S. Pietro a Corte e Arechi II

Creato il 20 maggio 2012 da Kimayra @Chimayra

La chiesa di S. Pietro a Corte

Il 26 agosto 787 moriva, a Salerno, Arechi II che aveva assicurato al suo popolo, i Longobardi, il dominio sull'Italia meridionale. Paolo Diacono, alto dignitario della corte di Arechi, e artefice del Chronicon Salernitanum (X secolo), narra lo splendore delle architetture ordinate dal principe nella città campana, principe che a Benevento aveva fatto ampliare le mura e costruire la chiesa di S. Sofia.
La "rivoluzione" arechiana di Salerno fu generata da diverse esigenze politiche e strategiche, tra queste quella di fornirsi di una seconda città ben fortificata nella regione oltre a Benevento. A Salerno Arechi riorganizzò le mura di difesa e il castello sulla collina del Bonadies; per se stesso costruì un palazzo a cavallo delle mura, verso il mare e vi pose la sua cappella privata dedicata ai santi Pietro e Paolo.
Il mito sulla costruzione del palazzo, narrato dall'Anonimo salernitano nel X secolo, narra dei ritrovamenti del tempio e della statua d'oro del dio Priapo durante lo scavo delle fondazioni. Arechi avrebbe distrutto il tempio pagano e sulle rovine avrebbe costruito la sua cappella, che decorò riccamente utilizzando l'oro del dio pagano. Sin dal 774 Arechi assunse il titolo e le insegne di princeps gentis langobardorum, di colui che ridà forza alla sua gente. La cappella palatina fu installata sui resti di un grande frigidarium, abbandonato tra il III e il IV secolo d.C. e riutilizzato come ecclesia e cemeterium da una comunità cristiana. Le alluvioni ed i terremoti, soprattutto le macerie provocate da entrambi, fecero innalzare il piano di calpestio dai due ai sei metri. L'ambiente termale si sviluppa per circa 13 metri in altezza, articolandosi in ambienti con volte a crociera e a botte. L'aula del frigidarium era separata in due ambienti, il primo coperto da una volta a crociera; il secondo, che ospitava una vasca in marmo per tutta la sua lunghezza, era coperto da una volta a botte. A sud-est era, probabilmente, collocato il calidarium, all'altezza della chiesa del Santissimo Salvatore, la quale ha uno schema a pianta ottagonale che, presumibilmente, riprende quella dell'antico calidarium.

Sotterranei della chiesa

L'edificazione del palazzo di Arechi, del quale sopravvivono gli archi, i capitelli e le colonne disseminati negli edifici che hanno inglobato il complesso, portò a mutamenti strutturali dell'aula del frigidarium e nell'ecclesia che vi era stata ricavata. Furono eliminate le volte romane dell'aula termale e, con laterizi di risulta, furono realizzati dei pilastri e dei contrafforti per sopraelevare il palazzo, il cui piano di calpestio fu posto ad una quota compresa tra gli otto e i nove metri rispetto al piano stradale circostante. Arechi non fece distruggere la piccola chiesa di V secolo, per rispettare il luogo sacro.
Alcune tavole marmoree risalenti ad Arechi furono asportate dal palazzo tra il 1576 e la metà del '600, quando tutti i rivestimenti marmorei furono rimossi dai Caracciolo, nuovi proprietari del palazzo. La ricchezza interiore del palazzo palatino si specchiava sull'esterno del palazzo stesso, dove il titulus era, forse, anche di dimensioni più grandi. I numerosi frammenti di marmo che si sono ritrovati negli scavi della cappella palatina, che, narra Paolo Diacono, rendevano preziosa e splendente l'ambiente, testimoniano la profonda conoscenza delle forme espressive del mondo romano. Questi frammenti appartengono ad opus sectile pavimentale e al rivestimento parietale dell'abside realizzato con un motivo a scacchiera di tasselli marmorei, alternati a tozzetti di vetro dorato. I tasselli quadrati di porfido rosso e verde appartengono a marmo di spoglio. Il pavimento della cappella palatina era composto, dunque, da un vero tappeto di marmo.

Affreschi della chiesa di V secolo

Del pavimento di Arechi facevano parte anche delle piastrelle esagonali in calcare bianco (detto palombino) diffuso lungo gli Appennini. Qualcuna di queste piastrelle presenta tracce di restauro, originariamente erano disposte secondo uno schema stellare, con al centro delle cavità circolari o quadrati e, in corrispondenza di ciascun vertice, piccole incavature tonde.
Nel 1976 si iniziarono i lavori di consolidamento negli ambienti attualmente ipogei della cappella palatina di Salerno. Furono sterrati i riempimenti effettuati alla fine del XVI secolo, quando il livello stradale era di circa sei metri più alto rispetto al livello di frequentazione del VII-VIII secolo, rendendo ipogei i locali un tempo costruiti in superficie. I primi interventi di restauro evidenziarono l'ambiente termale del I-II secolo d.C., occupato, successivamente, da un complesso cristiano a partire dal V secolo.
Già prima di Arechi, Salerno era una città attiva, dove circolavano comunemente monete gote e bizantine (ora conservate nel Museo Archeologico Provinciale): sono le monete di Giustino I, di Giustiniano, di Atalarico e di Eraclio. Oltre alle monete sono state rinvenute in città diverse epigrafi del V, VI e VII secolo, recuperate, per la maggior parte, proprio negli ambienti sottostanti la cappella palatina di Arechi II.

Tasselli marmorei del
pavimento della
cappella palatina

Le sepolture nella chiesa ipogea dimostrano l'uso costante dell'edificio tra il V e il VII secolo da parte di famiglie di origine romana, greco-bizantina e gota. Si sono, infatti, ritrovati iscritti i nomi di Socrates, Albulo, Eutychia, Theodenanda, Verulo incisi su pietra.
Nel contempo, gli scavi nel perimetro della Turris Maior, il castello di Salerno, hanno permesso di accertare che la fase più antica dell'edificio, contrariamente a quanto si pensava, risale al periodo goto-bizantino. Non sono state intercettate tracce di fortificazioni precedenti anche se è stata accertata la frequentazione romana fin dal I secolo a.C.. Del tutto assente l'intervento longobardo.
Dal 774 Arechi, una volta crollato il regno di Desiderio, riorganizzò i suoi domini e fece di Salerno uno dei punti cardini della ristrutturazione del ducato. In quest'ultimo Arechi accolse i profughi dal nord, donando loro vallate e boschi dove furono costruiti monasteri e chiese. La difesa della città fu assicurata dalla costruzione di due muri che, innestati ai lati della Turris Maior, raggiungevano, divaricandosi dal vertice della collina, la spiaggia e si ricongiungevano parallelamente al mare. Queste mura utilizzavano, forse, nell'ultimo tratto, parte delle mura del castrum bizantino e finivano per conferire alla città una configurazione triangolare.
Tra gli edifici rinnovati o restaurati da Arechi, Paolo Diacono non menziona la cattedrale che, probabilmente, era già funzionante quando il principe prese il potere. Della cattedrale altomedioevale di Salerno si conosce solo l'intitolazione alla Vergine e il fatto che in essa vennero deposte le spoglie mortali di Arechi e dei suoi familiari. Non si sa nulla circa la sua precisa ubicazione.

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