Per quando cerchi di dissimularlo con generici appelli alla democrazia e all’uguaglianza, all’opposizione scappa l’etnismo, il peggior crimine nel Rwanda di oggi dove ufficialmente non esistono Tutsi e Hutu ma soltanto Rwandesi. Le scappa perché, negli appelli alla democrazia, salta sempre fuori un “noi siamo la maggioranza”. Attenzione, questa maggioranza non è comunista, fascista, socialista, democristiana, socialdemocratica o verde, in poche parole politica. No, “noi” significa Hutu, quindi si tratta di una maggioranza etnica. Come se in Italia “noi” significasse romani, piemontesi o addiritturarazza alpina, mediterranea, adriatica o nordica.
E che cosa sogna di fare questa maggioranza, una volta preso il potere? Semplicissimo, restaurare l’ancien régime. Certo, non lo confesseranno mai. Sono finiti i tempi del partito Parmhutu che reclamava esplicitamente il potere Hutu. I suoi eredi hanno imparato la lezione, si sono fatti furbi. Dichiarano di volere libertà, uguaglianza e fraternità, ma guarda caso festeggiano le ricorrenze del passato regime: l’ascesa al potere di Grégoire Kaybanda nel 1961 e quella di Juvénal Habyarimana nel 1975. Una volta al potere ricomincerebbero a parlare del “problema” Tutsi. E sappiamo bene come lo hanno risolto: con un milione di morti.
Dragor