Sabato sera, cinque dicembre

Da Nuvolesparsetraledita

Pomeriggio di corse fra supermercati e negozi: una sciarpa il cibo del gatto il mascara nuovo; dentro e fuori togliendo rimettendo i guanti, stringendosi addosso la giacca; ti accecano le luci: si avvicina Natale, sono chiassose, sfavillanti, esagerate.

I negozianti dei mercatini si strofinano forte le mani guantate, si soffiano sulle dita; le casette di Babbo Natale hanno aperto le porte ai turisti: i bambini si accalcano, tirano per la mano le madri, strappano promesse, fanno promesse. Gli addobbi delle vetrine coi rossi, gli argenti, i festoni dorati ti invitano ad entrare; sei stella anche tu, sei festone, sei il fiocco d’oro, il cuore rosso palpitante, la catenadi campanelle tintinnanti.

 Una maglia pesante serve sempre, pantaloni a quadretti e cappello nero di panno pesante quasi panama per far spuntare sulle spalle i riccioli colore di foglia secca, il nasetto alla francese: Lalolle incontra gli amici, è lontana da un mese, stasera uscirà presto e tornerà tardi, lo sai ma non importa: è a casa.

Sui rami stillanti nebbia le ultime foglie si accartocciano, incerte: sarà forse l’ultima loro notte, questa. Il lauroceraso trasuda umidità ed è di un verde così scuro che si confonde con la notte. La magnolia dei giardini è quasi invisibile, in questa sera di sabato, offuscata dalle luminarie di Natale, tacitata dai saluti che si intrecciano fra la gente che passa.

Ice si è fatta la frangia che incornicia nerissima gli occhi grandi, nerissimi anch’essi. Allora si prova qualcosa di rosso, un cappotto amaranto, un golfino bordò luccicante, il collo di lana ad anello –  melange, quasi bianco –  poi scuote i capelli davanti allo specchio sbuffando e non vuole comprare niente.

A casa c’è profumo  di vaniglia e cannella, gli aromi buoni dal forno: le candele rosse accese hanno un  vago profumo speziato. Ti accoglie – tornando – il calore delle stanze, il gatto che si struscia contro le tue gambe e gnaula aspettando una carezza, i rumori dei vicini che parlano forte cenando, il televisore acceso ma nessuno che lo sente. Spegni le luci, passando: il chiarore è già dentro.

E’ sbucata la Luna, ha rotto il muro della nebbia ed è comparsa alta nel cielo; riposa anche tu – stasera – non pensare a null’altro che alla sera tranquilla, stasera.

Avvento

Affascinate, cieli, con la vostra purezza queste notti d’inverno
e siate perfetti!
Volate più vive nel buio di fuoco, silenziose meteore,
e sparite.
Tu, luna, sii lenta a tramontare,
questa è la tua pienezza!

Le quattro bianche strade se ne vanno in silenzio
verso i quattro lati dell’universo stellato.
Il tempo cade, come manna, agli angoli della terra invernale.

Noi siamo diventati più umili delle rocce,
più attenti delle pazienti colline.

Affascinate con la vostra purezza queste notti di Avvento,
o sante sfere,
mentre le menti, docili come bestie,
stanno vicine, al riparo, nel dolce fieno,
e gli intelletti sono più tranquilli delle greggi che
pascolano alla luce delle stelle.

Oh, versate, cieli il vostro buio e la vostra luce sulle nostre
solenni vallate:
e tu, viaggia come la Vergine gentile
verso il maestoso tramonto dei pianeti,
o bianca luna piena, silente come Betlemme!

Thomas Merton
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