Lui aveva prenotato in un locale nuovo, di tendenza, che gli avevano detto essere molto chic - ci teneva a farsi vedere in giro con la sua mogliettina tutta indiscutibilmente femmina. Così aveva un tavolo riservato per due al "MORALIST" - anche il nome gli pareva perfetto, senza confusione di generi. Prometteva certezze -. Aveva passato la giornata a fare comizi contro il Gender, a mettere in guardia la gente dalla tanto temuta lobby omosessuale, che indottrina i bambini sin da piccoli e li sottopone a terapie ormonali per mantenerli in uno stato di fluidità sessuale (che oggi scegli di essere femmina - perchè ti garba - e domani scegli di essere maschio - perché ti garba di più). Aveva tuonato contro chi insegna nelle scuole che il genere non è anatomico, genetico, l’avvocato aveva urlato per ore il suo dissenso, e disseminato il panico nelle famiglie della Brianza, e poi era tornato a casa, quella sera di San Valentino.Aveva comprato la rosa, proprio sotto il portone - in extremis - ed Egle, la moglie, aveva indosso la lingerie acquistata in apnea - che le tette così, quando poi respirava normalmente, le sarebbero esplose sotto la faccia esterrefatta di tutti (che un po’ esibizionista c'era pur lei, ma discretamente come una vera femmina, e timorata di Dio). Il posto gli sembrò carino, luci soffuse, tutti i tavoli apparecchiati per due. Il logo del locale sui bicchieri, sui piatti, sui tovaglioli. Pure sul tappeto sotto il tavolo. Una grande M sormontata da una corona rossa, e cinque puntini, pure rossi, sotto. Molto di classe. Lui, difensore di adolescenti e bambini da satanici indottrinamenti occulti e manipolazioni ormonali, prese posto. Un'avvenente cameriera bionda, truccatissima e in abito lungo rosso (strascico di 25 centimetri e tacco 15) li fece accomodare, senza dire una parola. Nonostante fosse San Valentino e lì ci fosse sua moglie, l'avvocato le bavò addosso una lunga occhiata - dal collo al culo, passando per le tette. A poco a poco il locale si riempì. Tutte belle coppie eleganti. Notarono che erano tutti alti, soprattutto le femmine. Cominciò il banchetto di San Valentino con le rose sui tavoli e una soffusa musica di sottofondo. Mina, Loretta Goggi, Tiziano Ferro. Un po’ datata, la musica, ma rassicurante repertorio pop italiano. Durante la cena, sette portate (carrello dei dolci escluso) – vennero scolate tre bottiglie di Brunello. Mangiarono pure i piatti - tutto incluso € 140,00 a persona, pagato alla prenotazione - che non era giusto lasciare quel bendidio (molti libri aveva dovuto vendere, alle conferenze anti Gender, per potersi permettere quella spesa). Verso le dieci - ancora alla seconda portata, ma già alla terza bottiglia di vino - Egle fu presa da un violento attacco di gelosia perché l'avvocato ormai non le rivolgeva più uno sguardo - né a lei, né alle sue tette soffocate nella lingerie -. Dopo diversi tentativi di riportare a sé l'attenzione del marito e molti calci sotto il tavolo e tanti "smettila, ma come ti comporti?", Egle lasciò la sala. L'avvocato non fece nemmeno il gesto di alzarsi. Non aveva occhi che per la cameriera in rosso. Lui beveva e la bionda si sedette al tavolo, portando con sé una bottiglia di Taittinger. Finirono la serata in un privé, bevvero altre due bottiglie di champagne. L'abito rosso lasciò presto scoperte anche le cosce, oltre le spalle, e poi il sedere tornito. Le giarrettiere le sganciò l'avvocato coi denti, e lei la bottoniera dei pantaloni di lui. Aliti caldi e umori forti dalle lingue, mentre la bocca gemendo cercava furiosamente. Lei gli si porse di spalle e lui finalmente trovò la strada, stringendole il petto sodo. Fece per darle una carezza sui capelli, soddisfatto, e la parrucca si sganciò ormai indebolita da tanto furore. Lei disse "oh, scusami" - con voce baritonale - e se la sistemò, sotto gli occhi esterrefatti dell'avvocato. Lui si alzò di scatto e si ricompose approssimativamente. Correndo verso l'uscita, cadde rovinosamente su altri tavoli, e le voci degli altri avventori, all'apparenza uomini e donne, furono alle sue orecchie come un virile coro alpino. Non sentì nemmeno una voce da femmina. Vagò per ore, turbato, prima di rientrare a casa. L'indomani aveva un meeting e la moglie lo accompagnò, per dovere di facciata. L'avvocato fece la solita conferenza, ma la proiezione delle diapositive di maschi in lingerie di trine - pezzo forte delle sue prolusioni minacciose contro il rischio della teoria del gender - gli procurò un'erezione potente. Col pene dolente e confuso, a casa, si gettò su Egle e tentò di ristabilire le sue certezze, ma ormai era tardi.
Le invettive dell'alfiere omofobo da allora si sono fatte sempre più mosce, mentre il suo membro, sempre più voglioso, lo portò sui viali della marina nelle calde sere d'estate - ma anche in quelle fredde.Monica Sapio