Benetton in casa e lo spiccare il volo degli Aironi che speriamo duraturo, potrebbero risultare interessanti per qualche Rete, sinora rimasta alla finestra.
- Terzo, ma siamo proprio sicuri che l'obiettivo mediatico debba essere lo sport poltronifico in tv? Non s'era sempre detto che lo sport, il rugby in particolare, ha un forte contenuto educativo? Come mai le società sane estere, calcistiche e non, hanno nella vendita di biglietti e nel merchandising le vere fonti pesanti di reddito, oltre il 50% del totale, mentre per le nostre ciò pesa solo un quarto o meno? Senza contare che, quanto deprimente è seguire una partita, anche di calcio, a spalti semivuoti? Solo la frequenza in campo e non in salotto, è propedeutica al vero obiettivo di ogni Federazione, l'aumento dei praticanti e non dei guardoni.
- Quarto, collegato al precedente: il golf coi suoi vertici una abilità l'ha avuta, è riuscito a far finalmente comprendere alla classe politica decotta e fossilizzata di un Paese conformista più che conservatore, nel senso che vive di clichè antiquati, il suo immenso potenziale turistico. Ho sentito personalmente una conferenza stampa la ministro Brambilla annunciare aiuti statali finalizzati alla costruzione di campi per il golf (vedremo se ci riusciranno), nelal finalità di estendere il potenziale turistico del BelPaese fuori dalle solite Roma, Firenze e Venezia. Nel suo piccolo, anche il rugby riesce a muovere settimanalmente centinaia di gallesi, irlandesi e scozzesi, per non dire in fase di Coppe Europee. Movimento quindi alberghi, pullmann, aerei, souvenir, pasti ... Ancora, meno poltrone e più gente allo stadio (e qualcuno mi deve spiegare cosa manchi a Monigo o allo Zaffanella rispetto a un Rodney Parade di Newport - in foto - solo perché ci andrà la Benetton nel weekend).
In sintesi, pianificare prima di tutto il successo sul campo, (uguale soldi e capacità manageriali di spenderli al meglio); riempire gli stadi (iniziative con le scuole, promozioni, terzi tempi fatti non solo di birra etc.etc.), e solo dopo sfruttare il successo aggiungendo la tv (che tra l'altro arriverebbe da sola e pure pagando, altro che gratis o investendo) non vedendola come succedaneo: questa sarebbe la sequenza virtuosa. Questo è pensare in grande, per lanciare; la partitina il sabato pomeriggio su Raisport sarebbe invece il deja vu, vivacchiare per sopravvivere non per espandere, elemosinando posticini da telecronista e spazi in Gazzetta. Alla fine annoierebbe anche il più fanatico dei supporters.
Non ci nascondiamo dietro un dito: l'italiano medio calcificato non ha il mito dell'outdoor activity come l'anglosassone, non sarà facile schiodarlo dal salotto. Ma tra tutti gli sport questa è una impresa possibile proprio per il rugby, uno sport che gode di uno "zoccolo duro" impareggiabile, sopravvissuto ad anni di magra incredibili per ogni altra disciplina, fatto in buona parte di gente "contagiata" perchè ha giocato o ha visto giocare live. C'è assoluta necessità di insistere con tale approccio, facendo TOCCARE CON MANO, quindi portando gente allo stadio, più che "telepoltronando".
Siamo sempre lì, al "tal contenuto, tal forma": il contenuto del rugby presuppone la forma della partecipazione live; una volta perseguita questa ha senso accogliere ben volentieri le televisioni et dona ferentes. Avendo già ottenuto il bel risultato di aver assestato pure i bilanci delle migliori società - o franchigie che siano. Come dite, si ma nel contingente chi ci trasmette la Magners League? Ok, allora non ci siamo spiegati.


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