C’è stata la rivalutazione dei trash movies anni ’80, gente come Quentin Tarantino va in brodo di giuggiole per gli spaghetti western e per le porcherie con Lino Banfi, io invece in questa sede voglio riabilitare, almeno in parte, le commedie sboccate, stereotipate, americanissime e sceme con Adam Sandler. Attore che si è anche cimentato con pellicole differenti, come la stralunata e splendida commedia di Paul Thomas Anderson Ubriaco d’amore o come 50 volte il primo bacio, quasi una versione più romanticosa di Ricomincio da capo, così come l’agrodolce vita di un comico messa in scena nel sottovalutato Funny People di Judd Apatow, oltre ad aver interpretato un caposaldo della comicità moderna come Terapia d’urto, al fianco di uno spumeggiante e cattivissimo (persino più del suo solito) Jack Nicholson e la comedy super 80s Prima o poi me lo sposo. La sua specialità però sono i filmetti, le commediacce, i cinepanettoni americani, come Jack e Jill, Indovina perché ti odio, Un weekend da bamboccioni o Mia moglie per finta. Eccone una nuova manciata tutta per voi. Occhio a non fare indigestione.
Non vi piace questo film? Non c’è problema, potete schiacchiare il pulsante fast forward e andare alla recensione di un’altra pellicola. Non vi piace proprio Adam Sandler in generale? In tal caso, cliccate sul link a qualche mio vecchio post. Non vi piace Pensieri Cannibali? Allora che vi devo dire? Ascoltate a questo punto i pareri cinematografici di Vincenzo Mollica o, peggio, di Mr. James Ford.
"Vuoi vedere Kate Beckinsale nuda, vero vecchio sporcaccione?"
Per quei due gatti che sono ancora rimasti qui a leggere, dico che nell’ambito della filmografia del comico newyorkese Cambia la tua vita con un click rappresenta la pellicola: Adam Sandler + fantascienza."Mi spiace ragazzi, su questo canale è stata attivata la protezione bambini."
All’interno della tipica commedia sandleriana, entra qui in gioco in gioco infatti un elemento sci-fi. Un evento paradossale, di quelli alla Ricomincio da capo o alla The Family Man, un film quest’ultimo che mi ricorda tantissimo Click. A un certo punto, per magia e con l’aiuto di Christopher Walken, Adam Sandler entra in possesso di un telecomando universale molto particolare. Il telecomando non funziona solo con la televisione e gli aggeggi elettronici, ma può essere applicato a qualunque ambito della sua vita. La app ha ovvi effetti comici, dal mettere il muto alla moglie che rompe, al sentire parlare il proprio capo in spagnolo. Non è che siano effetti poi così comici, ma vabbè. Questo non è solo e non è tanto un film comico. Questo è un film drammatico. Ebbene sì. Stufo di tutti gli impegni, diviso tra lo stress da lavoro e lo stress da famiglia, Adam Sandler comincia a mandare avanti in fast forward tutte le parti noiose della sua vita, come il traffico, le malattie e persino il sesso coniugale… Nel film, la moglie di Adam Sandler è Kate Beckinsale, tra l’altro qui più topa che mai. Roba da raggiungere picchi assoluti di gnoccaggine che poche altre donne al mondo possono eguagliare. Adam Sandler quindi è scemo? Sì, è scemo. È talmente fissato con la sua carriera da dimenticare tutto il resto, persino la moglie MILF, fino a che le cose con il telecomando non gli sfuggiranno del tutto di mano…Nella seconda parte, il film diventa un dramma futuristico. Ve l’ho detto che non è un film comico. Non solo, almeno. Cambia la tua vita con un click a un certo punto cambia film con un click e si trasforma in una riflessione profonda (profonda per quanto può esserlo una pellicola con Adam Sandler) sulla vita. È un film esistenziale. Proprio così. Ed è persino commovente. Per quanto assurdo, trash, semplicistico possa essere considerato, è una visione emozionante, che in più ci rammenta una lezione importante: le parti apparentemente noiose, quelle che nelle pellicole cinematografiche di solito vengono saltate proprio come fa il protagonista, in realtà sono il sale della vita. Ogni volta che vorreste schiacciare il pulsante flash forward, o che vorreste cambiare canale, fate quindi attenzione. Potreste perdervi qualcosa di prezioso. Come questo post su Click e sul cinema sandleriano. (voto 7/10)
Adam Sandler + Gay. Come anche negli altri casi, il cinepanettone americano è composto da due ingredienti. Uno è l’elemento base, quello fisso che non può proprio mancare, ovvero Adam Sandler, di solito accompagnato da tutta la sua cricca di amici onnipresenti, come il facia da pirla Nick Swardson e il puttano in saldo Rob Schneider. L’altro ingrediente invece cambia ogni volta. È la variante che mette in moto situazioni differenti in cui il Sandler può esprimere la sua solita comicità. Un cambiamento nella continuità. Dopo la variante vagamente fantascientifica di Click, in Io vi dichiaro marito e marito tocca alla tematica gay. Non che avessimo dubbi in proposito, ma naturalmente gli stereotipi sull’omosessualità abbondano che è un piacere.
