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Russia, questione nazionale e Unione Eurasiatica: l’intervento di Vladimir Putin

Creato il 11 febbraio 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Russia, questione nazionale e Unione Eurasiatica: l’intervento di Vladimir Putin

Il 23 gennaio scorso Vladimir Putin, primo ministro della Federazione Russa, ha consegnato alle colonne del quotidiano “Nezavisimaja Gazeta” una sua riflessione sul multiculturalismo e la questione nazionale in Russia, in cui indica nell’integrazione dello spazio post-sovietico un’alternativa alle migrazioni incontrollate. Offriamo qui di seguito la traduzione integrale dell’articolo, realizzata da Veronika Sheynina a partire dall’originale in russo.

 

Vladimir Putin. Russia: la questione nazionale

“L’autodeterminazione del popolo russo: una civiltà multietnica, sigillata da un nucleo culturale russo”

 
Per la Russia – con la sua diversità di lingue, tradizioni, etnie e culture – la questione nazionale è, senza alcuna esagerazione, di importanza fondamentale. Ogni politico o figura pubblica responsabile deve essere consapevole che un prerequisito importante per l’esistenza stessa del nostro paese è l’armonia civile e interetnica.

Vediamo cosa sta accadendo nel mondo, i seri rischi che si stanno accumulando. La realtà di oggi è la crescita di tensioni etniche e settarie. Il nazionalismo e l’intolleranza religiosa stanno diventando base ideologica per i gruppi e movimenti più radicali. Essi distruggono o erodono gli Stati e dividono il tessuto sociale.

I flussi migratori enormi – e vi è ogni ragione per credere che essi cresceranno – sono stati già definiti la nuova “grande migrazione dei popoli”, che può cambiare le strutture familiari e l’immagine di interi continenti. Milioni di persone in cerca di una vita migliore lasciano regioni colpite da fame e conflitti cronici, povertà e disordine sociale.

Alcuni fra i paesi più sviluppati e prosperi, che prima vantavano la loro tolleranza, oggi assistono al “aggravarsi della questione nazionale”. E oramai, uno dopo l’altro, annunciano il fallimento dei tentativi di integrazione di elementi culturali esterni nella società, e di realizzazione dell’interazione armoniosa e non conflittuale fra diverse culture, religioni e gruppi etnici.

Il “melting pot” non funziona bene e non è più in grado di “digerire” il crescente flusso migratorio. Riflesso di questo fenomeno in politica è stato il “multiculturalismo”, che rifiuta l’idea di integrazione attraverso l’assimilazione. Si erige un assoluto “diritto delle minoranze ad essere diverse”, senza un giusto equilibrio con le responsabilità civili, culturali e comportamentali nei riguardi delle popolazioni indigene e della società in generale.

In molti paesi si sono formate comunità nazionali e religiose chiuse, che non solo rifiutano di assimilarsi, ma addirittura rifiutano di adattarsi. Quartieri rinomati ed intere città dove le generazioni di immigrati già vivono sui sussidi sociali e non parlano la lingua del paese ospitante. La risposta a questo modello di comportamento è la crescita della xenofobia fra le popolazioni locali, un tentativo di difendere i propri interessi, il lavoro, e le prestazioni sociali dai “concorrenti stranieri”. La gente è scioccata dalla pressione aggressiva sulle proprie tradizioni, sul modo consueto di vivere, e ha veramente paura di perdere l’identità nazionale.

Alcuni politici europei rispettabili iniziano a parlare del fallimento del “progetto multiculturale”. Per mantenere la loro posizione essi sfruttano la “carta etnica”, accostandosi a coloro che consideravano in precedenza elementi marginali e radicali. Le forze estremiste aumentano drammaticamente di peso, cercando seriamente di ottenere il potere. In realtà, si parla di assimilazione forzata, sullo sfondo “chiuso” del forte inasprimento dei regimi migratori. I portatori di cultura diversa devono “dissolversi nella maggioranza” o restare minoranza isolata, pur godendo di una vasta gamma di diritti e garanzie. E, di fatto, essere tagliati fuori dalla possibilità di una carriera di successo. Diciamoci la verità: da un cittadino messo in queste condizioni è difficile aspettarsi la fedeltà al proprio paese.

