Sanremo 2015 – Il primo giorno… Dio creò Carlo Conti, gli affidò il festival e dopo mezz’ora – costretto in giacca e cravatta – vide già che non era cosa buona: “Fare pure la barba a Conchita? Non se ne parla!”.

Creato il 10 febbraio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Rina Brundu. Far condurre una trasmissione “artistica” a Carlo Conti è un poco come pretendere di mettere giacca e cravatta a Jack Kerouac e poi ordinargli di scrivere “On the Road”. O chiedere a Van Gogh di attendere i consigli degli acquisti prima di tagliarsi l’orecchio. Se il buongiorno si vede dal mattino sarà un festival ingessato (quasi come Emma mentre scendeva le scale), formale, matematico quasi: 2 + 2 deve dare 4, senza senatori di Scelta Civica a confondere le carte in tavola, pardon… nel teatro.

Guardare il festival di Sanremo 2015 è un poco come castrarsi volontariamente, per chi può, come costringersi ad una assurda liturgia preservata in virtù di una qualche antichissima tradizione di cui si sono scordate le ragioni dell’esistenza. Nell’atmosfera glaciale, tetra, composta che trasmette, colpisce il contrasto con il calore, l’attiva partecipazione, la libertà dell’Essere che si respirava per esempio durante l’ultimo Eurofestival stravinto da Conchita Wurst. Speriamo che Conti non l’abbia invitata, sarebbe capacissimo di farle la barba a scopo omologazione. Paradossalmente, a quel punto la cantante austriaca sarebbe l’unica col mento glabro dato che a noi telespettatori il pizzetto è cresciuto lungo già durante la prima mezz’ora di incomprensibile cazzeggio.

Per Arisa invece è evidentemente già troppo tardi: l’Arisa di questi tempi è artefatta, signora, come a dire che per farti notare devi stupire ma per sopravvivere ti devi adattare. Conti non si è fatto mancare neppure l’abbonato in prima fila, o meglio la famiglia Nania: cattolicissima, fiduciosa nella Provvidenza ed evidentemente nella cicogna che si ferma sul loro comignolo ad ogni occasione propizia, l’opzione pillola è proprio tutta da scartare?  Data la mestizia che la trista scenetta trasmette sorge il sospetto che Conti possa essere una sorta di padrino mediatico per ciascuno di quei bambini: chi non si darebbe da fare altrimenti non appena si presenta sul palco?

Ma si può (è finanche moralmente giusto? Etico?) – dopo solo un’ora di un programma che durerà diverse sere – sentire il tedio, l’uggia, la monotonia, la barba, appunto, crescere dentro e strozzare l’Essere? E si tratta di sintomi da Sindrome da intrattenimento nazionalpopolare o di mero rinc… acuto? Mah…

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Cronaca sanremese in progress… Stay tuned o in alternativa arruolatevi nella legione straniera, whichever suits you better!

Featured image, uno scontentissimo Jack Kerouac

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