L’INTERVISTA Come ti sei avvicinato alla musica e quali sono i tuoi riferimenti principali? Ho iniziato a suonare la chitarra dopo essere stato ad un concerto all’Arena di Verona, dove i pezzi erano per lo più suonati con chitarre acustiche. Per la prima volta sono rimasto senza parole davanti alla potenza e al calore che poteva dare il suono della chitarra acustica, perciò mi sono comprato una chitarra e ho cominciato a tirar fuori i primi suoni, qualcuno copiato, qualcuno mio. Non ho riferimenti. Qual è il significato di “Vista da qui”, il tuo EP? Come si vede dalla copertina dell’album, quello è il davanzale della finestra di camera mia. Ho passato un lungo periodo della mia vita nascosto tra quei quattro muri rassicuranti, per paure che non riuscivo a superare, momenti in cui credevo di non riuscire più a risalire, ma nonostante ciò, ho continuato a suonare.”Vista da qui” è “la vita” non vissuta che immaginavo andasse avanti aldilà di quel vetro. Nei brani che presenti, salvo il parlato di sottofondo, ti esprimi “solo” attraverso la chitarra. Pensi di riuscire a trasmettere i tuoi messaggi e i tuoi sentimenti senza l’utilizzo delle liriche? Sì lo penso fermamente, ma penso anche che sia indispensabile sia la musica cantata che quella solo suonata. Qual è il tuo pensiero riferito allo studio dello strumento? Io non ho fatto alcuno studio per suonare la chitarra, sono andato ad orecchio, o meglio, a sensazione. Ho sempre suonato a sensazioni, cambiavo i suoni a seconda di come reagivo suonandoli, in base a come cambiavano i miei stati d’animo, ma penso anche che una conoscenza di base dello strumento ti possa aiutare ad esprimere al meglio tutti questi flussi di coscienza. Ti senti più un poeta, un musicista o entrambe le cose? È strano, ma io non mi sento nessuno dei due, non mi sento un chitarrista. Se posso fare un paragone, mi sento come un bambino che vuole arrivare a prendere un frutto su un albero, ma questo frutto per lui è troppo alto. Si guarda intorno. e l’unica cosa che trova per poter prendere quel frutto, è un bastone. Ecco... il mio bastone è la chitarra… la chitarra per me è un pezzo di legno, che a seconda di come lo muovi ti aiuterà a tirar fuori il suono più piacevole per te, e ti riuscirà a liberare nel modo migliore da ciò che stai tentando di gettar fuori da dentro. Cosa regala in più la tua terra, a livello di stimoli, ad una persona che decide di raccontarsi attraverso la musica? Non saprei… io non sono tanto dentro al mondo della musica, non so proprio che possibilità potrebbe offrire la mia terra. Prova a disegnare il tuo futuro musicale, tra sogni e desideri Io sono molto timido e ho molta difficoltà nel rapportarmi con il prossimo, ma sognando… mi piacerebbe poter suonare a tantissime persone, che ascoltando ciò che suono riescono a sentirsi meno soli in un pensiero, incoraggiati per una decisione, invogliati alla vita o più semplicemente mi guardino e sorridano.
L’INTERVISTA Come ti sei avvicinato alla musica e quali sono i tuoi riferimenti principali? Ho iniziato a suonare la chitarra dopo essere stato ad un concerto all’Arena di Verona, dove i pezzi erano per lo più suonati con chitarre acustiche. Per la prima volta sono rimasto senza parole davanti alla potenza e al calore che poteva dare il suono della chitarra acustica, perciò mi sono comprato una chitarra e ho cominciato a tirar fuori i primi suoni, qualcuno copiato, qualcuno mio. Non ho riferimenti. Qual è il significato di “Vista da qui”, il tuo EP? Come si vede dalla copertina dell’album, quello è il davanzale della finestra di camera mia. Ho passato un lungo periodo della mia vita nascosto tra quei quattro muri rassicuranti, per paure che non riuscivo a superare, momenti in cui credevo di non riuscire più a risalire, ma nonostante ciò, ho continuato a suonare.”Vista da qui” è “la vita” non vissuta che immaginavo andasse avanti aldilà di quel vetro. Nei brani che presenti, salvo il parlato di sottofondo, ti esprimi “solo” attraverso la chitarra. Pensi di riuscire a trasmettere i tuoi messaggi e i tuoi sentimenti senza l’utilizzo delle liriche? Sì lo penso fermamente, ma penso anche che sia indispensabile sia la musica cantata che quella solo suonata. Qual è il tuo pensiero riferito allo studio dello strumento? Io non ho fatto alcuno studio per suonare la chitarra, sono andato ad orecchio, o meglio, a sensazione. Ho sempre suonato a sensazioni, cambiavo i suoni a seconda di come reagivo suonandoli, in base a come cambiavano i miei stati d’animo, ma penso anche che una conoscenza di base dello strumento ti possa aiutare ad esprimere al meglio tutti questi flussi di coscienza. Ti senti più un poeta, un musicista o entrambe le cose? È strano, ma io non mi sento nessuno dei due, non mi sento un chitarrista. Se posso fare un paragone, mi sento come un bambino che vuole arrivare a prendere un frutto su un albero, ma questo frutto per lui è troppo alto. Si guarda intorno. e l’unica cosa che trova per poter prendere quel frutto, è un bastone. Ecco... il mio bastone è la chitarra… la chitarra per me è un pezzo di legno, che a seconda di come lo muovi ti aiuterà a tirar fuori il suono più piacevole per te, e ti riuscirà a liberare nel modo migliore da ciò che stai tentando di gettar fuori da dentro. Cosa regala in più la tua terra, a livello di stimoli, ad una persona che decide di raccontarsi attraverso la musica? Non saprei… io non sono tanto dentro al mondo della musica, non so proprio che possibilità potrebbe offrire la mia terra. Prova a disegnare il tuo futuro musicale, tra sogni e desideri Io sono molto timido e ho molta difficoltà nel rapportarmi con il prossimo, ma sognando… mi piacerebbe poter suonare a tantissime persone, che ascoltando ciò che suono riescono a sentirsi meno soli in un pensiero, incoraggiati per una decisione, invogliati alla vita o più semplicemente mi guardino e sorridano.
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