Saccottini con crema dolce al formaggio, cedro e arancia canditi

Da Pamirilla

Ho trovato questa ricetta parecchio tempo fa, su una pubblicazione di cucina del Corriere della Sera.
Mi piaceva la foto e m’incuriosiva che ci volesse il pecorino.
Pecorino???? Mi pareva strano.
Così ho provato.
Buonissimi.
Poi però non li ho più fatti e sulla ricetta non ho riportato nessun appunto perciò temo sorprese.
Ma ormai c’è confidenza tra di noi e oggi abbiamo voglia un po’ tutti di divertirci a provare, pensare per non pensare, buttarci. Sapete com’è: la primavera che arriva.
Teresa indossa colori allegri e inconsueti per lei e si prende cura dello sconforto di Giorgio.
Caterina non vuole pensare a niente e Giada sembra un’adolescente che ha cambiato comitiva di amici: allegra e circospetta.
Faccio leggere la ricetta, tutti guardano la foto.
Si, è una bella foto, ma vi prego, guardate la ricetta!!!!
Io oggi non ho nemmeno la mia reflex e sarà difficile fare una foto almeno decente.
E un po’ mi scoccia a guardare questa qua…….
Dai, dai, dai.

Ingredienti per la pasta:

500g. di farina
120g. di burro
100g. di zucchero
1 uovo
Sale

        “Sarà troppa farina?” osserva Stefano. In effetti…….
Stefano ha un feeling incredibile con la pasta frolla e le paste in genere e giustamente nota che, se burro, zucchero e uova sono quelli che si usano per 200g di farina come fanno, qui, a starcene 500? Questa pasta è più spessa, resistente ed elastica della frolla e non deve essere friabile ma mezzo chilo di farina sembra veramente troppo.
Beh, partiamo con 400g, poi vediamo, dico.
Sabbiamo il burro con la farina, lo zucchero e un pizzico di sale e poi aggiungiamo l’uovo.
Non c’è abbastanza liquido perciò aggiungo un poco di acqua e un tappo di rum, perché la pasta venga croccantina.
Farina, in effetti, basta. Correggere ricetta: farina solo 400g.

Per la farcia:

1 lit. di acqua
200g di semola
200g di zucchero
200g di pecorino finemente grattugiato
U pizzico di zafferano

Arancia e cedro canditi  

Messo ½ litro d’acqua nel pentolino già mi sembra di capire che un litro è troppo.
Giorgio suggerisce di fare metà dose e vedere quanto impasto viene. In caso si può farne altro dopo.
La classe assente e consente. Ma che svegli ‘sti ragazzi. E pensare che è quasi primavera.
Quando l’acqua bolle Caterina versa a pioggia semola e zucchero e mescola veloce con la frusta. In un attimo la pasta si rapprende e Caterina non ce la fa a vincere contro la forza di resistenza del “gollum” micidiale. Irene prende in mano la frusta e la situazione e comincia a sudare. La pasta è collosa, dura da girare. Ma se non si mescola bene e velocemente si formano grumi perciò esorto al vigore: “gira, gira!!!!” e mi guardo bene dal farlo io, che oggi energie proprio niente.
Meno male che abbiamo uomini, qui. Tra Stefano, pieno di energie, e Giorgio, pieno di rabbia, riusciamo ad avere un bell’impasto cremoso ed omogeneo. Secondo me ci andava un pochino più di acqua, comunque, ormai, continuiamo. Cotta la semola per 10 minuti e unito un pizzico di zafferano va aggiunto il pecorino. Giada ha grattato pecorino e un dito perciò tocca scansare sangue e pecorino e utilizzare il pecorino pulito. Dopo tutto è quasi primavera e Giada non brilla per elevato livello d’attenzione già di suo.
Mentre Giada s’incerotta butto un occhio a Irene che ha tagliato sottilmente le scorzette di arancia e cedro candite e mi sembra che le sue, di dita, abbiano superato la prova.
Dopo aver versato nella crema il pecorino e le scorzette Giorgio mescola sul fuoco dolcissimo ancora per due minuti e poi togliamo dal fuoco.
In effetti l’impasto che abbiamo ottenuto mi sembra più che adeguato alla quantità di pasta per il guscio.
Correggere ricetta: farcia metà dose.     

Prendo la pasta dal frigo.
Opinioni: Irene dice di stenderla sottile e poi tagliarla con il coppa pasta invece Stefano vuole prenderne una piccola quantità, stenderla e farcirla. Il metodo di Stefano sembra assurdo ai più perciò Irene prende metà della pasta e la stende. Si accorcia. La ristende. Si riaccorcia un po’. Irene la acciacca con tigna e poi la guarda minacciosa. La pasta sta. Coppa pasta rotondo, la pasta si taglia male, si strappa, si ritira e il disco si fa troppo piccolo per la farcia e troppo spesso. Irene trattiene il turpiloquio che si è, d’istinto, affacciato sulle sue labbra (perché è una signora, dopotutto) e Teresa prende il coppa pasta, ritaglia un disco, lo posa sul palmo e con il cucchiaio prende una noce di farcia, la porta sulla pasta ma la farcia resta incollata al cucchiaio. Agita un poco: niente. Batte sul palmo e sulla pasta, la farcia non scende ma la pasta si strappa. Teresa che dice parolacce fa ridere. Non è da lei. Giada propone di buttare tutto e fare una torta. Invece Stefano ammorbidisce la farcia mescolandola un poco con un cucchiaio di legno. Prende una noce di pasta, la stende con il mattarello piccolo e si capisce che vorrebbe farne un disco ma viene una forma strana. Comunque non si scompone, prende un po’ di farcia con il cucchiaio di legno, la spinge con un altro cucchiaio al centro del disco di pasta poi prende delicatamente il tutto in mano, chiude con le dita i lembi della pasta sulla farcia e forma un saccottino, sigillandolo parzialmente. Cerca di conferire una forma aggraziata e lo adagia nello stampo.
Il metodo funziona. Non molto professionale, penso. Piuttosto farraginoso. Ci vorrebbe un secolo a fare 50 saccottini in questo modo. “ Magari butto tutto e facciamo una torta” ma mentre lo penso si sono messi tutti a pizzicare pezzi di pasta dalla massa, stendono forme improbabili che non somigliano neanche lontanamente ad un disco e appozzano nella farcia sgomitandosi l’un l’altro. Un festival di cucchiai che lottano contro la il magma di semola e formaggio! Giorgio ha farina fin sui capelli e la tristezza gli si è impolverata a tal punto che ogni tanto gli escono sorrisi involontari. Giada si è impiastrata ovunque ma ha preservato il cerotto e il dito infortunato e Teresa ha un lampo negli occhi e due strisce di farina sulla guancia destra. Ridono.
È la cosa più peciona che abbia mai visto. Anche una delle più divertenti.
Però, a onor del vero, devo dire che lo stampo va via via riempendosi di fagottini dall’aspetto grazioso. Qualcuno è troppo spesso, dico, fate attenzione.
Poi tutto in forno a 200°, ci vorrano 20 minuti per sapere se sbracano o se manterranno la forma.
Mantengono.
Penso: “correggere ricetta: da utilizzarsi in casi estremi. Faticosa, si sporca parecchio, si ride troppo. Poco seria.”  

I saccottini escono dal forno. Spolverizzo con abbondante zucchero a velo e cannella.

Anche oggi è andata.

Da ora faranno tutti a meno di me: sto per partire.
Da domani sarò altrove per un po’.

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