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Sante Santi il macchinista della ferrovia Spoleto-Norcia

Creato il 10 novembre 2015 da Berenice @beneagnese

Questa storia inizia 117 anni fa, sul finire del XIX secolo in Umbria, e si intreccia con una memorabile strada ferrata nata qualche anno dopo: la ferrovia Spoleto-Norcia.

A scartamento ridotto con trazione elettrica, l'infrastruttura fu inaugurata il primo novembre del 1926. Portò nuovi collegamenti e nuovi posti di lavoro, segnò un progresso tangibile dopo la Guerra Mondiale e sorprese tutti per l'arditezza e la bellezza monumentale del percorso.

Grazie a essa, per la prima volta la pianura fu collegata direttamente e 'velocemente' alla montagna.

La ferrovia venne poi chiusa nel 1968 per ragioni di scarsa resa economica, ma resta oggi una delle più belle ex strade ferrate d'Italia, capace di appassionare e attirare turisti di ogni genere: camminatori, ciclisti, escursionisti.

Dai ricordi, dai tanti aneddoti che si raccontano, esce uno dei nomi che formano la memoria della ferrovia: il macchinista Sante Santi, originario di Geppa di Vallo di Nera. Definito bravissimo, fu uno dei primi a guidare le carrozze del trenino azzurro attraverso i viadotti e dentro le gallerie strette scavate nella roccia.

Sante era nato nel luglio del 1898, da Dionisio e Felicita, e quando la ferrovia stava per cominciare la sua avventura era salito fino a Domodossola, sulla Domodossola-Locarno, per conseguire il certificato di idoneità alla conduzione di locomotori elettrici, rilasciato dal Ministero dei Lavori pubblici. Era l'otto ottobre del 1926, appena venti giorni prima dell'inaugurazione. La patente gli avrebbe assicurato un lavoro sicuro con una paga certa, circostanza assai rara in quei tempi per gli abitanti dei piccoli borghi rurali che traevano la sussistenza integrando lavori agricoli, piccolo allevamento, modesto artigianato e taglio dei boschi.

Il giovanotto di Vallo di Nera si spostò ad abitare a Norcia e lì mise su famiglia.

L'abilità a condurre il treno da Spoleto a Norcia e viceversa, al Santi veniva riconosciuta ogni giorno dai passeggeri che avevano coniato per lui persino una filastrocca d'apprezzamento.

Ma l'encomio ufficiale della Società Subalpina, gestore dell'impianto, a Sante arrivò quella volta che di fronte alla Balza Tagliata di Triponzo (una strettoia di rocce a strapiombo sul fiume Corno) un grosso masso si staccò dalla montagna e cadde addosso al treno, sfondando la cabina e rompendogli una gamba. Egli, nonostante il dolore, completò la corsa arrivando fino a Norcia, stremato ma ligio al dovere.

A pensarci, sono storie d'altri tempi, lontanissime.

Oggi il figlio di Sante, nato nel 1930 e perciò ottantacinquenne, racconta questi episodi, avvolgendo i fatti con la nostalgia.

'A dire il vero - dice- viaggiare nel trenino non era la mia passione, ero diverso da mio padre, perché soffrivo a causa dei sobbalzi, dell'elettricità e delle curve'. Ma il treno diventava per lui un mezzo gradito quando gli permetteva di fare visita ai nonni: fermata alla stazione di Piedipaterno-Vallo di Nera, salita a piedi fino a Geppa tra i boschi di leccio e l'arrivo, di corsa, alla casa paterna circondata da magnifici alberi di prugne carichi di golosi frutti maturi.

A Spoleto la vecchia stazione di partenza ospita il Museo della Ferrovia che raccoglie centinaia di documenti, racconti e oggetti originali, custoditi e appassionatamente mostrati da Luigi Fasciglione, responsabile dell'interessante centro e ideatore di varie iniziative.

(La foto con gli escursionisti è di Luigi Fasciglione)

Il figlio di Sante Santi accanto al responsabile del Museo della Ferrovia Spoleto-Norcia, la patente di macchinista, il tracciato della ferrovia e alcune immagini d'epoca


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