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Samantha Vita da Strega: sociologia spicciola dagli anni '60

Creato il 25 febbraio 2015 da Redatagli
Samantha Vita da Strega: sociologia spicciola dagli anni '60

Probabilmente sono poche le giovani donne a non aver mai visto una puntata di Vita da strega (Bewitched): la famosa serie televisiva americana in cui la strega Samantha si innamora dell’umano Darrin.
Otto stagioni (girate fra il 1964 e il 1972) di sfrenato romanticismo, in cui si respira un’atmosfera doppiamente onirica, fra l’ostentazione divertita della psichedelia anni Sessanta e la trasposizione su piccolo schermo del sogno americano.

In un certo senso, Vita da strega può apparire come una favola vecchia maniera. Darrin vuole una moglie e non una strega.
E Samantha fa di tutto per compiacerlo: decide perfino di provare a fare a meno dei suoi poteri pur di trasformarsi (magia a parte) nella compagna di vita che Darrin si aspetta. Una efficiente ed elegante donna di casa, affettuosa madre di famiglia, moglie fedele e felice. Il tutto senza trucchi. 
Visto che Darrin non è il più ricco petroliere delle Sette Sorelle, né il modello più sexy del secolo, viene spontaneo chiedersi: ma perché diavolo Samantha se lo sposa? Rinunciando così, fra l’altro, alla sua vita senza fatica (né sofferenza, né pelle a buccia d’arancia).

Samantha Vita da Strega: sociologia spicciola dagli anni '60

Credo si possa dire che lo fa per amore. Come se Samantha volesse suggerirci che le donne, streghe o meno, si sentano realizzate solo come mogli e madri, nel coronamento del loro sogno (c’è sempre un sogno) romantico. 
Tuttavia, se il sentimentalismo non vi commuove, vi propongo un’interpretazione alternativa, metaforica. Se escludiamo la possibilità che Samantha sia veramente una strega, che cosa resta?

Resta una donna migliore in tutto a suo marito. Samantha è più bella di Darrin, appare giovanissima, eppure ha vissuto molto più a lungo del suo compagno (per secoli, se vogliamo credere alla favola).
Perciò è più colta, ha più esperienza, conosce mille lingue.
Riesce a materializzare schioccando le dita cose che il marito non potrebbe mai ottenere in una vita intera di sacrifici.
Alla faccia del sogno americano e dell’etica del lavoro.

In effetti, questa faccenda del talento (soprannaturale o no) di Samantha manda veramente in bestia il povero Darrin, che si sente mortificato da una moglie che non ha bisogno di lui. Ma la vera tragedia è che Samantha è più sveglia di Darrin anche senza incantesimi.
Come dimostrano le puntate in cui lei, senza nessuna magia, lo salva da situazioni sociali imbarazzanti o risolve brillantemente i suoi problemi lavorativi. 
Certo, in uno sceneggiato americano anni Sessanta, non è strano trovare la storia di una donna brillante che ha tutte le carte in regola per emanciparsi. Ma Vita da strega è molto di più.
Samantha è costretta a scegliere fra essere se stessa, una strega che potrebbe fare qualunque cosa, e l’amore di suo marito. Lei sceglie l’amore di Darrin e così, non solo accetta di autolimitarsi, ma passa stagioni intere a consolare il marito per la sua mediocrità.

Mentre potrebbe risolvere la questione israelo-palestinese semplicemente arricciando il naso, con un ripiegamento intimistico da autentico repubblicano statunitense, si chiude in casa e prepara un deludente tacchino arrosto.
Perché tutti lo sanno. Samantha, pur applicandosi senza sosta, proprio non riesce a cucinare un pasto decente. E chissà se questo avrà fatto tirare un sospiro di sollievo al pubblico dell’epoca: sarà pure una strega, ma non saprà mai preparare una torta che si rispetti. 

Mi dispiace se ho spezzato il cuore dei romantici, trasformando l’adorabile Samantha in una specie di dramma sociologico “vivente”, che inscena la triste condizione delle donne-streghe negli anni Sessanta (e oltre?).
Ovviamente, è solo un’ipotesi interpretativa e, sinceramente, nemmeno quella per cui propendo.
Mi piace pensare che in realtà Samantha soffra di una rara e gravissima forma di feticismo verso le modeste villette della sconfinata e banalissima periferia statunitense.
Per questo fa la vita che fa.
Vi suona un po’ surreale? 
Più surreale che sposare una strega?

Filomena Fortunato
@twitTagli


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