Dietro il “fallimento del progetto multiculturale” c’è la crisi del modello dello “Stato-nazione”: uno Stato che storicamente era costruito esclusivamente sulla base dell’identità etnica. Ed è una seria sfida che dovranno affrontare sia l’Europa sia molte altre regioni del mondo.

La Russia come “Stato storico”

Nonostante la somiglianza superficiale con altre realtà, la nostra situazione è fondamentalmente diversa. I nostri problemi etnici e migratori sono direttamente legati alla distruzione dell’Unione Sovietica e, di fatto, della grande Russia, le cui basi storiche affondano nel XVIII secolo. La distruzione dell’Unione Sovietica ha portato come conseguenza all’inevitabile degrado delle istituzioni pubbliche, sociali ed economiche. Con un enorme divario nello sviluppo del territorio post-sovietico.

Avendo dichiarato l’indipendenza vent’anni fa, gli allora deputati della RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa), nella concitazione della lotta contro il “centro federale”, avviarono il processo di costruzione degli “Stati nazionali” anche all’interno della Federazione Russa. Il “centro federale”, a sua volta, cercando di mettere sotto pressione gli avversari, ha cominciato a giocare dietro le quinte con le autonomie russe, promettendo loro l’aumento “dello Stato-nazionale all’interno dello Stato”. Ora i protagonisti di questi processi si accusano reciprocamente. Ma una cosa è certa – le loro azioni hanno condotto inevitabilmente alla disintegrazione ed al separatismo. E non hanno avuto il coraggio, la responsabilità, e la volontà politica di sostenere coerentemente e costantemente l’integrità territoriale della madrepatria.

Ciò che non hanno capito i promotori del “progetto di sovranità”, il resto del mondo lo ha capito subito. E le conseguenze sono state immediate.

Dopo il collasso dello Stato, ci siamo ritrovati sull’orlo, e in alcune regioni anche nel mezzo, di una vera guerra civile di tipo etnico. Con grande sforzo abbiamo superato queste crisi. Ma naturalmente ciò non significa che il problema non esista più.

Tuttavia, anche in un momento in cui lo Stato come istituzione era criticamente indebolito, la Russia non è scomparsa. Quello che è successo è stato esattamente il processo descritto da Vasilij Ključevskij a proposito della prima rivoluzione russa: “Quando i legami politici dell’ordine pubblico si sono incrinati, il paese è stato salvato dalla volontà morale del popolo”.

A tal proposito: il 4 novembre – il giorno dell’unità nazionale – che alcuni superficialmente hanno definito “il giorno della vittoria sui polacchi”, in realtà è il “giorno della vittoria su noi stessi”, sul conflitto interno, quando le nazionalità e classi si sono riconosciute come una sola comunità, un solo popolo. Può a buon diritto essere considerata la festa di compleanno della nostra nazione civile.

La Russia storica non è né uno Stato etnico, né un “melting pot” americano in cui tutti, in un modo o nell’altro, sono immigrati. La Russia è emersa e si è evoluta nel corso dei secoli come uno Stato multi-etnico, uno stato che ha messo in atto processi di reciproco adattamento, comprensione ed unificazione di popoli tramite le famiglie, l’amicizia ed il lavoro, con centinaia di etnie che vivono assieme sulla stessa terra. Lo sviluppo di questi vasti territori, che ha caratterizzato l’intera storia russa, è stato uno sforzo collettivo di molte nazioni. Basti pensare all’etnia ucraina, insediata nella zona tra Carpazi e Kamčatka. Così come tartari, ebrei, bielorussi, etc.

In una delle prime opere filosofiche e religiose della Russia, Discorso sulla Legge e sulla Grazia, viene respinta la teoria del “Popolo Eletto” e si predica l’idea di uguaglianza davanti a Dio. Analogamente, la Cronaca Primaria così illustra la natura multietnica del vecchio Stato russo: “Tutti parlano slavo nella Rus: Poliani, Drevliani, Novgorodiani, Polocani, Dregovichi, Nordici, Buzani (…). Ma altri popoli: Chud, Meria, Ves, Muroma, Cheremis, Mordvins, Perm, Pechera, Yam, Lithuania, Kors, Narova, Livs, questi hanno lingue proprie”.

È questo carattere peculiare dello Stato russo che viene descritto da Ivan Ilyin: “Non eliminare, non reprimere, non schiavizzare il sangue altrui, per non opprimere le diverse realtà tribali e religiose, ma concedere a tutti il proprio spazio e la grande Russia (…). Rispettare tutti, riconciliare tutti, permettere loro di pregare nel proprio modo, di lavorare al proprio modo, impegnare i migliori nello sviluppo della sfera pubblica e della cultura”.

