Saggio (da) ritrovare – 9: “Ettore Scola, un umanista nel cinema italiano” di Ennio Bíspuri

Creato il 05 giugno 2013 da Sulromanzo
Autore: Alessandro PuglisiMer, 05/06/2013 - 16:30

Le monografie dedicate a personaggi del mondo del cinema, siano essi registi, attori, o “tecnici”, possono soffrire di due difetti: eccedere nell’accademismo, dando spazio a riflessioni tanto involute e arzigogolate dal punto di vista linguistico da richiedere preghiere di illuminazioni. Oppure, difetto opposto ma non meno importante, far trasparire in maniera smodata la propria passione e il proprio apprezzamento per l’oggetto delle argomentazioni.

Il bel saggio Ettore Scola, un umanista nel cinema italiano, di Ennio Bíspuri, edito da Bulzoni nel 2006, è un ottimo esempio di riuscito compromesso tra competenza e accessibilità, documentazione e riflessione, formazione ed esiti.

Ettore Scola è un regista d’altri tempi, e ha fatto anni di dura gavetta, sin da giovanissimo, come vignettista prima, autore di programmi radiofonici per Sordi, poi, e anche “negro”, cioè collaboratore alle sceneggiature ma non accreditato, senza firma. Quegli inizi faticosi e “dietro le quinte” si sono poi sostanziati, grazie all’acquisizione della sostanza del mestiere di regista, in film fondamentali per la nostra cinematografia: da Se permettete parliamo di donne (1963) a C’eravamo tanto amati (1974), da La terrazza (1980) a La famiglia (1987).

Bíspuri approccia con grande ordine l’esposizione, suddividendo il testo in capitoli distesi, dedicati alla formazione, alla poetica, allo stile, senza tralasciare analisi più sistematiche delle singole opere, utili per osservare costanti e trasformazioni nella produzione di quello che possiamo definire, senza far torto a nessuno, uno dei più grandi geni del cinema italiano.

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