Esempio eclatante di quest’analisi impietosa è l’ospedale di Locri, in provincia di Reggio Calabria, che oltre a patire una carenza di organico e di materie prime, garze e siringhe, lamenta uno stato di abbandono da parte della Regione medesima.
La struttura vive, da anni, profondi disagi nell’approccio con i propri pazienti, vi sono addirittura reparti senza un primario e con enormi problematiche di gestione delle questioni che riguardano i malati. La Tac o l’ecocardiografo, per fare solo qualche esempio, strumenti diagnostici di estrema importanza, funzionano a sbalzi, con conseguenti liste di attesa quasi annuali.
L’insufficienza di personale è stata generata dal blocco del ricambio dei dipendenti e della mobilità stabiliti nel piano di rientro regionale.
A tal proposito è bene ricordare che la Calabria a causa dei disavanzi economico-sanitari non onerati, riguardanti gli anni passati, è soggetta all’arresto automatico del turn over fino al 31 dicembre 2015. L’edificio avrebbe bisogno, inoltre, di una consistente ristrutturazione edile, ma nonostante la presenza di fondi europei da utilizzare ad hoc, i progetti prospettati dagli organi di competenza appaiono vecchi e non in linea con le richieste dell’Ue.
Il nosocomio della cittadina ionica non è un caso isolato, ma testimonia uno stato comune a quasi tutto il Mezzogiorno. Dall’esame delle segnalazioni, si è avuta conferma delle preoccupanti disfunzioni organizzative che sottendono gli episodi di malasanità nel meridione. Il sistema logistico per affrontare eventuali emergenze risulta inefficiente, a causa di ospedali poco attrezzati che hanno avviato la pratica, troppo frequente, di trasportare i degenti da una struttura sanitaria all’altra con un pericoloso ritardo nel trattamento terapeutico più appropriato.