L’ampio spazio in cui sorge, oltre 53 ettari, si trova all’interno di un popoloso quartiere romano neanche troppo periferico, ma quando il manicomio provinciale S. Maria della Pietà fu costruito, negli anni 1908-1913, quell’area sulla via Trionfale era campagna.
Inaugurato nel 1914, constava di 37 edifici e comprendeva anche strutture amministrative, sanitarie e centri di artigianato. Luogo di segregazione dei cosiddetti alienati, cui si aggiunsero alcolisti, epilettici, disabili, omosessuali, bambini orfani che non trovavano altra sistemazione, più che a curare servì a rendere invisibili persone che rappresentavano un problema per la società di “sani”. Progettato per contenere 1000 pazienti, arrivò nel tempo a “ospitarne” fino a 3500.
Venne chiuso al tempo dell’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978 grazie alla legge Basaglia, la 180, ma l’ultimo paziente lasciò la struttura del dicembre 1999.
A vederlo oggi dà l’impressione di un grande parco, diversi edifici sono stati restaurati e attribuiti ad ASL e Municipi. Uno è diventato un interessante Museo della Mente e un altro la sede di Antea, associazione specializzata in cure palliative. Molte palazzine, tuttavia, sono state lasciate al loro destino, abbandonate e ormai fatiscenti e cadenti, fantasmi dalle porte e dalle finestre murate, scale di sicurezza arrugginite che partono dal nulla e vegetazione che dall’interno cerca luce e aria affacciandosi dalle finestre.
E anche adesso, pur ospitando bambini che giocano, vanno in bicicletta o sui pattini e adulti che corrono o passeggiano, l’ex manicomio continua a mantenere l’aspetto di un luogo spettrale che trasuda il dolore delle persone che lì dentro furono rinchiuse e sottoposte a trattamenti disumani.
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