di Massimiliano Ferraro
Richard Burton ne "La spia che venne dal freddo", 1965
L’hanno braccato inutilmente per un anno, finendo col processarlo in contumacia. Ora sulla testa di Alexandr Poteyev, ex colonnello dei servizi segreti russi (SVR), pesa anche una condanna a 25 anni di carcere per alto tradimento e diserzione.
È lui l’agente doppiogiochista che nell’estate del 2010, subito dopo la visita a Washington del presidente Medvedev, rivelò ai servizi segreti americani i meccanismi di finanziamento degli agenti russi e i loro metodi di comunicazione durante i viaggi all’estero e gli incontri a Mosca, facendo scoppiare quello che in molti ritengono il peggiore scandalo spionistico dalla fine della Guerra Fredda.
Fu un duro colpo per gli 007 addestrati all’ombra del Cremlino. Dieci cittadini russi vennero arrestati a New York con l’accusa di essere delle spie attive sul territorio degli Stati Uniti, si dichiararono colpevoli e furono rimpatriati in Russia con un romanzesco scambio di prigionieri. L’undicesima spia, un uomo sotto il falso nome di Christopher Robert Metsos, riuscì invece a fuggire da Cipro prima dell’arrivo degli agenti dell’FBI. Di lui non si sono avute più notizie. Proprio in quelle ore Alexandr Poteyev scrisse il suo messaggio di addio alla moglie e salì su un treno della linea Mosca-Mink. Più tardi, grazie ad un passaporto falso ottenuto dai servizi di intelligence USA, si recò in Germania e poi negli Stati Uniti, dove è attualmente nascosto.
Il titolare del passaporto che ha permesso al traditore di scomparire nel nulla è stato interrogato dai giudici russi accertando che il documento, seppure mai smarrito, era stato presentato in precedenza all’ambasciata americana di Mosca al fine di ottenere un visto turistico. Chiamata in causa dalle autorità russe, Washington ha rifiutato di fornire ulteriori dettagli sulla nuova vita dell’ex colonnello dell’SVR.
Chi è Alexander Poteyev
Secondo quanto riportato dal quotidiano bielorusso Telegraf, Poteyev, 59 anni, sarebbe il figlio di un eroe sovietico di origine bielorussa insignito delle più alte decorazioni durante la Seconda Guerra Mondiale. Veterano della guerra in Afghanistan, l’ex colonnello aveva fatto parte della squadra speciale “Zentih” sotto il diretto comando del Kgb. L’unica foto diffusa dai media russi lo ritrae nel 1979 proprio a Kabul, insieme ad altri soldati sovietici. Il tribunale di Mosca ha riferito che la CIA potrebbe aver reclutato Poteyev già nel 1990, particolare che ha reso questa vicenda ancora più imbarazzante.
Traditi e traditori
Sul caso Poteyev disse la sua anche il primo ministro Vladimir Putin, lasciandosi andare in quell’occasione a una velata minaccia di vendetta: «Ciò che è successo è il risultato di un tradimento, e i traditori fanno sempre una brutta fine…».
Oggi la Russia ha ufficialmente abbandonato la pratica sovietica di perseguitare i traditori all’estero. In epoca sovietica sono state invece eseguite sentenze di condanne a morte anche al di fuori dei confini nazionali. Ma nell’oscura storia del Kgb è accaduto anche che sia stato lo stesso traditore ad ammettere la propria colpa e a tornare indietro, ha fatto notare Nikolay Leonov, esperto delle vicende legate all’intelligence russa: «Ricordo solo un esempio di questo. Si tratta di un agente che fuggì negli Stati Uniti, vi rimase per 3 mesi e poi tornò a Mosca. Sembra incredibile ma le autorità sovietiche, da sempre credute implacabili, perdonarono quell’uomo che vive ancora da qualche parte in Russia».
Nonostante il marasma provocato in patria dalle rivelazioni di Alexandr Poteyev, lo scandalo non sembra comunque aver influito sull’andamento positivo dei rapporti tra Washington e Mosca. Curiosamente, i giornalisti di tutto il mondo hanno ritenuto più interessante parlare delle curve perfette di una delle spie arrestate, Anna Chapman, subito soprannominata “agente 90-60-90”.