Proviamo a rivivere quella parentesi di storia sarda.
La Sardegna, a seguito del trattato di Londra del 2 agosto 1748, era stata ceduta dall’Austria ai Savoia, in sostituzione della Sicilia. La storia ci narra delle vicissitudini dell’Isola della quale i Savoia ben poco conoscevano la realtà storica e culturale. Vero è anche che molteplici erano i problemi a cui il governo piemontese dovette fare fronte.
Nel tempo ben poco potevano gli editti e le istituzioni a sanare una situazione logora che i domini precedenti avevano lasciato sull’Isola. Per meglio riuscire nel governo della Sardegna, Carlo Emanuele III aveva istituito , a Torino, il Supremo Sacro Consiglio di Sardegna che aveva il compito di indicare le linea di politica da adottare nell’Isola.
Ciò nonostante i veri problemi dell’Isola o non furono sufficientemente analizati dai Savoia o vennero del tutto ignorati. La Sardegna vive un periodo di riforme che non le appartengono di fatto e che spesso si scontrano con le vere esigenze dell’Isola.
Quando nel 1789 scoppiò la rivoluzione francese, sembrava che ancora una volta la Sardegna fosse fuori dal grande movimento di rinnovamento e di rivolta contro le monarchie.
Scoppiata la guerra tra Francia e Savoia, fu progettata l’invasione della Sardegna, caldeggiata soprattutto da giacobini corsi. Sembrava un’impresa utile, nell’ottica degli eventi che vedevano la Francia impegnata in una guerra europea, e facile, in quanto l’Isola era difesa da pochi reparti regolari con scarse artiglierie. In queste condizioni, mentre le cose si mettevano male in Piemonte, lo stesso viceré Balbiano si mostrava poco propenso a organizzare un’efficace difesa dell’Isola.
Fu allora che, per iniziativa dell’aristocrazia sarda, lo stamento militare autoconvocato dopo più di novant’anni promosse il richiamo dei miliziani
Se ciò fece pensare che la Sardegna sarebbe presto caduta, i fatti successivi ne furono una smentita; infatti i Francesi per ben due volte e quasi contemporaneamente furono sconfitti e ricacciati a mare dai Sardi.
A Cagliari dove, dopo un duro bombardamento, le truppe francesi furono assalite e sgominate dalla cavalleria miliziana sarda; a La Maddalena, dove un corpo di spedizione proveniente dalla Corsica e tra i cui ufficiali era il giovane Napoleone Bonaparte fu respinto e costretto a ritirarsi.
Mentre il re distribuiva ricompense soprattutto agli ufficiali piemontesi, si manifestarono le condizioni per una frattura tra Sardi e Piemontesi e insieme per un rilancio dello spirito autonomistico.
Il mancato riconoscimento del valore dei Sardi fu in effetti l’ultimo di una catena di eventi che si era posta in movimento già precedemente: l’autoconvocazione dello stamento, la consapevolezza del ruolo giocato dai Sardi nella difesa dell’Isola e la incapacità mostrata dal viceré e dal suo governo ad assumere una responsabile condotta nella circostanza fecero esplodere le contraddizioni che si erano create molto prima.
Fu stabilito di mandare dei delegati a Turino per fare al re delle richieste precise condensate nelle famose Cinque domande, in cui gli stamenti auspicavano: che fosse ripresa la regolare convocazione del parlamento per la trattazione degli affari generali e per la discussione del donativo; che fossero riconfermati antichi privilegi del regno caduti in desuetudine; che fossero nominati negli impieghi civili, militari e nelle cariche ecclesiastiche esclusivamente Sardi; che venisse costituito di un Ministero per la Sardegna a Torino e, a Cagliari, un Consiglio di Stato per i controlli di legittimità.
I delegali stamentari a Torino furono tenuti per alcuni mesi in attesa, nessuno li prese sul serio, nessuno diede loro risposte mentre a Cagliari e in Sardegna aumentava la tensione e la volontà di rivolta.
Quando poi nell’aprile del 1794 fu chiaro che la risposta del governo non era affermativa la tensione giunse all’apice.
I piemontesi avevano avuto sentore della minaccia che si andava creando nell’Isola e a cui si diceva facesse capo la famiglia dell’avvocato Cabras e suo genero Efisio Pintor. Così il 28 aprile un folto picchetto di soldati si dirigeva verso verso il quartiere di Stampace alla casa dell’avvocato Vincenzo Cabras che fu arrestato .
Il plotone, si avviò verso il Castello, mentre una piccola folla si andava formando. L’avvocato Efisio Pintor, in groppa ad un cavallo, percorse le vie di
I rivoltosi, aperte tutte le porte, si precipitarono verso la porta Cagliari, primo baluardo del Castello, e dopo averla bruciata, irruppero nel quartiere Castello mettendo in fuga e arrestando i soldati che montavano la guardia. Altri invece puntarono verso la porta della torre dell’Elefante, ed altri ancora verso la torre del Leone.
I piemontesi furono ben presto sopraffatti anche grazie all’aiuto dei galeotti, nel frattempo liberati dal bastione. Il popolo invase il palazzo viceregio alla ricerca del Vicerè che aveva trovato rifugio nel collegato palazzo arcivescovile. Ben presto i cagliaritani giunsero anche nel palazzo arcivescovile, facendo prigioniero il Vicerè Balbiano e tutte le massime autorità piemontesi .
Si stabilì che il Vicerè, con i suoi ministri e tutti i piemontesi e i savoiardi, fossero imbarcati con sicurezza e senza che fosse fatto loro del male e finalmente il giorno 7 maggio 1794 tutti i piemontesi furono accompagnati al porto e imbarcati su tre navi.
Sa die de sa Sardinia, un giorno glorioso per tutta l’Isola.