Non saprei dire quanta reale rivalità ci fosse tra i due piloti, credo che la mano drammaturgica abbia calcato un po' la mano e che Morgan l'abbia portata fino al massimo possibile per creare una sorta di mitologia, cosa che ai fini del racconto è anche accettabile soprattutto considerando gli intenti rievocativi di un periodo irripetibile. Howard da parte sua si concentra molto sulle due distinte personalità di Hunt e Lauda, sulla loro vita privata e sul loro differente modo di affrontare la vita, la morte e quindi le corse. La Formula 1, le gare e tutto ciò che vi è dietro sono però relegate a mero sfondo. Uno sfondo che, per carità, è molto ben fatto, ricostruito alla perfezione e quant'altro ma resta pur sempre tale, ovvero un contorno.
Pochi (o comunque molto meno di quanto mi aspettassi) sono i minuti donati all'azione, con i rischi e le pericolosità della corsa che restano, in linea di massima, quasi sempre verbali. Se ne parla tanto ma quel che si vede e percepisce è un po' poco. Detto ciò, per quanto Rush sia indubbiamente un bel film che si fa seguire molto volentieri, abbia ottimi attori (Brühl su tutti) e una fotografia perfetta e tutti i nessi e connessi, è emozionalmente carente. Quel che gli manca, a mio avviso, è l'entusiasmo, la passione e l'amore verso questo sport.
Rush è un film con una confezione impeccabile ma è, al tempo stesso, fin troppo didascalico e freddo.
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