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“Sale, zucchero e caffè”… e forse qualche altra sostanza: sul perché NON acquisterò l’ultimo libro di Bruno Vespa. Dagli ammonimenti di Nonna Aida al “pregiudicato” della Gabanelli, giornalisti a confronto.

Creato il 06 novembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

3Dnn+9_2C_med_9788804633525-sale-zucchero-e-caffe_originaldi Rina Brundu. Che d’un tratto mi vengono delle idee davvero balzane (malsane?); perché no?, mi dico, in un momento di paranoia mentale procurata dall’avere letto dell’ennesima “gaffe” berlusconiana che imbottirebbe l’ultimo tomo di Bruno Vespa “Sale, zucchero, caffè” (Mondadori Editore): acquisto quel libro, lo recensisco, vado a sincerarmi di persona di cosa scrive, come lo scrive e se questo non è un altro caso di “much ado about nothing” editoriale come sempre accade in Italia. Che a volte perdo la pazienza in meno di un secondo: Amazon mi informa che il count-down non è terminato, manca ancora un giorno alla data fatitica del 7 novembre, the official release date (manco fosse l’ultima produzione di Spielberg!). Insomma, dovrei aspettare fino a domani per scaricare il file sul dispositivo: fino a domani? Ma possono anche darmi certezza che io per domani non abbia già tirato le cuoia? No, di fare un pre-order non se ne parla, se il libro non è disponibile non lo compro!

È stato allora che ha catturato la mia attenzione il curiosissimo summary (o poema elogiativo?) a quello stesso testo proposto da Amazon:

“Nonna Aida è l’ispiratrice di questo singolarissimo libro di Bruno Vespa, radicalmente diverso da tutti i suoi precedenti best-seller. Una nonna che faceva di nascosto provviste di sale, zucchero e caffè per non lasciarsi sorprendere da imprevedibili emergenze come quelle della guerra, viziava il nipote prediletto, ma lo ammoniva a frequentare soltanto persone più brave e migliori di lui, contribuendo in modo determinante alla sua primissima formazione. Nel ricordo di questa donna straordinaria, Vespa racconta la storia d’Italia – dalle rovine della guerra ai recenti sussulti imposti alla politica dalla condanna di Berlusconi – nella sua personalissima visione prima da spettatore e poi, fin da giovanissimo, di testimone professionale di settant’anni di vita nazionale. I sacrifici di un paese in ginocchio, le ansie per la mamma maestra che raggiungeva i paesini del Gran Sasso in bicicletta, la morte prematura del padre, la rinascita e il miracolo economico vissuti nel microcosmo della provincia, l’emozione per l’arrivo degli elettrodomestici e del televisore in un’Italia che sembrava avviata alla crescita infinita, il ruolo decisivo di una scuola in cui l’autorità del sapere assicurava agli insegnanti una posizione centrale nella società. La prima giovinezza sacrificata a un giornalismo troppo precoce, la diffidenza verso Roma e, poi, l’abbandono sensuale al suo fascino irresistibile. L’incredibile vicenda del concorso alla Rai nel 1968 e, da quel momento, la partecipazione da testimone-attore ai principali avvenimenti della storia italiana, dalla strage di Piazza Fontana a oggi. Vespa narra, senza reticenze e rivelando molti retroscena, luci e ombre delle sue vicende personali e professionali, il predominio della politica in cui tutto cambia perché nulla o poco cambi, la fragile e longeva continuità della Prima Repubblica, la burrascosa nascita e l’esaurirsi della Seconda – che ha avuto in Berlusconi il protagonista assoluto e controverso – sotto i colpi populisti di Beppe Grillo e del Movimento a 5 stelle, fino all’ingovernabilità sancita da un risultato elettorale paralizzante e ai sacrifici (e ai compromessi) richiesti dalla Grande Coalizione. Gli incontri con i pontefici e tutti i capi di Stato e di governo dell’ultimo cinquantennio si alternano a quelli con persone semplici, sofferenti e coraggiose che sono state la vera colonna portante dell’Italia nei momenti più difficili. Ma anche al racconto degli aspetti divertenti e leggeri del mestieri di giornalista televisivo, e delle “polemiche” all’interno di una famiglia in cui il ruolo del notissimo conduttore è sempre stato giustamente ridimensionato perché i figli non avessero una visione distorta del suo ruolo nella società. Un diario a cuore aperto per conoscere meglio i chiaroscuri di quello che –nonostante tutto – rimane un grande paese, con diritto di alla speranza” (dal summary al testo “Sale, zucchero, caffè” di Bruno Vespa visibile sul dispositivo Kindle di Amazon).

