La giornalista indipendente Ruqia Hassan è stata uccisa In Siria dai militanti dell'Isis con l'accusa di spionaggio. L'annuncio è stato diffuso da alcuni attivisti locali siriani, citati dall'associazione giornalista indipendente Syria Direct.
Ruqia Hassan aveva 30 anni e raccontava ogni giorno sui social come si viveva nella città siriana di Raqqa, roccaforte del sedicente Stato islamico. Utilizzava lo pseudonimo di Nissan Ibrahim.
“Ogni giorno stilava un resoconto dei bombardamenti sulla città di Raqqa”, racconta un suo collega reporter, Furat al-Wafaa.
Non si conosce la data esatta della sua esecuzione, anche se alcuni sostengono sia avvenuta a settembre del 2015. Il suo ultimo post risale al 21 luglio 2015.
Tra luglio e dicembre, Ruqia Hassan scomparve da Raqqa. La sua famiglia ha ricevuto notizia della sua morte solo tre giorni fa, secondo quanto riferito dal gruppo di attivisti siriani.
Aveva studiato filosofia all’università di Aleppo e successivamente si era unita ai gruppi di opposizione contro il regime di Bashar al Assad, quando la rivoluzione siriana era iniziata anche a Raqqa.
La donna si era sempre rifiutata di lasciare la città, anche dopo la conquista da parte del sedicente Stato islamico.
In uno dei suoi ultimi post su Facebook, risalente al 20 luglio 2015, Ruqia Hassan aveva risposto con ironia alla decisione di vietare il wi-fi nella città di Raqqa. Spesso scherzava sulle condizioni dei giornalisti che lavoravano nei territori controllati dall'Isis.
L’assassinio di Ruqia Hassan non è il primo compiuto dal sedicente Stato islamico nel territorio che i suoi combattenti controllano fra Siria e Iraq -- secondo quanto annunciato dalle forze statunitensi, nel corso del 2015 si è ridotto del 20 e del 40 per cento rispettivamente nei due paesi.
La stessa sorte toccò lo scorso 7 luglio del 2015 alla giornalista irachena Suha Amed Radi, che lavorava come reporter in un giornale locale con sede a Mosul.
Da alcuni mesi Ruqia Hassan era sotto la sorveglianza dei miliziani dell'Isis, accusata di essere in contatto con Sahawat, termine con cui i combattenti del sedicente Stato islamico si riferiscono all'Esercito siriano libero, che considera come traditore.
Fonte: The Post Internazionale