Le basi che uniscono questa civiltà unica sono il popolo e la cultura russi. Ed è questa la base che i provocatori di tutti i tipi cercheranno di strappare alla Russia, mascherando questo tentativo con falsi discorsi sul diritto d’autodeterminazione dei russi, sulla “purezza razziale”, la necessità di “finire il lavoro del 1991 e infine distruggere l’impero, il popolo russo”. Tutto questo per indurre alla fine la gente a distruggere la Madrepatria con le proprie stesse mani.

Sono profondamente convinto che l’idea di costruire uno Stato russo “nazionale” mono-etnico vada in contrasto con tutta la nostra storia millenaria. Inoltre, è il percorso più breve per la distruzione del popolo russo e della statualità russa, come di qualsiasi statualità sovrana sulla nostra terra.

Una volta che si inizia a gridare “Basta mantenere il Caucaso” attendete, e il giorno successivo un nuovo proclama seguirà: “Basta mantenere la Siberia, l’Estremo Oriente, l’Ural, il Volga, la regione di Mosca, etc”. È questa la ricetta che ha portato al crollo dell’Unione Sovietica. Per quanto riguarda idea di autodeterminazione nazionale, che è stata invocata ripetutamente da diversi politici, in lotta per il potere e per trarne dividendi politici (da Vladimir Lenin a Woodrow Wilson), bisogna dire che il popolo russo si è già autodeterminato da tempo. L’autodeterminazione del popolo russo è la civiltà multietnica, sigillata con un nucleo culturale russo. È la scelta che il popolo russo ha confermato più volte, e non in plebisciti e referendum, ma col suo sangue nel corso della sua storia millenaria.

Un codice culturale condiviso

L’esperienza russa di sviluppo nazionale è unica. Siamo una società multietnica, ma siamo un solo popolo. Questo rende il nostro Paese complesso e multidimensionale, offrendo enormi possibilità di sviluppo in molte aree. Tuttavia, se una società multietnica è colpita dal virus del nazionalismo, perde la sua forza e potenza. E dobbiamo capire gli effetti di vasta portata che possono causare i tentativi di infiammare inimicizia nazionale e odio verso le persone di altra cultura ed altra religione.

Pace civile e concordia interetnica non si stabiliscono una volta per tutte, per poi durare in eterno. Al contrario, si tratta di una dinamica e d’un dialogo continui. È il duro lavoro dello Stato e della società, che richiede soluzioni politiche molto sottili, equilibrate e saggie per garantire “l’unità nella diversità”. Dobbiamo non solo impegnarci in obblighi reciproci, ma anche trovare valori comuni a tutti. È impossibile obbligare la gente a convivere. Ed è impossibile farlo in base al bilanciamento di costi e benefici. Questi “calcoli” funzionano fino a che non irrompe una crisi. E quando la crisi arriva, cominciano ad agire in senso inverso. La fiducia sul fatto che si possa garantire lo sviluppo armonico di una comunità multiculturale si basa sulla nostra cultura, sulla nostra storia, sul nostro tipo di identità.

Si può ricordare che molti cittadini allora sovietici, trasferitisi all’estero, si identificano oggi come russi e si considerano tali a prescindere dalla etnia. Un altro fatto interessante è che i migranti d’etnia russa non hanno mai, da nessuna parte, stabilito comunità nazionali, anche se numericamente i russi erano numerosi. Perché la nostra identità ha un altro codice culturale.

Il popolo russo è andato creando nazioni sulla base dell’esistenza della Russia. La grande missione dei russi è unire, legare la nostra civiltà. La lingua, la cultura, la “sensibilità universale”, secondo Fëdor Dostoevskij, uniscono i russi armeni, i russi azeri, i russi tedeschi, i russi tartari, etc. Si uniscono in un tipo di Stato-civiltà dove non c’è “un uomo nazionale”, e la distinzione tra “noi e loro” viene riconosciuta sulla base di una cultura comune e di valori condivisi.

Questa identità civile si fonda sul mantenimento del predominio culturale russo, che caratterizza non solo l’etnia russa, ma tutti i portatori di questa identità, indipendentemente dalla loro nazionalità. Questo è il codice culturale che è stato messo negli ultimi anni a dura prova e che alcuni hanno cercato e cercano ancora di distruggere. Tuttavia esso ha certamente prevalso. Ma deve essere coltivato, rafforzato e protetto.

