Sanremo 2016: la terza serata, fra cover che non passeranno alla storia e il pasticcio delle nuove proposte

Creato il 12 febbraio 2016 da Carloca
                                                   Stadio: cover vincente
La serata delle cover, ovvero la serata più "carlocontiana" della settimana sanremese. Una derivazione diretta, se vogliamo, di trasmissioni cult come "I migliori anni" o anche "Tale e quale show", con abiti più scintillanti e glamour, ma pur sempre sul filo della nostalgia canora, l'elegante rievocazione dei bei tempi andati che, per un consistente periodo di tempo, ha fatto la fortuna catodica dell'anchorman toscano. Non amo particolarmente i  rifacimenti di vecchi successi: le cover che ho apprezzato, e parlo di tutta la storia recente della musica leggera, si possono contare davvero sulle dita di due mani, non oltre. Tuttavia era doveroso ripetere l'evento dopo l'imprevisto boom del 2015, quando la proposta griffata Nek, "Se telefonando", prese incredibilmente il volo dall'Ariston fino a diventare uno dei successi dell'estate. GOLDRAKE, OCCASIONE MANCATA - Escluse sporadiche eccezioni, come la citata hit di Mina rinata a nuova vita, in genere commentare una serata come quella di ieri è difficile, perché animata da performance che nascono e muoiono nel breve volgere di poche ore, utili per un happening di cui verrà conservata scarsa memoria. Il giudizio complessivo viaggia su due binari diversi: quello della qualità delle interpretazioni, che mi è parsa ampiamente accettabile con diversi picchi degni di nota, e quello dell'originalità nella rilettura delle canzoni, che ha invece brillato per una generale latitanza. Lampanti, in tal senso, gli esempi forniti dai primi due artisti in scaletta: Noemi è stata ispiratissima ed energica in "Dedicato", di cui però già la "titolare", Loredana Bertè, aveva fornito una versione più rockeggiante rispetto all'originale, esattamente come quella ascoltata ieri; e gli Zero Assoluto hanno perso una grossa occasione: "Goldrake", sigla finale della seconda serie italiana del mitico cartone jap (la prima fu "Shooting star"), era stata riscoperta e trasformata in brano soft dal giovane Alessio Caraturo, all'inizio di questo millennio: il vero atto di coraggio, per Thomas e Matteo, sarebbe stato invece il ritorno alla natura primaria del brano, con quel morbido ritmo vagamente danzereccio e quelle sonorità in stile anni Settanta al tramonto. CLEMENTINO CORAGGIOSO - Più intraprendenti, ebbene sì, i Dear Jack, che hanno dato una veste sonora più fresca a "Un bacio a mezzanotte", senza tuttavia operare netti stravolgimenti, così come Alessio Bernabei, convincente in "A mano a mano" di Cocciante grazie anche alla felice accoppiata con gli emergenti Benji & Fede, inappuntabili e particolarmente a loro agio. Clementino va elogiato perché era alle prese con una composizione assai complessa come "Don Raffaè" di Fabrizio De Andrè, e se l'è cavata più che dignitosamente, supplendo a qualche pecca tecnica con l'intensità e il trasporto nell'interpretazione. Notevole l'arrangiamento vagamente disco - settantiano di "Io vivrò (senza te)" offerto da Valerio Scanu, di ancora maggior impatto quello etereo, a tratti perfino celtico, che ha fatto crescere ulteriormente le quotazioni di Francesca Michielin, al top in "Il mio canto libero". ELII, GENIALI SENZA SPECCHIARSI - Gli azzardi maggior sono arrivati da chi agli azzardi ormai ci ha abituati: Dolcenera ha rivoltato come un calzino "Amore disperato", convertendola in un pezzone dance; io rimango fedelissimo al 45 giri che sottolineò quotidianamente la mia estate 1983, ma non mi sento di escludere che questo esperimento possa ottenere riscontri insperati, persino avvicinandosi ai livelli del Nek citato in apertura. E poi, Elio con Le Storie Tese di nuovo al completo, per una sera (c'era Rocco Tanica, che in gara non può comparire in quanto, essendo fra gli autori del Festival e componente del cast, sarebbe in conflitto di interessi): al bando gli esercizi di stile, "Quinto ripensamento" è una libera, godibile rilettura di un "classicone" della colonna sonora di "La febbre del sabato sera", ("A fifth of Beethoven" di Walter Murphy, che era a sua volta rielaborazione dell'opera del grande compositore), costruita con la solita, ironica verve narrativa e linguistica della geniale band. Alla fine, e tutto sommato giustamente, ha comunque prevalso l'emozione più genuina, quella regalataci dagli Stadio in versione "mista", col rientro di alcuni ex fra cui il grande chitarrista Ricky Portera, per un omaggio senza fronzoli a Lucio Dalla e a una delle sue poesie più intense e colme di sentimenti, "La sera dei miracoli". POOH INTERNAZIONALI - Nel complesso, comunque, mi è parsa una serata sanremese destinata a non restare negli annali, se non per l'attesa réunion dei Pooh, che si avviano a vivere alla grande l'ultimo anno di carriera. Sbaglierò, ma nonostante la loro popolarità oceanica ho comunque la sensazione che non siano valutati per quel che realmente sono, ossia una band - fenomeno che meriterebbe di stare nell'empireo dei colossi del pop internazionale del Novecento, capaci di attraversare diverse epoche musicali senza mai stravolgere il loro stile, se non con opportuni aggiornamenti dovuti al mutare delle sonorità, e una vena creativa easy listening ma mai banale che ha conosciuto ben pochi cedimenti. Nelle oltre quattro ore di spettacolo, agli altri son rimaste le briciole: comunque di rilievo, e insolito per il Festivalone, l'omaggio al cinema muto da parte del mimo Marciel, mentre Virginia Raffaele, pur non raggiungendo le vette inarrivabili toccate con Carla Fracci, ha comunque fatto centro modellando la caricatura di Donatella Versace sul canovaccio del celebre film "La morte ti fa bella". Una doverosa e sentita sottolineatura per l'atleta down Nicole Orlando: intelligente, sensibile, ma soprattutto dotata di talento in tanti campi. Splendida. Stando a contatto con tanti ragazzi e ragazze come lei, in una mia ormai lontana e poco felice esperienza lavorativa in un ente che si occupa di assistere persone con handicap, mi resi conto che spesso, da un confronto fra loro e le persone cosiddette "sane", queste ultime escono sovente a pezzi sul piano umano. PASTICCIO GIOVANI - Rimane da parlare del pasticciaccio della votazione delle Nuove proposte: eleggere un vincitore e poi capovolgere il verdetto per problemi tecnici è una delle cose peggiori che possano capitare, e che un evento come quello ligure non dovrebbe permettersi. Miele, vittima dell'inconveniente (comunque giusto che sia passato l'ottimo Francesco Gabbani al suo posto) dovrebbe cantare stasera fuori concorso, ma non è escluso che possa essere addirittura riammessa in gara: visto che la votazione effettuata correttamente ha dato un altro esito, come "risarcimento" potrebbe forse bastare il regalo di un'altra performance in Eurovisione, per attenuare la comprensibile amarezza.