Quando ero bambina, avevo un nonno che chiamavano 15/18. Lo chiamavano così perché non faceva altro che parlare della Grande Guerra. Era stato un artigliere e diceva sempre che senza nemmeno accorgersene doveva aver "ammazzato chissà quanti cristiani". Lo diceva e si faceva il segno della croce sperando che quando fosse arrivato il suo momento Dio l'avrebbe assolto. Mio nonno aveva un'unica grande passione: Francesco Baracca. Di quell'aviatore sapeva tutto. E più andò avanti negli anni, più della Grande Guerra aveva voglia di parlare di quell'unico argomento. Soprattutto della morte di Baracca, soprattutto dei suoi funerali. Quando raccontava che a un certo punto Il Barone Rosso, il suo nemico, s'era messo a svolazzare facendo scendere dal cielo tanti petali di rosa, mio nonno Giulio non si tratteneva più e scoppiava a piangere. Negli ultimi anni della sua vita, Baracca era diventata un'ossessione. Se entrava in un bar a prendere un caffè, ne raccontava la storia a chiunque avesse accanto. Qualche tempo fa, andando a Lugo, sulla piazza ho visto il monumento a Francesco Baracca. La grande ala del suo aereo conficcata in terra, come fosse venuta giù così. Io non lo so se tutto quello che raccontava il nonno era esatto o meno. Alla fine sembrava che Baracca fosse stato uno dei suoi più grandi amici, ma non credo si siano incontrati mai. Però, lì, a Lugo, in quella piazza surreale, davanti a quel monumento più che monumentale, mi sono detta che se fossi stata più attenta, se mi fossi informata, prima di vederlo morire lo avrei potuto portare a Lugo. Lì non avrebbe avuto problemi a parlare con tutti quelli che incontrava del suo San Francesco Baracca. di Romana Petri
Quando ero bambina, avevo un nonno che chiamavano 15/18. Lo chiamavano così perché non faceva altro che parlare della Grande Guerra. Era stato un artigliere e diceva sempre che senza nemmeno accorgersene doveva aver "ammazzato chissà quanti cristiani". Lo diceva e si faceva il segno della croce sperando che quando fosse arrivato il suo momento Dio l'avrebbe assolto. Mio nonno aveva un'unica grande passione: Francesco Baracca. Di quell'aviatore sapeva tutto. E più andò avanti negli anni, più della Grande Guerra aveva voglia di parlare di quell'unico argomento. Soprattutto della morte di Baracca, soprattutto dei suoi funerali. Quando raccontava che a un certo punto Il Barone Rosso, il suo nemico, s'era messo a svolazzare facendo scendere dal cielo tanti petali di rosa, mio nonno Giulio non si tratteneva più e scoppiava a piangere. Negli ultimi anni della sua vita, Baracca era diventata un'ossessione. Se entrava in un bar a prendere un caffè, ne raccontava la storia a chiunque avesse accanto. Qualche tempo fa, andando a Lugo, sulla piazza ho visto il monumento a Francesco Baracca. La grande ala del suo aereo conficcata in terra, come fosse venuta giù così. Io non lo so se tutto quello che raccontava il nonno era esatto o meno. Alla fine sembrava che Baracca fosse stato uno dei suoi più grandi amici, ma non credo si siano incontrati mai. Però, lì, a Lugo, in quella piazza surreale, davanti a quel monumento più che monumentale, mi sono detta che se fossi stata più attenta, se mi fossi informata, prima di vederlo morire lo avrei potuto portare a Lugo. Lì non avrebbe avuto problemi a parlare con tutti quelli che incontrava del suo San Francesco Baracca. di Romana Petri
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