I rapporti tra Salvini e gli zingari sono duri e su molte sue esternazioni non sono d’accordo, ma quando usa il termine “zingaro” sento di schierarmi dalla sua parte.
L’ultima bufera risale a qualche giorno fa quando ebbe ad usare la parola “zingari” su Facebook. Si diffuse la notizia che per avere usato quel termine fu addirittura sospeso per 24 ore dal social di Mark Zuckerberg. Poi tutto rientrò con le scuse di Facebook che confessò di avere commesso un errore.
Premetto che sono abbastanza critico verso gli eccessi di volgarità del linguaggio di Salvini, che poi è la linea politica della Lega stessa, che si basa su quel rozzo modo di esprimersi per impostare battaglie politiche estremiste e attirare consensi. Ma ci sono dei distinguo sui quali vorrei fare delle considerazioni.
Salvini e gli zingari. Il termine “zingaro” è offensivo?
Secondo me non è assolutamente improprio usare la parola “zingaro” ed in questo caso mi sento di condividere Salvini e mi chiedo dove sta scritto che questo termine sia offensivo e non possa essere pronunciato.
E’ “politicamente scorretto” dicono alcuni, è un termine “spregiativo” dicono altri, simboleggia un “pregiudizio razziale” dicono altri ancora. Eppure nei vari dizionari lo zingaro è colui che “appartiene ad un gruppo etnico originario dell’India, stanziatosi successivamente anche in Europa e nel resto del mondo, che conduce vita perlopiù nomade”. Qualcuno obietterà che ormai la maggior parte dei Rom non sono più nomadi, ma residenti, ma la tradizione vuole che siano sempre degli zingari, che, ripeto, non vuole essere un termine offensivo.
Salvini e gli zingari e i vucumprà, clandestini e negri.
Eppure questi termini esistono nei dizionari. Ma non c’è da stupirsi più di nulla. Il politicamente corretto di (anche) Boldriniana fattura (“presidenta”, “ministra”) ha preso il sopravvento ed è proibito ormai usare espressioni considerate lesive verso qualcuno. Sono messi al bando temini cone “zingaro” e “negro”, e, a breve, lo sarà anche per “padre” e “madre”, questi due ultimi per non ledere la sensibilità degli omosessuali.