Molto prima che l’arte concettuale fosse il pane quotidiano degli artisti contemporanei, molti artisti plastici esplorarono nuovi percorsi e utilizzarono le forme più recenti di diffusione mediatica per interrogarsi tanto sui sistemi politici, quanto sulle ingiustizie sociali e di genere, utlizzando sia il “mainstream”, sia canali meno seguiti o pubblicizzati; dove il “Big Brother” cominciava la sua marcia per il riallineamento e la repressione, questi artisti trovarono dei credi che a posteriori avrebbero potuto portare gravi problemi al sistema artistico. I primi concettualismi degli anni 60, in particolare le categorie e le varianti di quel movimento che oggi è conosciuto come Fluxus, non avevano soltanto un grande impatto a livello sociale e politico se visti da una certa distanza, ma cercavano anche di scuotere le immobili istituzioni dell’arte, di provocare una rottura con il concetto di galleria e di museo.
La stessa cosa accadeva in Russia durante la Guerra Fredda, dove molti artisti in tutte l’Europa dell’Est e in altre parti del mondo espresseo il proprio scontento per l’imponente presenza di un sistema politico che, essendo privo di libertà, si sforzava di far credere a molti che la rivoluzione era appena dietro l’angolo, e che era solo questione di tempo. Tra questi artisti, la nota Sanja Iveković presenterà al MOMA i processi esposti finora, sia riguardanti il passato che il presente, tramite la sua opera artistica.
“Sweet Violence” è il nome della mostra, la prima dell’artista, nata in Bosnia, nel territorio degli Stati Uniti. La mostra in sè è veramente uno sforzo simbolico e coinvolgente di mostrare una carriera artistica lunga oltre quarant’anni. La Iveković non ha soltanto realizzato lavori profondamente relazionati con l’attivismo e il femminismo, ma è anche una pioniera dell’arte video internazionale. La sua carriera attraversa i vertiginosi anni 60, durante i quali molte barriere estetiche e accademiche sono state completamente abbattute, e l’importanza del concettualismo e dell’arte minimale del Fluxus sono entrate a far parte del panorama artistico internazionale. Il lavoro di Sanja Iveković utilizza diversi formati, come il fotomontaggio, il video e la performance.
La mostra che sarà presentata al MOMA dal 18 dicembre è composta da video e installazioni, e tra queste troviamo i progetti “Sweet Violence” (1974), che dà il nome alla mostra, “Personal Cuts” (1982) e “Practice Makes a Master” (1982/2009). Inoltre, ci sarà anche la serie di fotomontaggi intitolata “Double Life” (1975-1976), importante lavoro dell’artista nel quale utilizza una serie di fotografie personali, scomponendole e ricomponendole usando annunci pubblicitari presi da riviste per donne e altri giornali.
Esattamente come Muntadas, uno degli altri principali rappresentanti del concettualimo e del video d’arte dell’epoca, Sanja Iveković ricorre ai mass-media per porre il problema dei mezzi e delle forme di rappresentazione del soggetto, della condizione del genere sessuale, e del limite impalpabile oltre il quale l’opera d’arte acquisisce un senso e guadagna protagonismo nella realtà contemporanea. Le sue esplorazioni ovviamente non risparmiano la politica. Dopo la caduta del muro di Berlino e la disgregazione della Jugoslavia, Iveković sviluppa il suo lavoro attorno a questa nuova trasformazione geografica. Nella sua complessità, si addentra in processi di trasformazione di una realtà socialista verso una realtà che non lo sarà mai più. Gli espedienti visivi che utilizza nella sua opera pongono l’attenzione sulla storia e sui processi sociali, suoi ruoli del genere sessuale, sul potere e sulla memoria collettiva. Per maggiori informazioni sulla mostra, visita il sito ufficiale del MOMA di New York, cliccando sul seguente link: http://www.moma.org/