Bisognerebbe applaudire Hedi Slimane. Davvero. Se non per l’originalità (d’accordo, anche per quella), almeno per l’effetto sorpresa, che aiuta e funziona sempre. L’impeccabile celebrazione del mito della primavera estate scorsa rasentava, in effetti, la perfezione e svelava un Saint Laurent che non era mai stato così Saint Laurent se non con Slimane. Il tuxedo, la sahariana, la camicia smoking, la pelle e le trasparenze, simboli indiscussi della maison sono stati rievocati con una tale grazia e purezza di spirito per poi essere smentiti nel giro di un quarto d’ora. Tutto è il contrario di tutto. Caos totale. Le aspettative crollano; spazio al presente, non più ad un polveroso, glorioso è vero, passato.
Dire che la bad girl prende il sopravvento è scontato quanto vero, in casi come questi. Il nero pulito e rigoroso viene aggredito da un nero un po’ biker, grunge, quasi fetish. Kurt e Courtney tornano alla ribalta, simboli di uno street style mai attuale come ora. I pezzi chiave del marchio con l’inconfondibile ed esplosiva impronta di Slimane ci sono tutti: il coat maschile, leggermente over, copre preziosi e morbidi miniabiti; gessato a doppiopetto, si abbina a leggere sottovesti, il total black sotto il ginocchio, sopra la pelle nera dei due pezzi. Un bon ton ribelle ed eversivo abbina gli inamidati colletti bianchi, così casti e monacali, al punk del tartan di lana, impreziosito dagli orli borchiati o al floreale, gioioso e spensierato, di solito un must per la primavera, così trasandato, oserei dire sciatto e malconcio, da suggerire sicuramente nuovi spunti di riflessione (ricordiamoci che è pur sempre un autunno inverno). Per la sera si va sulle trasparenze, cita abilmente Slimane, che sono obbligatoriamente mini: la pelle o le paillettes sul decolleté sono le protagoniste assolute che vanno a impreziosire il voluto e quasi barocco disordine della collezione. L’oro e l’argento ornano i cocktail dress di voile e chiffon, in fortissimo contrasto con le camicie check in cotone, iconiche quanto intelligentemente inappropriate per le grandi occasioni. La negazione dell’eleganza diventa l’eleganza, quel London punk dei collant a point d’esprit alla Westwood si affermano ora come la studiata casualità dell’arte dell’abbigliamento. I biker boots di pelle nera ne sono un’ulteriore conferma (ora stringati ed essenziali, ora incrostati di decorazioni dal gusto militare), ribadiscono il forte messaggio di questo nuovo, opposto a tutto, Saint Laurent: la moda guarda al presente più attuale, ristudiando il passato, ammiccando al futuro. Così dannatamente aggressivo, spregiudicato quanto convinto, il dark side della ragazzina per bene emerge violento, imponendo nuovi paradigmi all’ineccepibile prêt à porter parigino.
Martellanti e assordanti, i Thee Oh Sees accompagnano la passerella, reintroducendo quel fascino californiano da garage band, provocatorio ma assolutamente azzeccato, che si era dimenticato da tempo. Nel ’93 i Cobain avevano bruciato l’intera primavera estate donata loro da Marc Jacobs (“We burned it. We were punkers, we didn’t like that kind of things”, ricordate?), ora Saint Laurent rievoca quei tempi, quel mood allucinato e sconvolto. Slimane assume da ora il totale controllo della maison, facendo a modo suo e riscrivendo completamente un periodo e un marchio.
“Se Coco Chanel ha liberato la donna, Yves Saint Laurent le ha dato il potere”.
Articolo di Federico Rocco.