Adam Sandler + Disney. Ebbene sì. Persino Adam Sandler si è disneyzzato, a un certo punto della sua carriera. Capita anche ai migliori. Succede ormai quotidianamente a Johnny Depp, è successo a Tim Burton, con risultati disastrosi (si veda Alice in Wonderland), al nostro eroe di giornata è invece andata un po' meglio. Sarà che partivo da aspettative molto inferiori rispetto a un Alice, ma Racconti incantati si è rivelato una piacevole sorpresa. Accantonata una buona parte (ma non tutta) della parte più volgare della sua comicità, Sandler si ritrova protagonista di una fiaba moderna. Non siamo però tanto dalle parti di Shrek o Once Upon a Time. Qui non è che vengano rivisitate le favole. Più che altro, le storie raccontate da zio Adam Sandler ai suoi due nipotini si trasformano per magia in realtà. Come? Hey, è pur sempre una pellicola disneyana. Anything can happen, baby. Se la prima storia è tipicamente da fiaba, con gli altri racconti incantati il genere cambia e zio Sandler spazia attraverso il western, lo storico (con una sorta di variante di Spartacus che finisce per ricorda SPQR dei Vanzina) e persino la fantascienza.
"Sì, è proprio un vecchio zainetto Invicta. Ti piacerebbe averlo pure te, eh?"
Ogni storiella narrata ha poi un corrispettivo nella realtà. Una realtà in cui Sandler è un Cenerentolo schiavo tuttofare di un hotel in cui sogna di diventare il mega direttore galattico… Ce la farà? E, allo stesso tempo, riuscirà il nostro eroe a occuparsi anche dei suoi due nipotini, i figli dell’ex Friends Courteney Cox? A dargli una mano, almeno nel secondo compito, ci pensa Keri Russell, ex Felicity e oggi grandiosa protagonista della serie The Americans, dove spacca alla grande, ma attenzione anche all’altra bella della pellicola, Teresa Palmer, qui in forma strepitosa. Pur essendo una tipica pellicoletta della Disney fino al midollo, con tanto di Pallocchio, animaletto pseudo simpatico inserito per strizzare letteralmente l’occhio ai più piccoli, Adam Sandler riesce a portare un po’ del suo animo cazzaro, scombussolando un minimo le carte in tavola. La partita Disney-Sandler alla fine la vince pur sempre il colosso multinazionale, però la gara non è tanto sproporzionata come si poteva immaginare e zio Sandler un paio di goal riesce a metterli a segno. (voto 6+/10)Adam Sandler + terrorismo islamico. Zohan è la versione sandleriana di Homeland? Ehm, non esattamente. Adam Sandler qui interpreta la parte di Zohan, un agente super cazzuto del Mossad, l’intelligence israeliana, alle prese con i terroristi palestinesi. Stufo della continua guerra tra i due paesi, Zohan decide di vivere il sogno americano e tentare la carriera di… parrucchiere per signora. Con in testa le teste degli anni Ottanta, Zohan/Sandler si presenta al più grande centro per acconciatori della Grande Mela e, ovviamente, viene deriso. Ma avrà modo di rifarsi… Credete verranno usati stereotipi sul terrorismo, sui mediorientali e sul terrorismo mediorientale? Nooo, ma cosa pensate mai? Non ci sono stereotipi. In Zohan c’è una sinfonia di stereotipi. Un concerto di stereotipi della durata di un paio di orette scarse. Alcuni fanno ridere, perché gli stereotipi per quanto odiosi spesso e volentieri il loro porco effetto comico lo fanno, però qui forse si esagera un pochino. Siamo dalle parti di un tipo di comicità molto sandleriano, eppure meno sandleriano del solito. A tratti è quasi come se il nostro idolo di giornata volesse imitare lo stile di Sacha Baron Cohen, con risultati non troppo riusciti.
Post pubblicato in due parti anche su L’OraBlù (primo spettacolo e secondo spettacolo), con i due nuovi minimal poster creati per l’occasione da Indie Brett che avete trovato sopra.