Qui l’istruzione può giocare un ruolo enorme. La scelta di programmi formativi, la stessa diversità nella formazione, rappresentano sicuramente i nostri traguardi. Ma la diversità dovrebbe fondarsi su valori immutabili, le conoscenze di base e la comprensione del mondo. Lo scopo civile dell’istruzione è fornire ad ognuno la conoscenza necessaria negli studi umanistici, che costituiscono la base della propria identità di popolo. In primo luogo, ci si dovrebbe concentrare sul miglioramento del processo formativo in materie come lingua e letteratura russe e storia patria; naturalmente, il tutto nel contesto della ricchezza di culture e tradizioni nazionali.

In alcune delle principali università americane, negli anni ’20 del secolo scorso, si è formato il movimento per lo studio del canone culturale occidentale. Ogni studente che si rispettasse doveva leggere cento libri da un elenco appositamente predisposto. In alcune università statunitensi, questa tradizione è stata conservata fino ad oggi. La nostra nazione è sempre stata una nazione di lettori. Chiediamo alle nostre autorità in campo culturale di formare una lista di cento libri che ogni diplomato russo deve aver letto. Non imparato a memoria meccanicamente, ma letto da sé. E facciamo l’esame finale di maturità nella forma di un componimento su quello che i ragazzi hanno letto. O almeno diamo ai giovani l’opportunità di dimostrare le loro conoscenze e la loro concezione del mondo in competizioni e concorsi.
In ambito culturale, la politica deve avanzare proposte come questa. In riferimento a strumenti come la televisione, il cinema, Internet, la cultura popolare in generale, che forma l’opinione pubblica, vanno indicati modelli e norme di comportamento.

Ricordiamoci come gli americani hanno formato la coscienza di diverse generazioni attraverso Hollywood. Con l’introduzione di valori non fra i peggiori possibili, sia dal punto di vista degli interessi nazionali sia della moralità pubblica. C’è molto da imparare in ciò.
Vorrei sottolineare che nessuno sta invadendo la libertà di pensiero e di creazione: non è un discorso di censura, nemmeno di una “ideologia ufficiale”. Ma lo Stato ha l’obbligo e il diritto di impiegare sforzi e risorse per risolvere i problemi sociali e pubblici. Compresa la formazione di una visione del mondo che compatti la nazione.

Nel nostro paese, dove per molti non è ancora terminata la guerra civile, dove il passato è estremamente politicizzato e “frammentato” con citazioni ideologiche (spesso comprese in modo completamente opposto da persona a persona), c’è la necessità di una terapia culturale molto sottile. Una politica culturale che a tutti i livelli, dai libri di scuola ai documentari storici, formi la comprensione dell’unità del processo storico in cui rappresentanti di ogni gruppo etnico, o il discendente di un “commissario rosso” così come quello di un “ufficiale bianco”, trovino il proprio posto. Si sentirebbero eredi della grande storia della Russia, “unica per tutti”, controversa, tragica ma sempre grande.
 
Abbiamo bisogno di una strategia di politica nazionale, basata sul patriottismo civico. Qualsiasi persona che vive nel nostro paese, non deve dimenticare la sua fede ed etnia. Ma deve soprattutto essere un fiero cittadino russo. Nessuno ha il diritto di mettere le peculiarità nazionali e religiose sopra le leggi dello Stato. Tuttavia, le stesse leggi dello Stato devono tener conto del fattore nazionale ed etnico.

Penso che nel governo federale debba crearsi una struttura speciale, responsabile per lo sviluppo nazionale, l’armonia e la reciprocità interetnica. Oggi questi problemi sono di competenza del Ministero dello Sviluppo Regionale e – con la miriade di problemi attuali – molto spesso vengono messi in secondo o terzo piano; questa situazione deve essere assolutamente cambiata.

Non ci deve essere un ufficio standard. Piuttosto, ci si dovrebbe concentrare su un organo collegiale che interagisca direttamente con il Presidente, con la dirigenza del governo, e abbia poteri certi. Le politiche nazionali non possono essere scritte e realizzate esclusivamente negli uffici dei burocrati. Alle sue deliberazioni devono partecipare direttamente associazioni sociali nazionali.

