Rush [Recensione]

Creato il 07 febbraio 2014 da Paopru

Il Rush si può intendere come l’ultimo sforzo in vista del traguardo, ed è l’azzeccato titolo del film di Ron Howard sulla leggendaria rivalità fra i corridori di formula uno Niki Lauda e James Hunt. Partendo dal presupposto che non tutti conoscono questi due personaggi, il film si gioca bene la carta della voce fuori campo, alternando prima quella di un protagonista e poi quella dell’altro. Da subito ci si chiede: ma questa è la storia di James Hunt che corre contro il cattivo Lauda per vincere il mondiale, o è la storia di Lauda contro il piacione Hunt? Non è una storia che esalta la mente calcolatrice di Lauda a discapito dell’atteggiamento molto hippy del rivale, ne l’esaltazione del prendere la vita un po come viene senza pensarci troppo, tipica dell’ Hunt-pensiero. L’equilibrio che si crea nella narrazione è più che notevole, non descrivendo mai nettamente eroi e antieroi. Ognuno dei due protagonisti ha sfumature positive e sfumature negative del proprio carattere, sarà tuttalpiù lo spettatore a sceglie chi per lui è il protagonista del film e chi l’antagonista.

La storia racconta l’accesa rivalità tra i due piloti, emersi dalle ceneri di una vita che stava loro stretta. Entrambi sono spinti dall’ambizione, ma le motivazioni sono diametralmente opposte. James Hunt è bello, spavaldo, istintivo; è un gran scopatore e bevitore, non tratta nulla con la necessaria serietà e si fa letteralmente di adrenalina. Niki Lauda è figlio di un imprenditore austriaco che vuole fare tutt’altro nella vita che essere un avvocato o un contabile. Freddo e calcolatore, vive con ferrea disciplina, senza eccessi, disprezzando i rapporti umani.

Parlare di Niki Lauda significa parlare anche del famoso incidente che lo coinvolse a Nurbugring nel 1976, in cui rimase per quasi un minuto imprigionato nella sua vettura in fiamme, esposto a più di 800 gradi. I danni riportarti lo sfigurarono per sempre, lesionandogli oltre che il volto anche i polmoni. Un avvenimento che in tutta la sua drammaticità nel film viene narrato come occasione di riscatto verso un destino baro, esaltando la forza d’animo di un uomo determinato a ritornare in pista ad ogni costo.

Chris Hemsworth si conferma come un attore in ascesa verticale, in grado di recitare anche senza il costume di Thor per distinguersi in ruoli più impegnativi e drammatici. Daniel Bruhl non è da meno, anche se la sua performance sembra spesso oscurata da quella del collega. Vero è che il regista Ron Howard crea un film ad alto contenuto adrenalinico in stile anni ’70, con un’attenzione ai dettagli quasi maniacale nella difficile impresa di ricostruire in modo esaltante la competizione in pista, tutta velocità e alta tensione. Ricompare anche l’immenso Pier Francesco Favino, sempre più legato ai progetti del regista e stavolta nei panni del veterano della pista Clay Ragazzoni. Domanda di rito: come è possibile che un film così non sia in corsa per un oscar? Misteri della critica cinematografica.


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