Sanniti!

Creato il 03 febbraio 2013 da Marino Maiorino
Dopo aver tanto parlato di Romani e Greci, all'ora di comprendere l'entità del pasticcio nel quale Neapolis, permettendo ad uno stanziamento Sannita di stabilirsi in Parthenope, si era cacciata, manca probabilmente al lettore un elemento fondamentale: la conoscenza di questo popolo italico che ebbe l'onore di tenere in scacco i Romani per tanto tempo e che inflisse agli stessi una delle più cocenti e dolorose batoste della loro storia, le ben note Forche Caudine.
Non pretendo di scrivere un articolo enciclopedico in questa sede, un post amatoriale non è il luogo per un'impresa del genere, ma posso provare a delineare alcune delle conoscenze più rilevanti che abbiamo sui Sanniti. Quando necessario, indicherò anche fonti esterne grazie alle quali il lettore, se lo vuole, potrà ulteriormente e più approfonditamente documentarsi.

Introduzione

I Sanniti furono un antico popolo italico stanziato in un territorio corrispondente agli attuali territori della Campania, dell'alta Puglia, del Molise, del basso Abruzzo e dell'alta Lucania. Parlavano la lingua osca, una lingua indoeuropea del gruppo italico.
Cartina del territorio del Samnium durante le guerre contro Roma. Fonte: Molise 2000 blog
Le loro attività economiche ruotavano principalmente intorno alla caccia ed alla pastorizia, ma sappiamo che anche la guerra era una attività molto importante, tanto che alcuni sanniti vennero utilizzati come mercenari da altre popolazioni.
Il territorio occupato dalla loro confederazione si espanse progressivamente ma, giunti a toccare il basso Lazio e la zona di Napoli, si scontrarono duramente con i Romani in una lotta (le tre guerre sannitiche) durata ben tre secoli. Alla fine furono sconfitti e integrati nel sistema capitolino. Una prova di questa perfetta integrazione è l'inserimento di sanniti nella classe dirigente romana: uno dei più famosi fu, probabilmente, Ponzio Pilato, Prefetto della Giudea ai tempi di Cristo.
Livio descrive il loro spirito indomito in questo modo:
Non fuggivano la guerra: erano così lontani dallo stancarsi di una difesa anche senza successo della loro libertà, che preferivano essere conquistati piuttosto che rinunciare a sforzarsi di vincere.
Erano le genti più caparbie e dal temperamento più risoluto fra tutte le popolazioni della penisola, coloro ai quali, più di ogni altra cosa, era sacra la libertà.
Di questo popolo non rimangono che poche vestigia e testimonianze storiche alquanto scarne. Dionigi d'Alicarnasso, Tolomeo, Fabio Pittore, Plinio il Vecchio, Strabone, Mela, Velleio Patercolo, Appiano, Diodoro Siculo ed in particolar modo Tito Livio, sono tra gli annalisti, i geografi ed i naturalisti che nelle loro opere hanno scritto sul Sannio ed i Sanniti. Ma in questi antichi testi i Sanniti sono spesso descritti in modo superficiale oppure confuso e molte volte non veritiero.
I Sanniti furono i primi ad utilizzare il nome “Italia”, all'epoca per indicare quei territori, dal Tirreno all'Adriatico, uniti per combattere l'egemonia di Roma.
Il territorio da essi abitato era chiamato dai suoi abitanti Safinim i quali designavano se stessi come Safineis. In latino Safinim divenne per assimilazione Samnium, da cui i Romani derivarono il termine Samnites per designarne gli abitanti. I Greci li chiamavano Saunitai e la loro terra Saunitis.
I Sanniti non hanno lasciato, o almeno non ci sono pervenuti, documenti o codici o semplici scritti che possono oggi aiutarci a descrivere il loro assetto sociale, politico ed economico. Solo le fonti classiche ci permettono, congiuntamente alle attività archeologiche, di ricostruire per grandi linee quella che poteva essere la vita quotidiana di questo antico popolo.

Origini

La tradizione antica vuole che popolazioni ataviche fossero immigrate in quelle terre dove precedentemente vivevano gli Opici o Osci e che ne avrebbero assimilato gradualmente gli usi e la lingua, l'Osco appunto. Si crede che fossero arrivati nel Sannio dalle terre limitrofe dei Sabini, di cui sarebbero stati i discendenti ai quali, secondo Strabone (Geo. VI, 12)
… si sono forse aggiunti coloni laconici e che per questo sarebbero di stirpe ellenica. Inoltre anche i Pitanati (gli abitanti di uno dei distretti di Sparta, ma anche di Taranto, colonia laconica della Megale Hellas) si sarebbero aggiunti ad essi. Sembra che questa spiegazione sia stata inventata dai Tarentini, che volevano così lusingare i loro vicini a quel tempo assai potenti ed insieme guadagnare la loro amicizia, dal momento che i Sanniti potevano mettere allora facilmente insieme 80.000 soldati di fanteria e 8.000 cavalieri …
Le popolazioni osco-umbre, che includevano sia i Sanniti che i Sabini, si erano quindi sviluppate dalla fusione di abitanti del luogo con infiltrazioni indoeuropee ma, in seguito alla colonizzazione greca del sud della penisola italiana, anche mescolanze coloniali elleniche riconducibili agli ultimi periodi dell'Età del Ferro. Nel VII sec. a.C. esistevano ormai popolazioni distinte dalla primitiva radice comune umbra e nel VI secolo a.C. il popolo storicamente noto come Sanniti deve essere stato chiaramente identificabile ed aver avuto il controllo incontrastato del Sannio.
Le ampie aree pianeggianti dai contorni limitati e modellati dalle pendici delle impervie montagne del Sannio favorirono quindi l'insediamento di queste popolazioni stanziatesi probabilmente a causa di un Ver Sacrum o Primavera Sacra, una manifestazione divinatoria attuata dalle popolazioni antiche e basata su emigrazioni forzate. Che vi sia stata all'inizio un'impostazione sacrale di tali riti sarà forse vero, ma in seguito questa prassi si rivelò anche un ottimo metodo per diminuire la pressione demografica in talune zone della penisola favorendo la colonizzazione delle altre aree limitrofe. Analizzando le procedure dei riti sacri dedicati alle divinità dell'Olimpo italico è possibile intuire come venivano a formarsi le singole tribù sabelle. Ciò grazie anche alla tradizione tramandataci dagli scrittori antichi che descrissero come questo rituale religioso spingesse i popoli di lingua osca ad inoltrarsi sempre più lungo gli Appennini, discendendo periodicamente alle pianure su entrambi i versanti.
Secondo queste tradizioni il rito arcaico prendeva forma nel momento in cui avversità di carattere fisico come malattie e pestilenze, oppure psicologico come il succedersi di avvenimenti negativi, spingessero una determinata tribù a sacrificare i primogeniti nati nel periodo primaverile al dio Mamerte (Marte).
Il sacrificio consisteva nel rendere coloro che dovevano essere sacrificati dei sacrati, ovvero persone offerte al dio in una forma che però rispettava sia l'idea del sacrificio sia le esigenze di crescita della tribù stessa.
In questo modo tali individui vivevano fino all'età adulta come elementi particolari con un destino già segnato. L'obbligo era di lasciare il proprio gruppo di appartenenza per cercare nuove terre dove insediarsi, muovendosi sotto la guida di un animale sacro alla divinità. L'animale guida poteva essere rappresentato da un toro, un lupo oppure un cervo ed il gruppo emigrante lo seguiva nel suo errare e si stabiliva nel luogo che pensavano l'animale avesse indicato.

Costituzione

Il popolo sannita propriamente detto era formato dall'unione di quattro tribù, come spesso elencano gli scrittori antichi: i Pentri, i Carricini, i Caudini e gli Irpini. In seguito, forse con la nascita della Lega Sannitica come organismo di coordinamento militare già dal V secolo a.C., altre tribù si unirono ad essi. Tra queste i Frentani.
La tribù che costituiva il cuore del popolo sannita era quella dei Pentri, che popolava il centro del Sannio nel territorio compreso tra la catena montuosa delle Mainarde a nord ed il massiccio del Matese a sud. Forti e temibili, erano la spina dorsale della nazione. Nell'ultimo periodo delle guerre contro Roma ressero quasi da soli l'urto degli eserciti consolari che si infrangevano contro le difese occidentali del Sannio. Città pentre erano Aesernia, Allifae, Aquilonia, Aufidena, le due Bovianum, Fagifulae, Saepinum, Terventum e Venafrum.
I Carricini erano la tribù situata più a nord, stanziata nei territori meridionali dei monti della Maiella ai confini con i Peligni. Sembra essere stata la meno numerosa. Città carricine erano Cluviae e Juvanum.
I Caudini erano i più occidentali e quindi i più esposti all'influsso greco della Campania. Dalla gran quantità di reperti di buona fattura trovati durante gli scavi archeologici si evince la notevole raffinatezza di vita e costumi in un periodo in cui altre popolazioni limitrofe, tra cui i Romani, erano lungi dal possedere lo stesso tenore di vita. Vivevano nel territorio compreso tra le montagne che delimitano la pianura campana, il Monte Taburno e i Monti Trebulani, nella valle del fiume Isclero e lungo il tratto centrale del Volturno. Tra le città caudine ricordiamo Caudium, Caiatia, Cubulteria, Saticula, Telesia e Trebula.
Gli Irpini abitavano la parte meridionale del Sannio, nel territorio delimitato dalle vallate dell'Ofanto, del Calore e del Sabbato. Come i Caudini, anch'essi usufruirono dell'influenza della vicina civiltà della Magna Grecia. Gli Irpini erano chiamati uomini-lupo ed il loro nome deriva da hirpus che in osco significa “lupo”. Tra le loro città principali ricordiamo Abellinum, Aeclanum, Compsa, Malies o Maloenton (chiamata Malventum dai Romani) e Trevicum.
I Frentani abitavano le terre di pianura che dalle falde appenniniche del Sannio arrivavano fino al mar Adriatico, tra i territori dei Marrucini a nord ed i Dauni a sud. Erano i territori più orientali sotto il controllo sannita e si estendevano per una fascia di circa 20 chilometri dalla costa verso l'interno. La maggior parte dei Frentani era per lo più dedita alla pastorizia ed all'agricoltura ed erano in prevalenza stanziati verso l'entroterra. Sapevano andar per mare ma non avevano una vera e propria flotta o almeno nulla ci è pervenuto dalle fonti storiche. Eressero centri abitati sulla costa e ne praticavano il controllo applicando dazi e tributi ai naviganti-mercanti che frequentavano i loro approdi. Secondo il geografo greco Strabone (V.4.2) costruivano le loro case adattando ad abitazioni sulla terraferma le carcasse delle navi naufragate. Città frentane erano Anxanum, Geronium (forse l'arcaica Maronea), Sicalenum, Uscosium e Larinum, quest'ultima, in verità, considerata una cittadina di frontiera, cioè formata da una cittadinanza mista composta sia da Pentri che da Frentani. Sulla costa, insediamenti frentani erano Buca, Cliternia, Histonium e Hortona.

Società

Nella società sannita non esistevano ricchezze concentrate nelle mani di pochi personaggi che calamitavano le attività produttive a discapito del resto della popolazione. Vi erano nuclei familiari particolarmente agiati che emergevano sulla massa contadina e dedita alla pastorizia e che spesso caratterizzavano determinati territori del Sannio, ma la loro agiatezza veniva ripartita con il resto della popolazione, quasi a sottolineare l'importanza che i legami di gruppo avevano nella mentalità politica sannita a discapito dei personalismi e delle sopraffazioni. Infatti non esistevano latifondisti o proprietari di grandi appezzamenti terrieri per il semplice fatto che i territori compresi nei pagi erano sfruttabili da tutti coloro che possedevano animali da far pascolare nelle enormi distese verdi degli altopiani appenninici, pagando all'amministratore statale dei luoghi il giusto compenso.
Il declino dello “Stato Federale del Sannio”, avvenuto in conseguenza delle guerre contro Roma, favorì l'adozione di un atteggiamento consono alla mentalità dei nuovi amministratori, che propendevano verso un tipo di economia basata più sull'iniziativa individuale che su quella collettiva. Per Roma era più facile tassare un latifondista che una moltitudine di pastori.
La schiavitù non dovette essere una pratica molto seguita proprio per il metodo in cui la società sannita era organizzata. Tutti avevano la massima libertà di affermare le proprie opinioni, tanto da criticare apertamente nelle assemblee i propri magistrati. Per questa ragione, i Sanniti ebbero una evoluzione sociale diversa rispetto alle altre popolazioni della penisola, un'evoluzione che portò queste genti a cognizioni politiche che rispettavano in primis la famiglia ed il territorio.

Usi e Costumi

Sia il clima che la diffusione della pastorizia imponevano ai Sanniti l'uso di indumenti di lana che veniva lavorata dalle donne per poi essere colorata e venduta. Gli ornamenti erano solitamente di bronzo, qualche volta d'argento o d'oro. La donna portava anelli, collane girocollo con pendenti e bracciali, come quelli con terminali riproducenti cerchi e spirali (chatelaine) ritrovati in molte sepolture sannite. L'uomo indossava bracciali bronzei con raffigurazioni varie, come animali e forme geometriche, ed essendo particolarmente attento all'aspetto ed alla prestanza fisica, usava indossare candide tuniche strette alla vita con un cinturone metallico o di cuoio duro, portato in modo da permettere tutti i movimenti.
Proprio il cinturone era l'emblema dell'uomo sannita, era il segno distintivo della raggiunta maggiore età. Aveva valenza sia civile che militare ed era formato da una lunga striscia metallica, cesellata e borchiata, chiusa con fermagli raffiguranti soggetti vari, anche mitologici. L'interno era foderato ed imbottito con cuoio o tessuto, fermato al metallo con ribattini e graffe. Numerosi sono i cinturoni ritovati nei corredi delle sepolture in tutto il Sannio.
I Sanniti erano monogami ed alla moglie era affidato il compito di educare i figli e governare la casa. Era una società di tipo patriarcale.
Erano ottimi guerrieri e usavano dimostrare la propria baldanza fisica con giochi di combattimento che avvenivano durante feste e banchetti ma anche in occasioni di manifestazioni funebri per la commemorazione di importanti personaggi. Di solito la lotta finiva con la messa a terra dell'avversario. A volte questi giochi servivano anche a scegliere i giovani migliori per maritare fanciulle di particolare bellezza, in modo da evitare contese sfocianti in modi molto più tragici.
Guerrieri Sanniti dal fregio di una tomba a Nola. Fonte: Wikipedia
Il contatto con i Romani trasformò i combattimenti e le rappresentazioni di forza, svolte in rare importanti occasioni, in tutt'altra cosa. Entusiasti di queste competizioni, i Romani le importarono nella loro società trasformandole in avvenimenti agonistici di particolare violenza, il più delle volte sadici. Dopo l'annessione del Sannio a Roma, la lotta tra guerrieri in un'arena divenne lo sport nazionale. Erano nati i Gladiatori.

Organizzazione dello Stato

Il popolo del Sannio non era organizzato in governi municipali o città stato. Non esisteva un agglomerato urbano che fosse posto a capo della nazione come lo era Roma per i Romani.
L'unità politica e amministrativa dei Sanniti era il Touto, un'entità che aveva carattere corporativo ed era più vasto del concetto romano di civitas. Il Touto rappresentava una moltitudine di individui che si riconoscevano discendenti e quindi appartenenti ad uno specifico nucleo di sacrati a cui si poteva far risalire le origini comuni, aveva organi democratici che legiferavano e che imponevano tali leggi attraverso un capillare controllo del territorio.
I Sanniti “vivevano” il territorio, ne erano parte integrante, lo utilizzavano per il proprio sostentamento, non si limitavano a preferirne un'unica e determinata zona dove edificare una moltitudine di abitazioni per vivere tutti insieme a stretto contatto di gomito. Infatti della città intesa come quella greca, dalla caratteristica individuale e predominante, non vi è traccia tra i Sanniti. Il concetto di città-stato, con il suo territorio incluso nel centro urbano, era estraneo ad essi, concependo un'idea più vasta e meno restrittiva di unità minima governabile, cioè un intero territorio con più agglomerati urbani dove trattare gli affari sociali ed economici della tribù ma nessun singolo insediamento aveva carattere predominante sull'altro. Ciò era dovuto essenzialmente alla loro forma di governo di tipo federale, adatto all'utilizzo di più forme amministrative adeguate alle esigenze dei diversi Touti che componevano lo stato sannitico e che rispondevano a loro volta ad un'entità governativa superiore eletta nell'assemblea di tutti i Touti, una sorta di “direzione esecutiva”.
L'unità politica al di sotto del Touto era il pagus, una sottounità amministrativa che non era una città ma un distretto di estensione variabile che poteva a sua volta includere centri abitati.
Gli insediamenti ubicati in pianura o in zone pedemontane erano chiamati vicus e svolgevano una funzione più specificatamente economica, in quanto unità produttive (a carattere pastorale, agricolo e artigianale) o centri di scambi commerciali. Alcune volte erano fortificati, cioè muniti di spesse mura perimetrali con torri e porte vigilate. Quelli delle zone montagnose, cioè edificati in altura, erano chiamati oppidum ed erano sempre fortificati, cinti cioè da spesse mura poligonali. Tra i vici minori forse ve n'era uno che, per la sua particolare ubicazione (prossimità di acque solfuree o sorgenti o qualcos'altro) era sede di un'area sacra e quindi comprendeva importanti edifici di culto. Ciò significa che nel vicus più grande non sempre venivano accentrate tutte le funzioni sia politiche che religiose.
Il sistema paganico-vicano comportava un meticoloso controllo del territorio adatto ad offrire ai propri componenti un alto livello di sicurezza sociale, un controllo che veniva eseguito da una entità governativa con funzioni direttive che imponeva le leggi del touto ma anche quelle federali. I Sanniti erano una popolazione che, prima delle guerre contro Roma, vivevano in vicus di pianura o di mezzacosta quasi mai protetti da palizzate o mura, alcuni con arx - l'area sacra - posta in un luogo che sovrastava l'abitato. Alla seconda metà del IV secolo a.C. è databile, invece, tutto il sistema difensivo, formato da fortificazioni protette da possenti mura in opera poligonale, esistente nel territorio del Sannio, in particolare nell'area settentrionale. Questa nuova fase edificatoria avvenne proprio in concomitanza con lo svolgersi delle guerre sannitiche, un vero e proprio arroccamento dovuto ai cruenti scontri contro Roma.
Di solito queste fortezze, con mura alte diversi metri e spesse mediamente più di un metro, cingevano la cima di montagne già di per se difficili da salire. Le mura, costruite in opera poligonale, cioè formate da enormi massi lavorati per essere giunti gli uni agli altri sia in senso orizzontale che verticale, raggiungevano in alcuni casi i sei o sette chilometri di lunghezza. L'area all'interno di questi luoghi fortificati non era sempre abitatata, cioè non ospitava quasi mai una popolazione stabile, ma spesso era adibita al solo ricovero delle genti, delle merci ed in particolar modo degli armenti, cioè la prima cosa che veniva ad essere requisita dagli eserciti romani per sfamare le proprie truppe. In questo modo i Sanniti, oltre a custodire il fulcro dell'economia dell'epoca, toglievano ai nemici il metodo sicuro per procurarsi un facile sostentamento. Né i vici né gli oppida avevano vita politica a sé stante, dipendendo sempre dall'organizzazione territoriale del pagus di appartenenza.
Il pagus era quindi un distretto semidipendente al cui interno si svolgeva la vita sociale, il lavoro e si praticava il culto degli dei. Attraverso di esso avveniva il reclutamento militare ed i suoi membri si riunivano in assemblea dove approvavano leggi locali ed eleggevano i propri rappresentanti nel consiglio del Touto.
Ciascun Touto aveva una località sacra, che fungeva da centro amministrativo dove si tenevano le adunanze sia religiose sia politiche ma che non aveva le funzioni di capitale. Per i Pentri era Bovianum Vetus, l'attuale Pietrabbondante, per i Carricini era Cluviae, per i Caudini era Caudium e per gli Irpini era Malies o Maloenton (chiamata Malventum dai Romani che, in seguito, la rinominarono Beneventum).
Quindi ogni Touto, dove esisteva un consiglio e un'assemblea, era una repubblica, non un regno. Ma lo stato Sannita non era solo repubblicano ma era anche democratico. Oltre ad eleggerli, i Sanniti criticavano apertamente e pubblicamente i loro magistrati, discutevano in assemblee pubbliche con le massime cariche amministrative in luoghi appositamente preparati per le riunioni politiche. Almeno fino a quando il contatto con i Romani non incise sulle tradizioni sannite, non esistevano famiglie tanto potenti da influenzare il voto politico nel Sannio: la ricchezza non bastava a valutare un uomo.
Quando Livio scrive di vir nobilis potensque, descrive una persona eccelsa nella vita politica sannita per valore militare e diplomatico, uomini che avevano dunque un prestigio personale derivato anche dalla nobiltà di stirpe guadagnata sul campo dai padri e dai padri dei padri ma che comunque avevano dato buona prova di sé nelle attitudini politiche e di comando. I Sanniti erano un popolo risoluto e mal sopportavano che a capo di loro ci fossero persone che avessero ottenuto alte cariche statali diversamente dal prestigio guadagnato.
A capo del Touto era posto il Meddix Tuticus, eletto democraticamente, che aveva la carica equivalente a quella di Magistratus o Console per i Romani. Ad affiancare l'operato di questa figura suprema vi erano una serie di funzionari minori. Tra questi il Meddix Minor, una specie di quaestor romano, che era posto a capo dei singoli pagi, ed il Meddix Aticus, che soprintendeva all'amministrazione di tutte le entrate fiscali. Carica simile per peso amministrativo a quella del Meddix era il Kenzsur, da cui i Romani fecero derivare la loro carica di Censor.
Un'istituzione sociale sannitica, che doveva svolgere funzioni sia governative che militari, era la verehia o verreia che, sul finire del V sec. a.C., si riconosceva in una organizzazione per la gioventù, simile alla juventus romana. I giovani sarebbero stati i Guardiani della Porta, dato che in osco il termine vero corrisponde al latino porta. Tale istituzione serviva a formare i giovani sanniti alla vita militare, alle arti equestri ed all'uso delle armi. Con il passare del tempo questa istituzione si identificò con una sorta di compagnia di ventura, quasi ad individuare un gruppo di partecipanti che, sin da giovani, avrebbero insieme salito tutti i gradini della formazione militare tanto da dare vita ad una sorta di manipolo armato ben distinguibie da altri. Intorno al I secolo a.C. il termine perse la connotazione militare per individuare un gruppo di persone che si occupava del bene della propria gente e della città in cui vivevano.

La Lega Sannitica

Alla fine del IV sec. a.C. ed agli inizi del III i Sanniti dovettero fronteggiare la seria minaccia dei Romani. I Touti originali che formavano il popolo sannita si unirono con le popolazioni osche limitrofe in un'organizzazione chiamata Lega Sannitica. Era un'entità governativa e militare solidamente unita e cementata, oltre da forti vincoli religiosi, anche dalla ferma determinazione di tener testa a Roma fino alla fine. Né Roma riuscì ad aizzare un Touto contro l'altro, nel suo classico modo del Dividi et Impera. Attrasse dalla propria parte i Campani, gli Apuli e perfino i Lucani, ma non potè convincere uno solo dei Touti fondamentali a schierarsi al suo fianco contro gli altri.
Questa associazione tra le varie popolazioni sannite era una vera e propria confederazione il cui fine principale era quello di costituire una garanzia stabile in caso di guerra e di imprese da sostenere in comune. La Lega aveva un consiglio, formato dai Meddix Tuticus dei vari Touti affiliati, che decideva sulle strategie da adottare. Le loro riunioni avvenivano nelle città sacre di ogni Touto a turno, ma sicuramente avevano luogo solo quando bisognava fronteggiare una seria minaccia comune a tutti i Sanniti, cose che del resto, nell'Italia del IV secolo, erano abbastanza frequenti. Quando si profilava un intervento armato della Lega, i Sanniti eleggevano un comandante in capo, scelto tra i Meddix del consiglio.
Non siamo in grado, però, di capire come questa alleanza tra i Touti abbia funzionato nel corso dei vari conflitti cui hanno partecipato i Sanniti. Possiamo solo supporre che un originario accordo tra i Touti dovette essere stato stipulato già nel V sec. a.C. (423 per la precisione) quando, insieme a gente natia di origine osca, i Sanniti riuscirono ad espugnare agli Etruschi la città-fortezza di Capua e posero sotto il loro controllo le città di Nola, Nuceria, Pompei, Stabiae e l'intera pianura campana ed in seguito quando combatterono contro i Greci per la conquista di Cuma ed il controllo di gran parte della costa tirrenica in Campania (421). Sicuramente con la Lega affrontarono tutto il periodo epico delle Guerre Sannitiche e, possiamo supporre, organizzarono la successiva campagna militare contro Roma come alleati di Pirro (un decennio più tardi), ma la Lega non fu presente nella guerra contro Annibale alla fine del III secolo, episodio che divise i Sanniti. Non abbiamo testimonianze certe della sua esistenza come alleanza militare neanche durante il Bellum Sociale tra Roma e gli alleati italici dell'inizio del I sec. a.C.

Religione

Adorare gli stessi dei fu per i Sanniti un fattore di unità tribale. La religione era molto importante tanto da connettere ad essa vari momenti dell'attività giornaliera. Non avevano un intero Olimpo in comune ma fu significativo che gran parte degli dei erano venerati da tutti i Sanniti. In caso di guerra, arruolavano intere schiere di combattenti vincolandoli ad un solenne giuramento sacro che non veniva mai violato, tanto era importante per loro mantenere il patto con gli dei.
Le grandi divinità antropomorfe erano le stesse delle popolazioni del centrosud Italia, e tra queste figure divine ricorrono spesso Juppiter (Giove), Mamerte (Marte) dio della guerra a cui si consacravano intere schiere di guerrieri sanniti anche mercenari, Mercurio, Diana, Apollo, Atena, i Dioscuri (Castore e Polluce), Dioniso, Kerres (Cerere) nelle varie forme nonché le Ninfee ed Ercole, molto venerato e raffigurato sia da statuette che su scudi e paragnatidi.
Risulta comunque evidente l'influenza dei Greci nella religione dei Sanniti, specialmente dopo l'espansione, alla fine del VI sec. a.C., verso i territori campani e le coste del Tirreno. Grande venerazione ebbe, già in epoca arcaica, una particolare divinità legata alle sorgenti, all'elemento acqua in generale ed alle sorgenti solfuree in particolare. La Mefite, “colei che sta in mezzo”.
Un altro elemento che sottolinea la loro profonda religiosità era il rispetto delle pratiche e le credenze religiose dei popoli con cui venivano in contatto. Alcune antiche testimonianze ci rivelano come, nello svolgimento di particolari rituali, i sacerdoti sanniti seguivano pratiche religiose non proprio autoctone ma ispirate a tradizioni di popoli amici, ma ciò non può meravigliare più di tanto, dati i continui contatti che le popolazioni sannitiche avevano con Etruschi, coloni Greci e Celti. Comunque questi rituali non sembrano essere stati particolarmente frequenti.
Molti sono i culti tramandatisi nel tempo tra gli Italici ma alcuni aspetti delle antiche pratiche, come il Ver Sacrum, hanno impresso nelle credenze e nelle tradizioni dell'etnia sannita alcune espressioni rituali, come la consacrazione di uomini, animali e cose verso una divinità, ritrovate quasi intatte nell'odierno Sannio.
La Lex Sacrata, il rito che vincolava tra loro gli uomini a compiere una determinata azione, consacrandoli ad una divinità insieme alla loro famiglia ed ai loro beni, era una pratica comune a tutti i popoli italici, ma solo i Sanniti la portarono all'estrema esaltazione dei valori, spesso in relazione con avvenimenti bellici. Anche la polilatria, adorare più dei nello stesso luogo, era tipico della religione sannita. Infatti le divinità non erano isolate nella riservatezza dei loro templi individuali come in Grecia, né varie divinità erano riunite nello stesso luogo ma adorate separatamente. Gli dei sanniti erano adorati ciascuno per la propria funzione ma tutti insieme e nel medesimo luogo sacro. I Sanniti veneravano i loro dei, semidei e numina, non con rapporti di priorità e di importanza, concependo il proprio mondo come popolato da poteri e spiriti misteriosi che andavano rispettati e che incutevano loro un timore reverenziale tanto da dover sempre instaurare buone relazioni. Non sempre venivano immaginati in forma umana ed incerto era anche il loro sesso, ma quelli antropomorfi erano in maggioranza più dee che dei. Dimoravano in luoghi particolari e bisognava sempre conquistarne i favori e l'amicizia, sia che fossero benevoli quanto malevoli, con preghiere ed offerte.
Di particolare importanza erano luoghi come la casa, per il focolare, la porta e la dispensa, oppure come i campi per il raccolto, i boschi, i ruscelli, le sorgenti e i luoghi di sepoltura. I Sanniti temevano elementi o azioni contaminanti e per scongiurarle facevano ricorso a cerimonie di purificazione. L'invasione del proprio territorio, ad esempio, apportava una contaminazione e la cerimonia del giogo sotto di cui furono fatti passare i Romani alle Forche Caudine fu un atto di purificazione dal pericoloso contagio della terra e delle genti apportato dall'invasore sconfitto.
I Sanniti facevano uso di amuleti per propiziarsi la buona sorte. Orazio, di stirpe sabellica, menziona spesso i Sabella Carmina, frasi di formule magiche che propiziavano gli dei e gli spiriti in occasioni particolari come il matrimonio o il raccolto.

Piccola Bibliografia

Per questo post, oltre ai link già forniti, si citano le seguenti fonti:
  • E.T. Salmon, Il Sannio ed i Sanniti, Einaudi, 1985;
  • Filippo Coarelli, Adriano La Regina, Abruzzo e Molise - Guide archeologiche Laterza, 1984;
  • www.sanniti.info, a cura di Davide Monaco;
  • né poteva mancare, naturalmente, seppure come riferimento introduttivo, Wikipedia.

Ringraziamenti

Si ringrazia particolarmente l'amico di lunga data Fabio Grazioso per avermi indicato a suo tempo il Salmon che, evidentemente, era un'autentica bibbia sull'argomento!

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