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Sallusti, finto carcerato incensato da tutti. Tranne che da don Pizzarro

Creato il 27 novembre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

La soap (perché di ciò si tratta) sembra volgere al termine. O almeno pare che l’epilogo della saga Sallusti stia arrivando: il direttore (ex, anzi no) del Giornale finirà ai domiciliari. Bene: sempre meglio del carcere. Tertium non datur. Una quarta possibilità, però, sì. Carcere (o servizi sociali) o legge salva-Sallusti: questo veniva prospettato qualche settimana fa. Una terza via, una terza soluzione non era preventivabile. Ed invece… Ecco  – grazie all’applicazione del decreto ‘svuota carceri’ – la quarta opzione.

Sallusti, finto carcerato incensato da tutti. Tranne che da don Pizzarro

Alessandro Sallusti e la sua secondina Daniela Santanchè

Al giornalista verrà risparmiata (meglio così, naturalmente) la galera: domiciliari a casa Santanchè, parrebbe. Dalla quale “voglio poter continuare a scrivere – urla -. Ogni altra richiesta è subordinata a questo”. Piccolo ricatto al magistrato di sorveglianza, un forzare la mano. Sallusti, lo abbiamo già ricordato, è stato trattato – non dai magistrati, ci mancherebbe, ma da colleghi (alcuni) e politici (tanti, quasi tutti) – da Sallusti. Ossia da
giornalista ben in vista, sovraesposto. Che ha utilizzato in certi frangenti la sua notorietà per ergersi a martire di non si capisce bene che cosa. Dato che la legge (condivisibile o meno che fosse) parlava e a quanto pare parla
(ancora) chiaramente. Mi chiedo e chiedo: se al posto di Sallusti ci fosse stato un qualsiasi collaboratore di una qualsiasi gazzetta di provincia, come sarebbero andate le cose, quantomeno a livello di interessamento della politica e di copertura mediatica della notizia? Domanda retorica, risposta scontata.
Sallusti ha fatto una stronzata. Senza contare che faceva lavorare un radiato dall’albo sotto pseudonimo, ha scritto (o permesso di scrivere) balle sapendo di mentire. Non ha rettificato, quanto tutti gli altri giornali lo hanno fatto. E la scusa “non è arrivato il fax di smentita e io non avevo neppure l’Ansa” non sta in piedi. No, non sta proprio in piedi. Eppoi non ha chiesto scusa: un gesto di umiltà che gli avrebbe salvato le chiappe, spingendo probabilmente il magistrato da lui accusato a rimettere la querela. Ma è andata diversamente. Ed eccoci qua.
Oggi il procuratore di Milano Bruti Liberati ha detto, motivando la richiesta della Procura per i domiciliari: “Se è ammissibile l’affidamento in prova ai servizi sociali, si può valutare un’alternativa al carcere anche se il
condannato non lo ha chiesto”. Cioè: anche se – tu condannato – non chiedi di non andare in galera, siamo noi Procura che, “in questo caso”, possiamo intervenire “per motivi di sovraffollamento carceri”. Al di là di tutte le
valutazioni strettamente giudiziarie, la vicenda Sallusti è l’ennesimo affresco socio-culturale che rappresenta una società asimmetrica: se sei famoso, conosciuto, Dio (se credi) e tutti ti aiutano. Altrimenti, cazzi tuoi.

Don Pizzarro


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