Salato come il Mar Morto

Creato il 09 luglio 2014 da Media Inaf

Crediti: NASA/JPL/SSI/Univ. of Arizona/G. Mitri/University of Nantes

Salato come il Mar Morto: è questo quello che un gruppo internazionale di scienziati ha scoperto studiando l’oceano nascosto sotto la superficie di Titano, la luna più grande di Saturno. Analizzando i dati su gravità e topografia raccolti dalla sonda della NASA/ESA/ASI Cassini nei flyby degli ultimi 10 anni, i ricercatori, guidati dall’italiano Giuseppe Mitri, hanno elaborato un nuovo modello della struttura di Titano e del suo guscio ghiacciato.

“Si tratta di un oceano estremamente salato, almeno secondo gli standard che abbiamo sulla Terra”, ha spiegato Mitri, ricercatore presso l’Università di Nantes (France) e in passato anche associato presso lo INAF-IAPS di Roma. Questo risultato potrebbe cambiare tutte le carte in tavola, perché in questo caso non sarebbe più la dimora adatta a una qualche possibile forma di vita, “ma le sue condizioni – ha aggiunto Mitri – potrebbero essere state differenti in passato”. “La possibile alta salinità dell’oceano sottosuperficiale di Titano ci suggerisce che sia esistita, durante l’evoluzione di questo satellite, una forte interazione diretta tra l’oceano e l’interno profondo roccioso - fondamentale per la formazione di vita. Inoltre dobbiamo considerare che alla superficie di Titano è presente materiale organico, idrocarburi come il metano e l’etano, e possibile presenza di criovulcani. Tutto questo potrebbe aver favorito la formazione di ambienti favorevoli allo sviluppo di vita su questo satellite di Saturno.

Da anni i ricercatori che si dedicano a Saturno e alle sue lune studiano i bacini di metano ed etano liquido in superficie, ma ancora più interessanti sono le ricerche sull’oceano sotterraneo che non è mai stato osservato direttamente. Mitri si occupa dello studio della struttura interna di Titano dall’inizio della missione Cassini-Huygens ed è dal 2013 Participating Scientist della missione. “Durante la missione Cassini è stato possibile misure non solo il campo di gravità, ma anche le sue variazioni temporali, che sono dovute alla deformazione mareale prodotte da Saturno”, ha spiegato a Media INAF il ricercatore che ora lavora in Francia. “Analizzando con modelli numerici le deformazioni mareali dell’interno di Titano abbiamo trovato che possiamo spiegare l’alta deformazione solo se è presente all’interno di Titano un oceano con un’alta densità (tra i 1200 e 1350 kg m^-3), che può essere solo spiegata con la presenza di sali all’interno dell’oceano”.

“Titano continua ad essere un mondo affascinante e con Cassini stiamo svelando sempre più misteri”, ha detto Linda Spilker, scienziato della missione presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena (California). Lo studio è stato pubblicato su Icarus. Ciò che è stato scoperto è che l’oceano è estremamente denso: non è composto di acqua allo stato liquido (come uno qualsiasi dei nostri mari), bensì si tratterebbe di una sorta di “salamoia” estremamente salata, quindi una miscela di acqua in cui è disciolto un composto salato di zolfo, sodio e potassio. La densità rilevata conferirebbe all’oceano un contenuto di sale pari ai bacini di acqua più salati della Terra.

Mirti ha aggiunto che per adesso “non è ancora possibile determinare con una buona approssimazione lo spessore della crosta ghiacciata di Titano visto che la deformazione mareale dipende principalmente dalla densità dell’oceano e non dallo spessore della crosta ghiacciata. Quindi siamo riusciti a dare una stima dello spessore che dovrebbe essere compreso tra i 50 e 100 km (al di sotto del quale si troverebbe l’oceano – ndr). Inoltre, dalla comparazione tra la topografia superficiale e la gravità siamo però riusciti a determinare che esistono delle variazioni di spessore della crosta alla sua base dell’ordine di 1 km”. Lo spessore della crosta ghiacciata del satellite di Saturno, quindi, cambierebbe a seconda delle zone e sembra che stia diventando sempre più solido, mano a mano che l’oceano sotto di esso cristallizza. Mirti ha detto: “il calore è trasportato al suo interno per semplice conduzione termica e la crosta
ghiacciata è probabilmente in una fase di ricongelamento”. Se il guscio non fosse per la maggior parte solido e rigido, la luna tenderebbe a pareggiare la sua forma nel tempo, come la cera calda di una candela. Questo processo di congelamento avrebbe importanti implicazioni per l’abitabilità degli oceani di Titano, in quanto limiterebbe la possibilità dei materiali di spostarsi tra la superficie e i bacini sotterranei.

Lo studio conferma anche che la causa della presenza nell’atmosfera di Titano del 5% di metano è dovuta a un fenomeno chiamato “degassamento”: le molecole di questo gas vengono scisse dalla luce solare e salgono fino nell’atmosfera. Quello che incuriosisce i ricercatori è come il metano tenda a rigenerarsi sulla superficie: per questo si pensa che ci sia un qualche tipo di processo geologico attivo, una fonte perpetua di gas o punti caldi sotto la superficie. “L’atmosfera di Titano – ha sottolineato il ricercatore italiano – è principalmente formata di azoto. Il metano è stato trasportato probabilmente dall’interno più profondo verso la superficie in tempi relativamente recenti visto che è un gas non stabile
nell’atmosfera. Dal nostro studio abbiamo capito che la crosta ghiacciata è rigida e in una fase di ricongelamento: questo dovrebbe prevenire processi globali che hanno coinvolto l’intero corpo nel
degassamento del metano. Il fenomeno dovrebbe essere dovuto piuttosto a processi locali: sulla superficie di Titano abbiamo osservato possibili criovulcani, come la struttura chiamata Sotra Patera“.

Studi futuri potranno confermare sia la teoria dell’estrema salinità dell’oceano di Titano e sia l’origine del metano nella sua atmosfera.

Per saperne di più:

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Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni


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