Sam, Justine e le stronzate su Internet

Creato il 20 dicembre 2014 da Dave @Davide

Esattamente un anno fa Justine Sacco, capo delle pubbliche relazioni del colosso digital americano IAC, si stava imbarcando a Heathrow su un volo diretto in Sudafrica. Poco prima del decollo aveva affidato a Twitter un messaggio che le ha rovinato la vita: "Going to Africa. Hope I don't get AIDS. Just kidding. I'm White!". Il tweet è stato subito ripreso da Sam Biddle, allora curatore di Valleywag, uno dei blog più seguiti di Gawker. Anche grazie all'effetto-megafono dell'intervento di Biddle, il tweet offensivo di Sacco è diventato virale nel giro di pochissimo tempo: l'hashtag #HasJustineLandedYet traboccava di rabbia e insulti nei confronti della donna, che nel frattempo, ignara di tutto, sedeva sul suo aereo di linea. Nessuno, me compreso, pensò per un solo attimo che quello di Justine fosse un tweet diverso da ciò che manifestamente era: una battuta ignobile e razzista.

A sei mesi di distanza Sacco ha contattato Biddle, rivela oggi il giornalista di Gawker, per chiedergli di incontrarsi e bere qualcosa. Lui, ammette, a lei non pensava più da tempo: era stata solo un'altra giornata di lavoro. Per lei invece era stato un vero disastro professionale e personale, invece, ma non portava rancore (d'altronde come avrebbe potuto portarlo?, mi sono chiesto con un certo disappunto arrivato a questo punto della lettura). Eppure a Biddle l'ex vertice delle comunicazioni IAC durante quell'incontro fa più di una buona impressione.

And, as it turned out, Justine Sacco is not a racist monster. She is a kind and canny woman who threw back cocktails, ate delicately, and spoke expertly about software. She was friendly, very funny, instantly relatable, and very plainly not a cruel sicko. We talked about college, jobs, home, family, and work-she'd recently landed on her feet as the communications boss for a small New York startup, and seemed to be happily rebuilding her career.

A un certo punto, scrive Biddle, "ho dovuto chiederle scusa" (corsivo mio). Per cosa? Per averle rovinato la vita, il lavoro, la reputazione. "Ero quasi riuscito a convincermi di aver fatto la cosa giusta, ma poi ho visto la sua faccia", riporta Biddle: Justine Sacco a quel tavolo era fatta di carne, ossa e nessun pixel, e sembrava proprio una persona gentile e divertente. Quanto al suo orrendo tweet, ha sostenuto di essere stata un'ingenua, ma di aver avuto un obiettivo del tutto opposto. Nella sua testa quel "Just kidding. I'm White!" era stata una canzonatura dell'atteggiamento del razzista medio, generalmente predisposto a considerare l'AIDS un problema esclusivamente africano, una questione da terzo mondo. Scrive Biddle: "I had taken its cluelessness at face value, and hundreds of thousands of people had done the same-instantly hating her because it's easy and thrilling to hate a stranger online " (corsivo mio, di nuovo).

A quel punto la presunta razzista e il cacciatore di razzisti diventano amici. Passano i mesi, e a ottobre a tenere banco sui media è la vicenda di GamerGate, un confuso ed eterogeneo movimento online di gamers e nerd che, almeno inizialmente, riferisce le sue rimostranze ad alcuni stilemi del giornalismo videoludico (una buona sintesi della faccenda si può trovare qui). Sam Biddle è alla sua scrivania, si annoia e, a un certo punto, twitta: "Ultimately #GamerGate is reaffirming what we've known to be true for decades: nerds should be constantly shamed and degraded into submission". In un secondo messaggio, altrettanto volutamente ironico, scrive "Bring Back Bullying". E da quel momento si ritrova in un gorgo di minacce, insulti e menzioni su Twitter di utenti i cui suggerimenti spaziano dal suo licenziamento alla sua morte. Tra centinaia di email dirette a lui e ai suoi colleghi, epiteti e messaggi dai toni ben sopra le righe, Biddle è incredulo: non si era capito che la sua voleva essere ironia? A quel punto, l'inevitabile illuminazione, mentre Internet di ora in ora per lui quel giorno diventava "unbearable, unreadable":

The question How could anyone think I was seriously condoning bullying? was exactly as clear in my mind as How could anyone think I was seriously making light of AIDS in Africa? had been in Sacco's.