Che dopo avere letto questa recensione, così, senza respirare, la prima persona con cui ti viene di prendertela è proprio Nonna Aida! Avendo però una vera predilezione per le nonne, io tendo a scusarla, parendomi che lei ci abbia comunque provato “lo ammoniva a frequentare soltanto persone più brave e migliori di lui”: dobbiamo chiedere proprio a lei di rendere conto di tutto il campionario che abbiamo visto a “Porta a Porta” in questi anni?; no, non mi sembra corretto! Che poi non ti rimane neppure il tempo di incazzarti troppo perché te ne stai già lì ad interrogarti sul senso filosofico dell’espressione “testimone professionale”: vorrà dire – ti chiedi –  che gli altri – cioè noi, cioè quelli che sono testimoni della Storia per conto proprio e non per conto terzi – quelli non sono testimoni attendibili? Confesso che per alcuni secondi il dubbio che una tale scrittura non sia una grossa boiata può prenderti, assillarti, poi però basta un solo respiro profondo per farlo venire meno; del resto a dare una mano nel dissipare i pensieri impuri ci pensano diverse parti ilari di questo mitico resumé: dal concetto di “giornalismo troppo precoce”, al problema della “diffidenza verso Roma”, e dell’ “abbandono sensuale al suo fascino irresistibile”, all’ “incredibile vicenda del concorso in Rai nel 1968”, alla boutade degli incontri con le “persone semplici” (ma di chi stanno parlando: di Crepet e della Parietti?)”; prima di chiudere alla grande con l’immagine cult del ruolo “ridimensionato” dell’autore nel contesto famigliare pensato per fare in modo che i “figli non avessero una visione distorta del suo ruolo nella società”…. Che, detto così, il processo di “ridimensionamento” risuona comunque cosa molto formale…. Un poco come se gli audaci educatori di casa Vespa si fossero limitati a togliere l’accento dalla parolina “papà”, ordinando alla prole innocente di chiamarlo soltanto… papa. Gli incerti delle marchette editoriali!

Consequentia rerum è che non comprerò questo libro: né ora né mai! Come lettrice-che-avrebbe-potuto-essere mi resta l’amaro in bocca perché forse, in fondo, di questa saggia e simpatica Nonna Aida se ne sarebbe voluto qualcosa in più. E magari un quadretto intimo – separato dalle necessità delle manie di protagonismo e di gigantismo che sembrerebbero vincerla su tutto (almeno a leggere la recensione appena proposta e a considerare le oltre 400 pagine che formano il libro in questione), nonché separato da tutte quelle brutte compagnie che lei stessa ammoniva di non frequentare, forse lo avrebbe gradito anche lei, chissà?

Per le perle giornalistiche temo invece che occorra guardare da qualche altra parte, verso “Report” e la Gabanelli per intenderci. Sebbene io non ami troppo questo linguaggio-giornalistico-cool che va molto di moda oggidì (il linguaggio giornalistico-cool andrebbe infatti applicato con costanza, sempre, a sinistra, a destra, al centro, senza distinzioni e senza tema alcuna, soprattutto dagli operatori del Servizio Pubblico – e non solo quando a proposito dell’uomo Berlusconi!), davanti all’espressione che la giornalista di Rai3  ha usato con una straordinaria dialettica matter-of-fact durante l’ultima puntata del suo “Report”, non si può che fare tanto di capello: “Mentre noi continuiamo a perder tempo girando intorno alla decadenza del pregiudicato, dall’altro parte dell’oceano si riparte!”.

Chapeau, appunto! O, detto altrimenti: that’s the way you do journalism, Mr Vespa and I can assure you that it DOES take less than 70 years to learn it if you really wanna to!

Featured image, cover.

 

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