Trova un Luogo da poter chiamare Casa.
Che sia un posto fisico, una persona, una sensazione.
Non importa quanto saranno vicine le sue pareti, accentuati i suoi difetti, intensi i suoi colori.
Entro quello spazio. Tu sarai Felice.
Un articolo sul S. Valentino è un cliché. Somiglia a certi modi di dire, a un intercalare. Tra una strage e una crisi, mettiamoci dentro i cuori.
Se ne parla, perché se ne deve parlare. “Così è (se vi pare)” direbbe Pirandello. Perlopiù polemizzando. Perlopiù deprecando una delle tipiche giornate votate al consumismo.
Facciamo brainstorming assieme. Terapia di gruppo. Associazioni mentali. S. Valentino: cioccolata+rose rosse+ cena romantica. Alias uno strazio, spesso.
Perché è una strada già battuta. Comoda. Efficacissima in molti casi. Piacevole, come certe chiacchiere in compagnia di cui, tuttavia, non sapremmo mai ricordare il contenuto.
Ma uno strazio, se dovete. Se è perché è consuetudine che sia. Se è perché la vostra agenda vi avvisa che “oh oh, è il 14 febbraio…”.
Io, invece, vi invito. Come si farebbe con una splendida donna che fa la difficile. Vi invito a ricordare. A fare un passo indietro.
Perché, forse, questa è la dodicesima, trentunesima, settantesima volta che rivivete questo momento.
Ma com’è stato il primo?
Com’ è stato il vostro primo bacio? La prima volta che vi siete sentiti al sicuro, finalmente in pace, dentro l’ abbraccio di qualcuno? Com’è stato il primo sospiro? La prima volta in cui avete stabilito, perché il cuore è un giudice notevole, che non avreste fatto a meno di una singola creatura nel vostro progetto d’ esistenza?
Chi potrebbe dire queste parole nella vostra vita “…forse non sono stato il migliore, ma io ti ho insegnato l’ amore.” ?
Mi piacerebbe che, per un momento, dedicaste a lui, al suo viso, ai suoi tratti, al ricordo di tutti i suoi chiaroscuri, un momento di questo S. Valentino.
Perché, forse, avrà aperto uno spiraglio dentro di voi. Vi avrà fatto ipotizzare quello che, normalmente, un bambino non ipotizza mai.
Il decentramento dell’ intero Universo da lui conosciuto. Il riuscire a concepire “…sì, ma tu sei più importante”. Lo scoprirvi arrossiti, solo perché qualcuno vi ha degnato di un ” ehi ciao!” lungo il corridoio della vostra scuola. Il riempire pagine di diari col suo nome scritto in fucsia. O il disperarvi sul vostro cuscino, solo perché iniziavano le vacanze estive e non vi sareste potuti vedere per un mese intero.Quando ogni parola spesa e ricevuta era una conquista. Quando contavate il numero delle occhiate ricevute e qualcosa dentro di voi esplodeva, urlando ” Mi ha guardato!” .
Riuscite a richiamare tutto questo alla mente? La prima volta che avete sfiorato la mano di qualcuno. Le telefonate a casa (quando ancora i cellulari non erano di uso tanto comune), col rischio di dover tirar fuori, tutto d’un fiato, “SalvesignoraRossisonoMattiac’èMargheritagrazie?”. O la gita scolastica in cui speravate che quel qualcuno, per un’ assurda congiunzione astrale, si sedesse proprio al vostro fianco sul pullman. Sentite rinascere in voi quella sottile forma d’ansia?
Forse quel lui o quella lei, è stato il vostro Sole. E voi dei piccoli, coraggiosi, Galilei.
E, se potete, diteglielo. Ringraziatelo. Anche se il tempo o le incomprensioni hanno destrutturato tutto. Anche se voi ora vivete a Firenze e lui/lei a Ranghiroa.
Anche se vi avesse fracassato il cuore. Ringraziatelo. Perché forse quello era il suo compito nelle vostre vite.
E, nell’ istante in cui avrete il privilegio di guardare negli occhi chi amate ora, dedicategli un pensiero.
Forse, quella persona vi ha offerto questa possibilità. Di saper capire. Di saper vedere. Di sapervi aprire a qualcun altro.
E, se vi capiterà di brindare, almeno col pensiero, brindate anche a lui.
A ciò che è stato. Splendido. Coinvolgente. Ossessivo. Straziante. Luminoso come un mattino di Primavera.
A ciò che è stato. Paradiso.
[Listenin' to: "Paradise" -Coldplay]