E non solo. A Biddle spesso chiedono se rifarebbe ciò che ha fatto con Sacco.

I've been asked many times if I would post Sacco's tweet all over again, and I still don't know how to answer. Would I post the tweet again? Sure. Would I post the tweet knowing it's going to cause an incredibly disproportionate personal disaster for Justine Sacco? No. Would I post the tweet knowing it could happen? Now we're in dicey territory, and I'm thinking of ghosts: If you had a face-to-face sit-down with all of the people you've posted about, how many of THOSE would you do again? We're wading through swamps and thorns, here.

La cosa più simile a ciò di cui sopra che mi sia mai capitata risale a tre mesi fa, circa fine settembre. Avevo da poco avviato una raccolta fondi in crowdfunding per scrivere un libro su New York. All'inizio non sapevo che da questo progetto sarebbe uscito un libro, però, e avevo lasciato la porta aperta a diversi "forse". L'avevo organizzato nel giro di un pomeriggio, in modo molto approssimativo e sciocco. Ne era uscita quella che col senno di poi non posso far altro che considerare un'idiozia: nella sua presentazione, peraltro prima scritta in inglese e poi tradotta per motivi tuttora poco chiari a me medesimo, avevo parlato in prima persona, aggiungendo che la mia fidanzata - con cui avevo delineato lo spunto iniziale - sarebbe "venuta con me", come fosse un optional anziché una delle due persone titolari dell'iniziativa. Complici un paio di mie repliche accese e fuori luogo ad alcune prime critiche su Twitter e il seguente intervento di un influencer, per ventiquattr'ore sono diventato uno che stava cercando di farsi una vacanza a sbafo, con tutte le conseguenze del caso. Ho smesso di rispondere. Il mio "ma è possibile che credano davvero che stia cercando di farmi finanziare una vacanza?" di quella giornata non mi pare troppo diverso dalle domande disperate che si sono posti prima Sacco e poi Biddle, da molti punti di vista.

Certo, per fortuna a me nessuno ha rovinato nulla, e le proporzioni della polvere sollevata, delle reazioni e dei toni usati dagli utenti arrabbiati non sono minimamente paragonabili ai casi precedenti. Lo stesso influencer di cui sopra, anche lui dotato di forma umana e provenienza veneta, l'ho conosciuto di persona, davanti a una birra, in una serata molto piacevole di qualche settimana dopo; con altri che avevano preso parte alla cosa, anche con interventi piuttosto duri, oggi tengo i contatti per tutt'altre cose, come collaborazioni sulle relative testate; con altri ancora interagisco normalmente sui social. Per quel che posso dire sono tutte bravissime persone, e non mi sento nella posizione di aver nulla da recriminare nei loro confronti.

Questo parallelo postumo non significa minimamente che non abbia sbagliato. Anche su questo, a dire il vero, credo possa reggere il paragone che mi ha colpito leggendo il pezzo su Gawker: nessuno si sognerebbe di dire che il tweet di Justine Sacco non presentasse una visibile e immediata lettura razzista, né che quelli di Biddle contenessero messaggi che un giornalista affermato con 25.000 follower può dispensare con leggerezza. Quel giorno ho fatto uno scivolone di cui mi dispiaccio tuttora, tanto da tentare saltuariamente di riacquistare la considerazione di chi so o immagino potrebbe aver "capito male" (virgolette d'obbligo, dato che per "capire bene" uno come minimo avrebbe dovuto conoscermi). Non credo sia nemmeno lecito gettare la colpa sui mezzi su cui si sono sviluppate queste storie: nel mio piccolo mi sarebbe bastato usare il cervello, ma con ogni probabilità lo stesso può esser detto per Biddle e Sacco. Quel che voglio dare, però, se posso, è un invito all'automoderazione (che vale anche e innanzitutto per me stesso): a volte, non saprei quantificare con che grado di frequenza, più che a uno stronzo ci si può stare trovando davanti a uno che ha fatto una stronzata, su Internet. E credetemi, c'è tutta la differenza del mondo.


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