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Salute e aborto in Uganda: le balle del Guttmacher Institute

Creato il 03 marzo 2013 da Uccronline

Sede Planned parenthood Il governo americano continua incredibilmente a fidarsi delle relazioni sull’aborto del Guttmacher Institute, ovvero l’ente di ricerca di Planned Parenthood, cioè la catena più grande del mondo di cliniche abortiste. Inutile evidenziare l’enorme conflitto di interesse.

Nella sua ultima relazione il Guttmacher ha guarda caso raccomandato all’Uganda un maggior accesso all’aborto e alla contraccezione come modo per migliorare la salute delle donne e ridurre le gravidanze indesiderate. E’ la solita solfa abortista, nonostante sia ormai palesemente dimostrato che i Paesi in cui l’aborto è illegale godono di ottimi dati sulla mortalità materna e che la contraccezione non diminuisce affatto il tasso di interruzioni di gravidanza.

L’istituto abortivo ha stimato che poco più del 54% delle gravidanze in Uganda non sono intenzionali, e «il livello elevato di gravidanze indesiderate e il divario tra la reale e la desiderata fertilità  in Uganda può essere attribuito in gran parte all’insufficiente uso dei contraccettivi». Con il ragionamento del Guttmacher, un maggiore accesso ai contraccettivi in Uganda abbasserebbe il tasso di gravidanze indesiderate. Eppure gli Stati Uniti, che vantano un “bisogno insoddisfatto” di contraccezione del solo 6-7 per cento, hanno quasi la metà delle gravidanze come involontarie e tali gravidanze hanno più probabilità di finire in aborti negli Stati Uniti rispetto all’Uganda: il 47 per cento contro il 30 per cento.

grafico aborto

 

Le stime di mortalità materna legati all’aborto in Uganda sono variabili. Guttmacher cita fonti inedite di stima che arrivano al 26% e secondo lui sono dovute, guarda caso, all’aborto non sicuro. Tuttavia il dato è il doppio dei tassi diffusi dal Ministero ugandese nel loro annuale rapporto 2011-2012. Inoltre, mentre Guttmacher chiede un maggiore accesso ai contraccettivi e aborti, il Ministero della Salute ugandese ha definito le proprie priorità per la salute materna attribuendo il lento miglioramento della mortalità materna alla «mancanza di risorse umane [...], farmaci e materiali di consumo ed edifici e attrezzature adeguate».

Dunque siamo alle solite: dati male interpretati, considerazioni parziali e tanta ideologia.


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