Sangue del mio sangue
Creato il 23 settembre 2015 da Kelvin
(id.)
di Marco Bellocchio (Italia, 2015)
con Pier Giorgio Bellocchio, Lidiya Liberman, Roberto Herlitzka, Toni Bertorelli, Alba Rohrwacher, Federica Fracassi, Fausto Russo Alesi, Ivan Franek, Elena Bellocchio
durata: 107 minuti
★★★★☆
Credo che recensire un film di Marco Bellocchio sia complicato anche per chi fa il critico di professione, figurarsi per un dilettante come me... i film di Bellocchio sono complicatissimi da vedere, da capire, da scriverne. Ti obbligano sempre come minimo a una seconda visione, tale è la complessità della loro struttura, sempre pregna di significati, simbolismi, sfumature. Essere maestri del cinema significa anche possedere uno stile personalissimo, inconfondibile, che riconosceresti tra mille. Dunque questa non è una recensione, non ne sarei all'altezza, ma sono semplici considerazioni su un film, al solito, tanto affascinante quanto imperscrutabile, in cui ciò che rimane è la sensazione di aver assistito all'ennesima opera importante di una filmografia immensa...
Sangue del mio sangue, come ormai tutti sapete, è diviso in due parti ben distinte: la prima si svolge nel '600 e ha come protagonista Federico Mai, giovane soldato che viene sedotto, esattamente come suo fratello prete, dalla religiosa Suor Benedetta, che per questo verrà condannata ad essere murata viva nel convento di Bobbio. Ciò non basterà ad evitare la morte del fratello, che si suiciderà per lo scandalo. La seconda parte invece è ambientata ai giorni nostri: negli stessi luoghi (ora adibiti a prigioni) tornerà un altro Federico Mai, pseudo-ispettore delle tasse arrivato nel paese (si dice) per stanare gli evasori e per cercare di vendere l'ex convento a un pittoresco miliardario russo. Scoprirà però che l'edificio, all'apparenza deserto e in disuso, è ancora abitato da un misterioso individuo, che si fa chiamare "il conte" ed esce solo di notte...
Attenzione ai nomi e ai luoghi, che nei film di Bellocchio non sono mai scelti a caso: Bobbio è il paese natale del regista, il suo posto dell'anima e il centro dell'universo, mentre "Mai" è il cognome di sua madre. E anche la vicenda del fratello suicida non è inventata: Bellocchio ha davvero vissuto questo dramma, in gioventù, con il fratello Fabrizio ammazzatosi per depressione in seguito a un amore finito. Ergo: quasi un film-testamento, come si evince fin dal titolo, in cui ci viene ricordato che non si può seppellire il passato, e che i legami di sangue sono irrinunciabili e condizionano la vita presente e futura. "Bobbio è il mondo" è la frase-chiave di questo film esplicitamente autobiografico, interpretato (anche) dai figli Pier Giorgio ed Elena, dal fratello Alberto, dalla moglie Francesca Calvelli, e simbolo dell'impossibilità di sfuggire al proprio destino: a Bobbio tutto comincia e tutto finisce, e se anche esistesse la minima illusione di evadere, anche solo spiritualmente, da quelle antiche mura (vedi lo splendido pre-finale con la ragazza nuda che esce dalla tomba, in una sequenza che ricorda tanto quello di Buongiorno, notte), il proverbiale ateismo bellocchiano non lascia spazio ai sogni bloccandoli sul nascere: il vecchio vampiro che insegue i due ragazzi innamorati, non riuscendo a raggiungerli e accasciandosi a terra stremato, è lo specchio di un film ineluttabile e definitivo eppure incredibilmente libero e pieno di suggestioni, di una disarmante vitalità.
Non saprei dire, per ora, se Sangue del mio sangue sia un capolavoro, in questo il tempo sarà galantuomo. Certo è un film particolarissimo, intrigante, nato quasi per caso... la prima parte, evidentemente ispirata alla storia della Monaca di Monza, era in origine un cortometraggio girato da Bellocchio per la sua scuola di cinema. Solo in seguito egli ha deciso di ampliarlo, "incollandogli" una seconda parte girata ai giorni nostri, con gli stessi attori che recitano in ruoli diversi. E questa parte secondo me è straordinaria per il modo in cui il regista, contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato, riesce a renderla ancor meno realistica della prima e farla diventare surreale e grottesca, ironica e massimamente simbolica, dilatando la narrazione nei mille rivoli di un "mitismo" di provincia dove a tenere le fila della piccola comunità è un misterioso conte (grandioso, come sempre, Roberto Herlitska) che esce solo la notte come un vampiro, che elargisce "investiture" sotto forma di false invalidità e che si illude di poter fermare il Tempo e la vecchiaia...
Così, sulle note di un'incredibile versione quasi "angelica" di Nothing else matters dei Metallica (che al Lido risuonava placida sul red carpet lasciando attoniti gli spettatori) il film si traduce in una nostalgica ma fascinosa riflessione sulla vita e su quello che ci lasciamo alle spalle e dove, trattandosi appunto di un testamento artistico, tutte le "ossessioni" bellocchiane vengono al pettine: la critica perenne all'ottusità della Chiesa Cattolica (evidente nel primo episodio, dove i prelati cercano a tutti i costi di far confessare l'adulterio a Suor Benedetta) e soprattutto la denuncia di una società (tutta italiana) bigotta e conservatrice, ancorata ai particolarismi e ai privilegi, incapace di evolversi di fronte al progresso... evidente, aggiungo io, il riferimento al presente di un'Italietta basata sulle raccomandazioni e sui furbi, che ha raggiunto la "pace sociale" grazie agli inganni ma che si si è svuotata dentro di ogni entusiasmo e vitalità, ben simboleggiata dalla figura del "vampiro".
A 75 anni suonati, Marco Bellocchio si conferma ancora una volta l'autore italiano più "avanguardista", sempre un gradino sopra gli altri per coraggio e voglia di sperimentazione. Non è facile giudicare Sangue del mio sangue, e io nemmeno ci provo, ma è uno di quei film che ti lasciano spiazzati e ti invitano a riflettere e ripensare, obbligatoriamente dopo più di una visione. Opera (forse) imperfetta, "più avvincente che convincente" come ha scritto qualcuno... ma che ha fascino da vendere. Correte al cinema.
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