E, naturalmente, ci auguriamo un attivo coinvolgimento in questo dialogo delle religioni tradizionali della Russia. I fondamenti della Chiesa Cristiana Ortodossa, dell’Islam, del Buddismo, dell’Ebraismo – con tutte le loro differenze e peculiarità – includono valori morali, etici e spirituali condivisi: compassione, reciprocità, verità, giustizia, rispetto per gli anziani, gli ideali della famiglia e del lavoro. Questi sistemi di valori non possono essere sostituiti da nient’altro e abbiamo bisogno di rafforzarli.

Sono convinto che lo Stato e la società devono accogliere e sostenere il lavoro delle religioni tradizionali della Russia nel sistema d’istruzione e formazione, nel contesto sociale e nelle Forze Armate. E deve certamente essere preservato il carattere laico del nostro Stato.

Politica nazionale e ruolo delle istituzioni forti

Problemi sistemici della società sono spesso espressi sotto forma di tensioni interetniche. Dobbiamo sempre ricordare che esiste una diretta correlazione tra problemi sociali ed economici irrisolti, inefficienza del potere e corruzione, e conflitti etnici. Se si guarda alla storia di tutti i recenti incidenti interetnici, un po’ ovunque troviamo questo “detonatore”: Kondapoga, Piazza Manege, Sagra. Ovunque una risposta forte all’assenza di giustizia, alll’irresponsabilità e inazione di alcuni rappresentanti dello Stato, all’assenza di fiducia nell’uguaglianza davanti alla legge e nella certezza della pena, alla convinzione che tutto sia corrotto e che non vi sia verità.

Quando si tratta di casi in cui in Russia, soprattutto nel territorio storico russo, sono violati i diritti dei russi, ciò vuol dire che le strutture governative non svolgono le loro funzioni – non prottegono la vita, i diritti e la sicurezza dei cittadini. E poiché la maggior parte di queste persone sono russe, vi è la possibilità di speculare sul tema della “oppressione nazionale dei russi” e vestire la giusta protesta pubblica della forma più primitiva e volgare dello scontro inter-etnico. E al tempo stesso, in ogni occasione, lamentarsi del “fascismo russo”.

Bisogna capire i rischi e le minacce che comportano situazioni al limite di uno scontro etnico. Le agenzie governative, la cui negligenza è stata causa di tensioni etniche, devono essere punite, non importa il grado e la posizione dei soggetti implicati.

Ricette per tali situazioni non sono molto numerose. Non presumere nulla in via pregiudiziale, non fare generalizzazioni affrettate. Bisogna procedere con indagini scrupolose per capire la natura del problema e le circostanze, così da riparare il conflitto in ogni singolo caso di crimini etnici. Questo processo, salve specifiche esigenze, deve essere pubblico, perché la mancanza di trasparenza crea dicerie che spesso aggravano la situazione. E qui sono professionalità e responsabilità dei media che contano.

Ma nessun dialogo è possibile in una situazione di disordine e violenza. Nessuno deve avere la minima tentazione di spingere le autorità a talune decisioni con forme di disordine civile. Le nostre forze dell’ordine hanno dimostrato che riescono a soffocare tali tentativi in modo rapido e preciso.

E un altro punto importante è naturalmente lo sviluppo del nostro sistema democratico e multipartitico. Ed ora si stanno preparando soluzioni per semplificare e liberalizzare la procedura della registrazione e il funzionamento dei partiti politici, per stabilire le procedure di elezione dei governatori regionali. Sono tutte misure giuste. Ma non possiamo consentire la creazione di partiti regionali, nemmeno nelle repubbliche nazionali. Questi farebbero da apripista al separatismo. Tale requisito, naturalmente, deve prevedersi anche per l’elezione dei governatori regionali: coloro che cercano di far leva su nazionalismo, separatismo e affini devono immediatamente, nel quadro delle procedure democratiche e giudiziarie, essere esclusi dal processo elettorale.

Il problema migratorio e il nostro progetto di integrazione

Oggi, i cittadini russi sono seriamente preoccupati e, ammettiamolo, anche irritati dai molti costi associati all’immigrazione di massa, sia internazionale sia nazionale. La domanda è se la creazione dell’Unione Eurasiatica aumenterà i flussi migratori, e quindi aumenterà i problemi già esistenti legati all’immigrazione. Credo che si debba definire chiaramente la nostra posizione.

