Forse per gli architetti e magari un po’ meno per gli agronomi sarà come aver scoperto l’acqua calda ma per me che non sono ne l’uno ne l’altro sopratutto per aver lavorato nei servizi formativi ai tecnici rurali, l’esperienza che ho fatto con alcuni architetti orientati all’accessibilità e al riuso mi ha indotto a fare questo titolo.
Ho messo ruralità perché è un discorso più raffinato del solo produrre, specialmente chi è orientato alle commodities o ai prezzi sulle borse merci, perché io studio ciò che manca al cittadino e che spesso l’ignaro agricoltore gli può offrire senza snaturare troppo il suo modello anche se va aggiornato.
Prendiamo l’arredo in un agriturismo: utilizzo di materiali poveri, semplici, avere una sala giochi per bambini ricorrendo ai giochi in legno , prediligere poltrone in vimini, mai usare la plastica, ecc..
Come orientare gli ipovedenti, eliminando spazi angusti, progettando bagni senza dover fare spostamenti anormali o giardini sensoriali. Sono accorgimenti che consentono un’alleanza fra imprenditori di servizio sociale e chi progetta dei beni non eminentemente confortevoli ma ampiamente accessibili.
Sono 2 milioni di persone che devono restare a casa o dover scegliere (ma oggi essenzialmente rinunciare) strutture ricettive spesso costose per avere serenità sue e di chi li accompagna.
Non parliamo poi dei parchi, dove potete vedere nella mia pagina dei progetti una proposta sociale e sperimentabile anche fra partner europei per avere luoghi aggregativi e di cittadinanza ampia . Più ci si parla meno si dubita dell’altro.
Di dialogo civile, oltre all’economia, ne abbiamo bisogno come il pane. Che gli agricoltori producano pure la farina , magari la Coldiretti ci aggiunge il prefisso zero!