Teseo e il Minotauro – Kylix attica. Museo del Louvre
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Nel piccolo parlour che è questo mio blog, nelle cui librerie e sui cui tavolini sono disseminati, nell’ordine che segue le mie curiosità e gli interessi che in me prevalgono in quel momento, i taccuini e le note delle mie riflessioni, delle mie idee, delle mie traduzioni, dei miei testi, ogni tanto, non spesso, offro un the, dei sandwich al cetriolo e qualche fetta di Victoria sponge cake a qualche ospite la cui conversazione cattura più di altri la mia attenzione e con cui il dialogo è diventato più profondo di un semplice saluto. E’ un luogo sereno, dove si sta bene in ristretta compagnia, o anche da sola, ascoltando le molte voci del passato o del presente, ma che vengono da lontano e a cui posso dare voce. Non amo compagnie troppo numerose e per natura sono molto selettiva (e sì, so che è un brutto difetto!) ma il criterio di questa mia selezione è unicamente quello dell’effetto che il suono di una voce produce dentro di me. Se stride, se dà fastidio alle mie orecchie interiori, se suona fessa (nel senso di spiacevole o sorda), lascio perdere. Ma ci sono voci che risuonano nel profondo, che scavano e si dilatano in un’eco capace di evocare idee ed emozioni forti. Così ho trovato che la voce di Salvatore Martino ha questo potere. Perché attinge al Mito e lo rilegge come strumento di analisi di se stesso e del presente. Una posizione che condividiamo. Si dice sia sempre bene frequentare spiriti affini.
Però a Salvatore, che viene dalla culla del Mediterraneo e da luoghi in cui il Mito intride ancora l’aria, la terra e il mare, non potevo offrire the e tramezzini al cetriolo. Per questo ospite ci vogliono aromi e sapori forti: al Mito i salotti vanno stretti e i suoi sussurri sono rombi di tuono.
“Il dàimon costringe l’uomo a vivere miticamente”, ha detto James Hillman e per chi ha il coraggio di arrenderglisi, questo è vero. Salvatore Martino, che di Mito ne capisce, mi ha fatto generoso dono del suo Minotauro. Impossibile non spalancare le porte a questa creatura formidabile. Se non c’è Mito che non parli dell’uomo, che non sia strumento di precisione per la comprensione della psiche umana, quello del Minotauro, stravolto per troppo tempo da una lettura disseminata di luoghi comuni, parla della gabbia che ci costruiamo, della confusione tra sogno e realtà, dell’illusione, della necessità di morire per rinascere. E non a caso è collegato al volo di Icaro. Ma anche alla violenza e determinazione con cui Teseo – uccidendo il Minotauro – in realtà lo libera.
Ecco, parlando del Minotauro, Salvatore Martino parla di sé, dà nuova vita al mito lasciandosene possedere, leggendolo con gli occhi di un quotidiano che si trasforma continuamente sotto l’incalzare del suo dàimon. Il percorso è dalla costrizione del labirinto alla liberazione attesa. Eppure quella liberazione che forse alla fine verrà, è temuta. Quasi angosciante. Tanto più vi si avvicina, tanto più inventa percorsi convoluti per allontanarsene. Costruisce dentro di sé immagini del tempo, dei luoghi, di cose e persone, cui tende le braccia e da cui poi fugge. Il Minotauro di Salvatore Martino è una creatura pirandelliana, fantasima di se stesso, creatore di se stesso e della propria realtà, eppure solido corpo senziente.
E davvero l’uomo vuole essere libero? Lo vuoi davvero? chiede il dàimon.
Francesca Diano
Il Minotauro
da La tredicesima fatica 1986
*
Nella penombra della costruzione
indovino presagi del delirio
le fenditure adatte per la fuga
il successivo giorno di mistero
Incatenàti alberi sopra la mia testa
un luccichio perverso delle mappe
possibili ingannevoli sortite
concave scale illudono
codesto labirinto spalancato
Controllo a sera tutti gli orologi
invento libri sopra il comodino
dimentico reperti occhiali passi
storie mai udite raccontare prima
casseforti che certo mi appartengono
e delle quali non possiedo chiavi
A volte mio malgrado mi addormento
cercando di oscurare Pasifae dai miei sogni
come un drammatico passo di alegria
un teorema di geometria risolto
i volti disperati delle vittime
– teneramente mi guardano
dal gorgo d’ineffabile sorriso
all’angolo diviso del quarto corridoio –
Così allontano da me
il sospetto di non essere nato
riannodo la trama sottile del discorso
da lungo tempo intrecciato con le pietre
che in un letargo diverso simularono
il volto irripetibile di Dio
Non so se mai mi sveglierò dal sonno
che alimenta delicati mattini
le passeggiate tra Celio e Palatino
la casa sopra i Colli Portuensi
la passione per calcio e pugilato
l’Antiquarium devastato dall’erba
il rumore ormai non familiare
del tredici del trenta
ancora verdi qualcuno giallo-arancio
Un’alba forse mi sorprenderà
a ricercare nella pattumiera
il filo trafugato dalla donna
mentre l’eroe officiava
la sua nonesistenza
In un sussurro indicherà
il nirvana impossibile
come trovare bevanda dell’oblio
insinuerà dentro di me il sospetto
che nessun uomo mai profanerà
il perfetto labirinto circolare
Un incubo diverso allora sogno
In quale modo affronterò la luce?
avvertirà l’orecchio le parole
aduso al naufragare dell’orologio?
Come risulterà lo specchio
da sconosciuta immagine trafitto?
I suoni apparterranno a scale
di note irraggiungibili
la bocca tenterà un sussulto
se appena l’accarezzeranno
il freddo improvviso della lama
dolcemente calato nella gola
Ogni sera percorro l’accaduto
immagino alla fine
la mia pelle resistere alla spada
forse allora non avrò più sangue
riconoscendo il volto di Arianna
venuta a liberarmi
(C) by Salvatore Martino RIPRODUZIONE RISERVATA
Salvatore Martino è nato a Cammarata, nel cuore più segreto della Sicilia, a mezza strada tra Palermo e Agrigento, il 16 gennaio del 1940. Attore e regista, vive in campagna nei pressi di Roma. Ha pubblicato: Attraverso l’Assiria (1969) ,La fondazione di Ninive (1977), Commemorazione dei vivi (1979), Avanzare di ritorno (1984), La tredicesima fatica (1987), Il guardiano dei cobra(1992), Le città possedute dalla luna (1998), Libro della cancellazione (2004), Nella prigione azzurra del sonetto (2009), La metamorfosi del buio (2012) . Nel 2015 è uscita la raccolta dell’opera completa, Cinquantanni di poesia (1962 – 2013)
È direttore editoriale della rivista di Turismo e Cultura Belmondo. Dal 2002 al 2010 ha tenuto un laboratorio di scrittura creativa poetica presso l’Università Roma Tre, e nel 2008 un Master presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli