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Sanremo 2014: cast ecumenico, fra pop, elite e qualche azzardo di troppo. da renga ai perturbazione

Creato il 18 dicembre 2013 da Carloca
SANREMO 2014: CAST ECUMENICO, FRA POP, ELITE E QUALCHE AZZARDO DI TROPPO. DA RENGA AI PERTURBAZIONE
Pareva strano, in effetti. Le previsioni dei più attendibili "esperti" in merito al cast dei Big di Sanremo 2014 avevano disegnato, nei giorni scorsi, un "listone" un po' troppo commerciale. Non certo "nazionalpopolare", intendiamoci, ma sicuramente dal deciso sapore pop, con nomi di grandissimo impatto mediatico e di "facile presa", un cast per andare sul sicuro in termini di passaggi radiofonici e di classifiche di vendita. Un cast, in parole povere, poco "faziano". Non poteva essere, e infatti l'annuncio odierno dei 14 "magnifici" che si daranno battaglia in Riviera dal 18 al 22 febbraio prossimi è stato di primo acchito spiazzante. Lo straniamento, va da sé, si attenua molto pensando che il criterio di composizione del cartellone sanremese è stato, né più né meno, lo stesso adottato dodici mesi fa per il Festival 2013. CAST A 360° - Del Sanremo di stampo "baudiano" è rimasta l'ecumenicità delle scelte: oggi come allora, la direzione artistica tenta di dar spazio al maggior numero di tendenze possibili, ad accontentare la più vasta gamma di fasce di pubblico. La differenza rispetto al passato è che, se una volta la linea editoriale era quella di privilegiare la tradizione e il classico, oggi si punta con maggior decisione sulla produzione di marca contemporanea, sulle sonorità e sugli stili più in voga. L'inversione di tendenza, in questo senso, l'aveva già data Gianmarco Mazzi nel suo quinquennio di gestione, non ci stancheremo mai di ripeterlo; di loro, Fazio e Mauro Pagani ci hanno messo un coraggio maggiore nell'effettuare scelte sofisticate, quasi d'élite, e quindi a rischio di impopolarità o di scarso peso penetrativo presso i telespettatori e i "consumatori" di musica. DRAPPELLO POP - Nel dettaglio, Sanremo 2014 soddisfa la sua anima più pop e glamour con la convocazione di Arisa, Noemi, Francesco Renga, Giusy Ferreri e Francesco Sarcina. Sono tutti big nati negli anni Duemila, con curricula solidissimi, vasta credibilità artistica presso gli appassionati più giovani (ma non solo), modalità espressive radicalmente diverse fra di loro: Renga, in particolare, è una delle voci maschili migliori, per potenza ed estensione, prodotte negli ultimi trent'anni dalla canzone italiana, Noemi e Arisa hanno finora sempre fatto centro nelle loro partecipazioni sanremesi, la Ferreri torna tre anni dopo l'eccellente performance sfoderata con "Il mare immenso" di Bungaro, brano intenso e ben costruito, non ricordato come meriterebbe. Sarcina, infine, riesce finalmente a ricrearsi una verginità dopo il lungo capitolo Vibrazioni, iniziato alla grande (pareva una band destinata a segnare la storia della musica nostrana) e chiusa in tono minore. Stupisce, casomai, la pressoché totale assenza di rappresentanti di quel rap italiano che ha marchiato a fuoco le classifiche di vendita dell'anno solare in via di conclusione. Un Fedez, un Moreno o un Clementino avrebbero rappresentato dei formidabili "acchiappa audience". SORPRESA GUALAZZI? - Nella terra di mezzo fra "easy listening di qualità" e "sperimentazione" troviamo personaggi come Frankie Hi - NRG, veterano dell'hip hop italiano, mai banale nelle sue proposte e mai apprezzato per quello che effettivamente vale, poi Giuliano Palma, musicista di straordinario eclettismo (soul, ska, jazz e quant'altro) e un Gualazzi dal quale potrebbe arrivare qualcosa di sorprendente, visto l'abbinamento con la band The Bloody Beetroots, che frequenta territori musicali radicalmente diversi da quelli finora esplorati dal vincitore di Sanremo Giovani 2011. Più ampio del previsto lo spazio riservato ai veterani:  si faceva da tempo il nome di Cristiano De Andrè, mentre in pochi avrebbero scommesso sul ritorno in pompa magna di Antonella Ruggiero (bocciata l'anno passato) e soprattutto di Ron, che manca dalla ribalta sanremese dal 2006 e pareva essere un po' uscito dal circuito che conta. Perlomeno c'è stata fantasia nelle scelte, visto che ci sono stati risparmiati i nomi dei soliti prezzemolini ultrapresenzialisti all'Ariston e in Rai (anche se l'ex Matia Bazar non è che abbia lesinato le sue partecipazioni alla kermesse ligure, intendiamoci...). SCELTE ARDITE - Il resto del cast desta qualche perplessità, non tanto per la qualità degli artisti, quanto per la qualifica di big loro attribuita: Riccardo Sinigallia è ben noto a chi mastica un po' di musica, è attivo a notevoli livelli fin dagli anni Novanta, tuttavia ha sempre, più che altro, operato dietro le quinte, come musicmaker e creativo di notevole brillantezza, collaborando fattivamente al successo di altri nomi assai più popolari (Tiromancino in primis): non è però un cantante di immediata riconoscibilità, se non presso una ristretta cerchia di appassionati ed esperti. Idem per i Perturbazione, gruppo di vasta esperienza, che ha tratto le  maggiori soddisfazioni dai live e da alcune collaborazioni di spessore, mentre il mercato discografico raramente ha riservato riconoscimenti autenticamente tangibili. Ma sono i classici rischi che ogni tanto i vari patron e direttori artistici del Festival si prendono, "forzando" l'ingresso fra i big di personaggi ancora in fase di emersione o provenienti da circuiti alternativi, per cercare di spingerli verso una crescita di notorietà e un mercato più generalista: un po' quello che venne fatto l'anno passato per i Marta sui Tubi. Stesso discorso applicabile a Renzo Rubino che, proprio no, big non può essere considerato, visto che l'anno scorso nemmeno ha vinto la categoria Giovani del Festival e non si può certo dire che in questi dodici mesi si sia messo più in evidenza di Antonio Maggio, trionfatore fra le Nuove proposte 2013. Ma Big autentici, ai loro tempi, non lo erano nemmeno Zucchero, o Nek, o Marco Armani o Flavia Fortunato: inserire certi ragazzi nella categoria regina serve per spingerli presso il pubblico, ritenendoli meritevoli di un'affermazione che fatica ad arrivare, per un motivo o per l'altro. Come si evince dai quattro nomi appena fatti, l'azzardo a volte riesce, a volte no. I DELUSI - Detto che giustamente non si è pagato il solito tributo ai vincitori dei talent sulla cresta dell'onda, da The Voice a X Factor (che maturino e facciano altra esperienza, questi ragazzi: Sanremo se lo devono ancora meritare), l'elenco dei non convocati è lunghissimo, come sempre. Stando alle voci girate in queste frenetiche settimane di vigilia, sono rimasti al palo, fra gli altri, Alice (in lizza, pare, con pezzi di Battiato), Syria, Dolcenera, Sal Da Vinci, Alex Britti in coppia con Bianca Atzei, il citato Antonio Maggio, Il Cile, Mango, Mondo Marcio, Sergio Caputo, Violante Placido, Anna Oxa, Sergio Cammariere, Mietta. Altri nomi sono stati fatti, ad esempio Nek ed Enrico Ruggeri, ma su di essi non esistono certezze assolute (così come non esistono mai, in generale, sugli esclusi da Sanremo, che spesso non gradiscono comparire in tale veste sui media e quindi preferiscono tenere un assoluto riserbo in merito). Ribadiamolo per l'ennesima volta: con tante richieste di partecipazione, costerebbe davvero tanto aggiungere due posti? Da 14 a 16 Big cosa cambierebbe? 

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