Da: Giobbe
Nessun libro contiene la parola
ma la parola tutti li contiene
soltanto così avrà vita e carne;
sarà impeto il libro, impeto e vento.
Nessuna parola contiene il silenzio
ma il silenzio tutte le contiene;
l’uomo che ama il silenzio
è un raffinato oratore.
Lascia il silenzio giacere nel limo
come il chicco d’inverno,
lascia che rimbombi nell’abisso
prima d’ogni sapiente giudizio;
ma non sarà il silenzio a ridarmi
la vita che ho perduto
né il lamento a fermare la sventura,
l’innocenza a proteggermi.
Io sono Giobbe, ho lottato col Silenzio
l’ho chiamato in giudizio per fami giudicare
per questo grido dal passato come il mare
che lambisce la terra e non la può possedere.
*
Da: Proverbi
Il sono la Sapienza e non ho corpo, non ho voce;
non sono la parola che straripa dal suo tempo
non sono il silenzio che contiene ogni parola
sono l’orecchio che sente
vibrare nell’abisso altri mondi.
Ho gli occhi chiusi, il vuoto li rapisce
dove ogni meta è confusa con l’origine.
Il sale spezza le labbra ai miei sorrisi.
Io sono il grande invito nel diniego
-la libertà è la grande meretrice
che si dissipa in cacce spensierate
a briglia sciolta giù per le colline
In un vagare per vagare, senza fine-.
*
Da: Visione
Si curvano davanti all’opera delel loro menti
davanti a ciò che fabbricano con le loro dita
Is 2,8
perirà la sapienza dei suoi sapienti
e scomparirà l’intelligenza degli intelligenti
Is 29,13-14
Perché sei sapiente se sei ancora in vita?
Guardati intorno, pullulano piaghe
da ogni direzione i disperati assalgono
ed hanno fame – da secoli non mangiano –
vedi i bagliori dell’inferno il fumo
che sale dal tuo cortile
la pianura tutta è cosparsa di cadaveri
rantoli di feste e fuochi immondi
tutto vedi e l’ingiustizia, la rapina
vedi e continui a frugare l’orizzonte
dove il grande libro brucia
divorato da un fuoco di giustizia.
Ti accompagna un consesso di ladroni
di serpi viscide che pregano al mattino
e di notte insidiano le culle,
-di notte nell’orgia e di giorno sugli altari-.
Canti le lodi del Signore
mentre il povero rantola e muore.
Innalzi templi, t’allei coi potenti
mentre i poveri disperano in Dio.
Un fallo sconcio invece del capo
un suono di bottino nella loro voce,
questi i tuoi alleati, i tuoi santi
che pregano Dio bestemmiando.
Perché sei sapiente se sei ancora in vita?
Il mondo è morto e tu sei rivestita
di panni preziosi, esci fiacca dall’orgia
e te ne vai nel deserto a pregare.
Quale dittatore non hai conosciuto?
Di quale potente non hai gradito i banchetti?
Come un cane da caccia punti i suoi palazzi
-grondano sangue e tu ne sei complice-.
Mia Sposa adultera che male ti ho fatto?
In quale bisogno ti ho mai contrariato?
*
Se vai lungo la costa dello Jonio
da Reggio a Squillace, osservali
gli scheletri di muri che la ‘ndràngheta
ha disseminato lungo il litorale
e rifletti se questo è il Paese
magnifico che abbiamo ereditato
dagli antichi Greci e dai Normanni.
Considera poi che la bellezza
è soltanto una piccola preda
nel carniere dei loro misfatti:
rifletti sulla tua stessa vita
aggrovigliata nel disordine e nel grigio
dell’incertezza che ti consegna inerme
a giochi segreti e perversi
di massoni deviati;
non crederti indenne perché abiti a Milano
o al Nord o in Inghilterra
in ogni Paese ormai la guerra
unilaterale è da tempo dichiarata:
la ‘dràngheta avanza, il mondo
le cade fra le braccia
-illuso di sconfiggerla
con l’efficienza della polizia
o il candore dei fragili versi
d’una poesia-.
*
Elegia per il mare
Immagina una spiaggia slanciata verso sud
a capo Bruzzano arcigno levarsi
dalla spuma che fende la caligine del mare
nel crepuscolo. Biancheggia all’arenile
la sozzura venuta giù con l’amaro
succo delle fiumare
e che risputa il mare quando s’infuria
sotto lo scirocco e il maestrale.
Io vi passeggio, catturo immagini
come potesse qualche scatto abradere
questo scempio, ricondurlo all’origine
farlo sparire, cancellarne l’incubo
ritrovare l’arenile degli antichi Elleni
che qui approdarono e chiamarono bellezza
questa lingua di monti che sorge dal mare.
Qui ritrovo le loro vestigia, le mura
di Locri Epizephiri, i templi, le tombe
coi vasi preziosi. Anche l’epoca nostra
lascerà monumenti sotto la rena:
grovigli carcasse, plastiche, cemento
e d’ogni veleno e porcheria
per le future leve dell’archeologia.
*
Colpa di nessuno
Le discariche abusive sulla spiaggia
a Bovalino sono colpa di nessuno
non specialmente della ‘ndràngheta
-seppure è nel caos che si genera
la sua cultura irresponsabile-.
Le colpe di nessuno sono accumulate
per il disgusto collettivo fra i canneti
rifiuti con nomi e cognomi
che nessuno osa pronunciare,
che nessuna forza della Legge
potrebbe mai indagare.
So di essere un poeta indisciplinato
e scrivo versi brutti raccontando le brutture
so d’aver deviato
dileggiando i canoni estetici:
scrivo corsaro e veloce in prosa
versi che mai avrei voluto scrivere
se altra fosse stata la coerenza
fra l’ideale e l’esperienza;
ma l’esistenza qui pare un beffardo
rifiuto d’ogni decenza
e anche il volto di Dio sembra fuggire
nella luce del mare avvelenato.
Vorrei scrivere che ho trovato la parola
quella sola che raddrizza ogni stortura
ma sono coerente
col mio niente che domanda e tace.
*
Che l’estetica, secondo Gianmario Lucini, non solo non dev’essere mai disgiunta dall’etica, in poesia, ma finanche soverchiata, alla bisogna (quando l’esistenza si fa “beffardo/rifiuto d’ogni decenza”), lo dimostrano non solo i testi proposti ma le stesse parole dell’autore: “So di essere un poeta indisciplinato/e scrivo versi brutti raccontando le brutture/so d’aver deviato/dileggiando i canoni estetici:/scrivo corsaro e veloce in prosa/versi che mai avrei voluto scrivere…” Confesso che questo modo di pensare mi trova in sintonia, specie in tempi sciagurati come questi, nel silenzio di chi pure avrebbe voce e argomenti per urlare il proprio dolore e la propria indignazione, contro una politica che toglie ogni giorno diritti e speranze. GN
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Gianmario LUCINI
Sapienziali
Puntoacapo (Novi Ligure, 2010)
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Recensioni di Marco Scalabrino e Giorgio Linguaglossa