PremessaLa regione di Serra Nuraxis (Sant'Antioco – Foglio n°564 sez. III), consta in un antico edificio vulcanico e si colloca nel settore centro occidentale dell'Isola di Sant'Antioco. L'areale corrisponde ad un altipiano, verosimilmente una cinta craterica[1], di colate basaltiche poco potenti e banchi di scorie di lancio[2]dell'Era Terziaria, dove il lato orientale del complesso è costituito da detriti di falda con matrice limoso – argillosa, il fianco occidentale è costituito da ignimbriti quarzotrachitiche e infine a settentrione e a meridione si osservano rispettivamente due importanti cupole laviche di andesiti e andesiti basaltiche una delle quali, la settentrionale, prossima ad un punto di emissione. L'insieme collinare fa da spartiacque tra la costa occidentale dell'isola e la valle, che percorre da Nord a Sud l'Isola di Sant'Antioco, attraversata dal Riu Triga. Le componenti ambientali dell'altipiano sono scarso boschivo e scarsa vegetazione a macchia dove una rocciosità e pietrosità elevata suggeriscono un forte pericolo di erosione, un contesto ambientale dove sarebbe auspicabile il ripristino della vegetazione naturale e una drastica riduzione o eliminazione del pascolamento. La situazione emergenze archeologiche riporta[3]esclusivamente un nuraghe e un complesso funerario a domus de janas, mentre la segnalazione[4]effettuata dallo scrivente include 5 nuraghi (Su Narxi, Serra Nuarxi, Monti Oliena, S'Ega 'e bomba, Serra de Nuarxi); 1 cista funeraria; 2 domus de janas; un esteso insediamento di capanne; una stele menhir con capofitto.
Indagine al suoloPer l’indagine del suolo, tenendo presente che il terreno risulta assolutamente sgombro da recinzioni e da indicatori di confine, si è proceduto ad una ricognizione di superficie di tipo asistematico corredata da fotografie scattate a seguito di un'accurata osservazione satellitare. Avanzando sul terreno lungo strisce stabilite con orientamento Nord - Sud, valutando sul posto le strutture evidenti, si è proceduto all'indagine e allo sviluppo dello studio.
FittiliLa continua frequentazione dell'area e del complesso, legata al pascolo e all'uso agricolo dell'ultimo secolo - almeno sino alle soglie del XXI secolo - ha reso impossibile il rinvenimento di fittile. Da non sottovalutare comunque il fatto che ci si trovi attualmente ad una quota superiore rispetto al piano di campagna originario, tanto da rendere inutile qualsiasi rinvenimento ceramico.
Il contestoL'insediamento, ancora inedito, di Serra Nuarxis si mostra variegato da diverse tipologie di monumenti. La fase neolitica ed eneolitica del contesto è testimoniata dalla presenza di due tombe ipogeiche o domus de janas. L'ipogeo collocato a quota superiore[5] venne scavato in un bancone piroclastico secondo l'ideologia[6] della facies neolitica di San Ciriaco (3400-3200 a.C.)[7]. La grotticella, con volta a forno, riproduce un ambiente trilobo semplice entro il quale vennero ricavate due modeste celle laterali rialzate rispetto al fondo della camera, in mezzo alle quali si interpone, nella parte più profonda, un esiguo lobo. Il portello d'ingresso, aperto a ESE si presenta sub quadrato con dimensioni mt. 1X1. La profondità dell'ipogeo è di circa mt 1,50 mentre le due celle laterali presentano una profondità di circa mt 0,80, un prospetto di circa mt 1,30 e un'altezza residua di mt 0,80. L'ipogeo collocato a quota inferiore[8], con schema planimetrico retto con pianta cruciforme, parrebbe inquadrabile in un periodo successivo quale la facies di San Michele d'Ozieri[9]se non addirittura, forse per gli ampliamenti e le rifiniture delle nicchie, nella facies eneolitica di Monte Claro[10]. L'epoca nuragica è caratterizzata dalla presenza di cinque edifici turriti il cui crollo non favorisce affatto un inquadramento strutturale preciso. Su Narxi, Serra Nuarxi, Monti Oliena, S'Ega 'e Bomba, Serra de Nuarxi sono i toponimi impiegati per individuare i cinque edifici turriti che da un'analisi strutturale (pianta ovaleggiante, uso di conci poligonali accostati a “nido d'ape”, presenza di corridoi di sezione trilitica e sormontati da piattabande) paiono inquadrabili nella tipologia dei protonuraghi: costituiti da massa muraria con corridoi passanti al piano terra e torri secondarie o ambienti sub-circolari al piano elevato. I cinque edifici si collocano lungo il profilo dell'altipiano, tracciandone il contorno, occupandone i versanti meridionale, orientale e settentrionale. Considerando