In primo luogo, è ovvio che abbiamo bisogno di migliorare significativamente la politica in materia migratoria dello Stato. E noi risolveremo questo problema.

L’immigrazione clandestina non può essere esclusa del tutto in nessun paese al mondo, ma deve e può certamente essere ridotta al minimo. In questo senso le funzioni di polizia e i poteri dei servizi di migrazione devono essere rafforzati.

Tuttavia, un irrigidimento meccanico della politica migratoria non funzionerà. In molti paesi, tale irrigidimento ha portato solo ad un aumento della percentuale di migrazione clandestina. Il principale criterio di valutazione d’una politica migratoria non sta nella sua rigidità ma nella sua efficacia.

A questo proposito devono essere definite con grande chiarezza le nostre politiche sull’immigrazione legale, sia permanente sia temporanea. Ciò implica da parte delle autorità una chiara priorità e un trattamento preferenziale per immigrati altamente specializzati, qualificati, competenti, competitivi, capaci di adattarsi alla cultura locale e ai nuovi stili di vita. Tali procedure di selezione positiva e competitiva per la qualità dei migranti esistono in tutto il mondo. Inutile dire che gli immigrati che rispondono a questi criteri riescono ad integrarsi nella società di accoglienza molto meglio e più facilmente. In secondo luogo, abbiamo una migrazione interna nazionale molto sviluppata, la gente si muove per studio e lavoro in altre parti della Federazione, nelle grandi città. Costoro sono a pieno titolo cittadini della Russia.

Tuttavia, colui che giunge in regioni con tradizioni culturali e storiche diverse, deve rispettare i costumi locali, tanto dei russi quanto di tutti gli altri popoli della Russia. Qualsiasi altro comportamento inappropriato, aggressivo, provocatorio, irrispettoso deve essere assolutamente condonnato con una risposta legale ma dura da parte delle autorità, che ora spesso semplicemente non fanno nulla. Bisogna rivedere i Codici amministrativo e penale per rafforzare le pene per simili comportamenti ed introdurre la responsabilità penale per violazione delle regole sull’immigrazione e la registrazione. A volte è sufficiente solo avvertire un soggetto. Ma se l’avviso si basasse su una regola giuridica specifica, diventerebbe più efficace. Sarebbe percepito non come il parere personale di un ufficiale della polizia, ma come richiesta della legge e uguale per tutti.

Dovranno certamente essere previste norme anche per la migrazione interna. È necessario in particolare per lo sviluppo armonioso di infrastrutture sociali, sanità, istruzione e mercato del lavoro. In molte regioni “attraenti per l’immigrazione” quei sistemi sono già al limite, e ciò crea una situazione difficile sia per gli autoctoni sia per i “nuovi arrivati”. Ecco perché è necessario rendere più restrittive le regole di registrazione e le sanzioni per la loro violazione. Naturalmente fatto salvo il diritto costituzionale dei cittadini di scegliere il proprio luogo di residenza.

In terzo luogo, dobbiamo rafforzare il sistema giudiziario e far funzionare efficacemente gli organi che provvedono al rispetto della legge. Questo è fondamentale non solo per l’immigrazione straniera ma, nel nostro caso, anche per la migrazione interna, in particolare dal Caucaso del Nord. Senza ciò, non si potrà mai giungere ad armonizzare gli interessi delle diverse comunità (della popolazione ospitante come dei lavoratori migranti) ed alla percezione del fenomeno migratorio come sicuro e giusto.

Inoltre, incapacità o corruzione della magistratura e della polizia porteranno non solo risentimento e radicalizzazione della società ospitante, ma anche comportamenti criminosi e economia sommersa in seno alla stessa comunità di migranti.

Dobbiamo prevenire la formazione di enclave nazionali ermetiche, che spesso funzionano non sulla base delle leggi, ma su propri codici di comportamento autoreferenziali. In tal caso sarebbero i diritti dei migranti stessi ad essere violati, sia da parte dei loro capi sia dei funzionari governativi corrotti.

È la corruzione che permette alla criminalità etnica di crescere. Da un punto di vista giuridico le bande criminali, costruite su base etnica, non sono diverse dalle solite bande. Ma nelle nostre condizioni, la criminalità etnica non è solo un problema di criminalità organizzata ma anche un problema di sicurezza nazionale. E deve essere trattato di conseguenza.

Il quarto punto è il problema dell’integrazione civile e della socializzazione degli immigrati. E qui ancora una volta dobbiamo tornare ai problemi dell’istruzione. Non c’è bisogno di concentrarsi tanto sul sistema scolastico per affrontare le questioni della politica migratoria (non è questo il compito principale della scuola), ma piuttosto sugli elevati standard dell’istruzione in quanto tali.

L’attrattiva dell’istruzione e il suo valore rappresentano un meccanismo potente, un motivatore per l’integrazione degli immigrati nella società, mentre la bassa qualità della formazione provoca ancora più isolamento nelle comunità migratorie, che può diventare isolamento di lungo termine, di livello intergenerazionale.

È importante che i migranti siano in grado di adattarsi normalmente nella società. Infatti, un requisito elementare per chi desidera vivere e lavorare in Russia, è la volontà di imparare la nostra lingua e cultura. A partire dal prossimo anno, bisogna rendere obbligatorio per l’acquisizione o il rinnovo del permesso l’esame in lingua, storia e letteratura russe, nei fondamenti del nostro Stato e del nostro diritto. Il nostro Stato, come in altri paesi sviluppati, è pronto a fornire adeguati programmi educativi per i migranti. In alcuni casi, sarà necessaria una formazione professionale finanziata dai datori di lavoro.

E, infine, il quinto punto è una stretta integrazione nello spazio ex sovietico come una reale alternativa ai flussi migratori incontrollati.
Le cause dell’immigrazione di massa, è già stato detto sopra, sono le disparità nel campo dello sviluppo e delle condizioni di vita. Chiaramente, la risposta logica se non per l’eliminazione, ma quantomeno per il contenimento dei flussi migratori, sarebbe quella di ridurre queste disuguaglianze. Lo sostengono attivisti umanitari di sinistra in Occidente. Ma, purtroppo, su scala globale, questa posizione eticamente impeccabile soffre di un utopismo evidente.

Tuttavia, per noi non ci sono ostacoli oggettivi al fine di attuare questa logica, nel nostro spazio storico. E uno dei compiti più importanti dell’integrazione eurasiatica è quello di creare per milioni di persone condizioni decenti di vita negli stati post-sovietici, con l’opportunità di raggiungere la prosperità.

Sappiamo che sono le situazioni di povertà a costringere le persone a muoversi verso terre lontane, e spesso non in condizioni civili, per mantenere la loro vita e la vita delle loro famiglie.
Da questo punto di vista, l’obiettivo che abbiamo posto al paese (la creazione di una nuova economia con occupazione effettiva, la rivitalizzazione delle comunità professionali, sviluppo proporzionale delle forze produttive e delle infrastrutture sociali in tutto il paese) e la prospettiva dell’integrazione eurasiatica rappresentano uno strumento chiave attraverso il quale è possibile portare i flussi migratori alla normalità. Infatti, da un lato, i migranti muoveranno dove possono provocare meno tensioni sociali. Dall’altro dovremo trovare il modo di farli vivere bene nelle loro terre d’origine. Bisogna solo dare alla gente l’opportunità di lavorare e vivere una vita normale a casa propria, nella propria Terra Madre; opportunità che oggi in gran parte non esiste. Non vi sono soluzioni semplici nelle politiche etniche e nazionali. I loro elementi sono sparsi in tutte le sfere governative e sociali – economia, programmi sociali, istruzione, sistema politico e politica estera. Abbiamo bisogno di costruire un modello di Stato, di comunità civile, che sia assolutamente attraente e armonioso per tutti coloro che considerano la Russia la loro patria.

Conosciamo già la direzione dei nostri futuri lavori. Sappiamo di avere un’esperienza storica che nessun altro ha. Troviamo un forte sostegno, che gli altri non hanno, nella cultura, nella mentalità, nell’identità che ci appartengono. La nostra intenzione è di potenziare il nostro “Stato storico”, che abbiamo ereditato dai nostri antenati; uno Stato-civiltà che è in grado di risolvere perfettamente il problema dell’integrazione di etnie e fedi diverse.

Abbiamo vissuto insieme per secoli. Insieme abbiamo vinto la guerra più terribile. E vivremo insieme nel futuro. E a chi persegue lo scopo di dividerci, posso dire solo una cosa: non sprecate il vostro tempo.

(Traduzione di Viktoria Sheynina)


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