che i contesti nuragici si sovrappongono chiaramente a quelli neolitici ed eneolitici, è proprio in prossimità del versante orientale, appena arretrato rispetto alla domus de janas di quota 146 mt s.l.m., che si rinviene un elemento in ingnimbrite con inciso un petroglifo antropomorfo. Il macigno si presenta sotto forma di parallelepipedo la cui faccia ventrale si mostra perfettamente spianata mentre la faccia dorsale non è osservabile per via dell'accostamento ad un altro elemento litico. Il tallone o estremità prossimale si mostra leggermente arrotondata quasi vi fosse l'intenzione del manifattore di creare una base che tenesse stabilmente in piedi il menhir mentre l'estremità distale e i lati si mostrano troncati di netto. L'incisione posta sulla faccia ventrale misura circa 0,50 mt x 0,40 mt e ricrea una forma tondeggiante (del diametro di 13 cm circa) su cui è poggiato un segmento di circa 25 cm. Da questo segmento si dipartono a raggiera verso l'alto tre segmenti di lunghezza 40 cm circa. La figura in letteratura è ampiamente conosciuta e rappresentata sia nell'ampio panorama incisorio e raffigurativo delle domus de janas che nelle stele-menhir del Sarcidano. La figura antropomorfa capovolta trova stringenti confronti con la schematizzazione di un capovolto inciso all'interno del complesso funerario di Is Concas di Oniferi (tomba XV) o ancora altri individuabili nella Tomba Branca di Moseddu – Cheremule, tutti contesti inquadrati cronologicamente nell'Eneolitico finale[11](2100 – 1900 a.C.). Possiamo inquadrare la tipologia figurativa descrivendo l'immagine[12] come figura capovolta con braccia abbassate e gambe dritte (gambe e braccia piegate a U nella medesima direzione e attraversate da un segmento, a “candelabro”). Analizzando l'incisione sotto l'aspetto morfologico possiamo dichiarare che si tratta innanzitutto di un motivo figurativo umano la cui figura si presenta aperta e di esecuzione poco accurata. In relazione allo stato di conservazione il segno si presenta di qualità media e i relativi contorni appaiono netti. La parete dove compare l'antropomorfo pare trattata con uno strumento non definibile; la figura incisa mostra una profondità irregolare, la completa assenza di sbavature e l'assenza di una traccia di contorno preparatoria.
Fig. 1 Stele menhir Serra Nuarxis - Particolare – (Federica Selis Photo)
Fig. 2 Serra Nuarxis Sant'Antioco – Prospetto (F ederica Selis Photo)
Fig. 3 Serra Nuarxis Sant'Antioco
Fig. 4 Serra Nuarxis Sant'Antioco (Federica Selis Photo)
Fig. 6 Serra Nuarxis – Domus de janas II (Federica Selis Photo)
Fig. 7 Serra Nuarxis - satellitare a 45°
[1] Paolo ORRU – Antonio ULZEGA, Carta Geomorfologica della piattaforma continentale e delle coste del Sulcis (Sardegna sud – occidentale) 1:100000, Stef Cagliari 1989.[2] L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990[3] Valentina MARRAS, Emergenze archeologiche extraurbane di età preistorica nel territorio del comune di Sant'Antioco, in Quaderni 13/1996. Soprintendenza Archeologica per le provincie di Cagliari e Oristano, pag 107 tav. I[4] Marcello CABRIOLU, Denuncia di rinvenimento n. 4747 del 29 giugno 2006, fg. n. 16 Serra Nuarxis[5] Marcello CABRIOLU, Denuncia di rinvenimento n. 4747 del 29 giugno 2006, fg. n. 16 Serra Nuarxis[6] Giovanni UGAS, L'alba dei Nuraghi, Edizioni FABULA, Cagliari 2006, pag. 14[7] Marcello CABRIOLU, Il Popolo Shardana – La civiltà, la cultura, le conquiste, Edizioni Domusdejanas, Selargius 2010, pag. 7 tav. Cronologie e facies culturali della Sardegna dal Paleolitico all'Età storica.[8] Valentina MARRAS, Emergenze archeologiche extraurbane di età preistorica nel territorio del comune di Sant'Antioco, in Quaderni 13/1996. Soprintendenza Archeologica per le provincie di Cagliari e Oristano, pag 107 tav. I[9] Giovanni LILLIU, Preistoria e protostoria del Sulcis, (a cura di) V. SANTONI in Carbonia e il Sulcis Archeologia e territorio, AA.VV, Editrice S'Alvure, Oristano 1995, pag. 22.[10] Enrico ATZENI, La cultura del vaso campaniforme nella Necropoli di Locci – Santus (S. Giovanni Suergiu), (a cura di) V. SANTONI in Carbonia e il Sulcis Archeologia e territorio, AA.VV, Editrice S'Alvure, Oristano 1995, pag. 119, fig. 1.[11] Giovanni UGAS, L'alba dei Nuraghi, Edizioni FABULA, Cagliari 2006, pag. 62 – tav 9[12] Giuseppa TANDA (1985) L'Arte delle domus de janas nelle immagini di Jngeborg Mangold: Palazzo della provincia, 26 aprile-25 maggio 1985. Sassari